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Isabella Giannone racconta la sua Ecuba, in scena al Teatro Tor Bella Monaca

Sul palcoscenico del Teatro Tor Bella Monaca approda dal 19 al 21 maggio Il viaggio di Ecuba di Gianni Guardigli, con la regia di Francecso Branchetti. A vestire i panni dell’eroina è Isabella Giannone, la quale dà vita ad un monologo che, attingendo al mito, tratteggia e delinea la figura di un’Ecuba dei giorni nostri che, in un momento di esodi imponenti e dolorosi, canta la sua pene di fronte al disfacimento del suo mondo. L’attrice, anche produttrice e insegnante di recitazione, con una lunga carriera alle spalle tra teatro, cinema e tv, spiega in questa intervista sulle pagine di Recensito la costruzione di tale personaggio esemplare, mai come ora profondamente moderno, e il senso e il valore che una tragedia classica come questa possa avere nella società odierna e nel panorama teatrale contemporaneo. Un racconto sincero, un vero e proprio viaggio all’interno dei meccanismi di uno spettacolo che partendo dal passato, indaga il presente e si affaccia ad un futuro che appare come una paurosa incognita.

Porta in scena un’Ecuba moderna, dei nostri giorni, che attinge tuttavia al mito, raccontandoci cosa voglia dire essere madre nella società odierna. Che approccio ha avuto con il testo? Quale è stato il lavoro che ha compiuto per la costruzione del personaggio?
“Approcciarsi ad un testo come questo che contiene in sé tantissimi argomenti che attanagliano il nostro oggi e li innalza alla poesia della tragedia greca è un viaggio meraviglioso che ho fatto lasciandomi guidare dalle parole di Guardigli e dalla regia di Francesco Branchetti. Ho tentato di ripercorrere prima di tutto attraverso la mia anima, il mio vissuto, la mia sensibilità e il mio pensiero il viaggio di questa profuga, che rappresenta l’umanità dolente che tutti i giorni vediamo per le nostre strade, una quantità enorme di esseri umani vittime della storia e poi ho tentato di dare corpo e voce a questa piccola donna che è stata privata di tutto e che chiede giustizia e umanità. È stato un viaggio davvero molto profondo quello fatto con Francesco Branchetti per costruire questa donna così lontana ma anche, in alcuni aspetti, così vicina a me.”

Cosa ha cercato di mantenere della Ecuba classica e cosa invece vi ha apportato?
“Questa Ecuba ricorda la regina di Euripide, come sostiene Guardigli, nel furore con cui si scaglia verso l'ingiustizia e verso l'ipocrisia del potere. Uccide per vendetta e si scaglia contro la ferocia di chi ha commesso crimini indicibili. Ma la “nostra “Ecuba è un personaggio dell’oggi, che vive “ora” in questo momento, così difficile, la sua condizione di profuga, di reietta, di essere umano disprezzato e profondamente non voluto. Mai come oggi essere “indesiderato “e “non voluto “è stato un fatto così spaventoso; la nostra è una società in cui si sente dire troppo spesso che siamo troppi e in nome di questo “TROPPI”la maggior parte dell’umanità viene lasciata sprofondare in un baratro che è il baratro in cui è caduta Ecuba, semplicemente vittima della storia personale che l’ha coinvolta e trascinata sempre più giù. Ci sono, ovvio, da parte di moltissimi, uomini o governi che siano, tentativi lodevoli, giusti e sacrosanti, di fare qualcosa per chi si trova in situazioni spaventose e terribili, anche se troppo spesso è forte la sensazione di impotenza, davanti a situazioni terribili che stanno vivendo tanti popoli in questo momento nel mondo.”

Il mito è da sempre rivelatore di valori eterni e senza tempo. Quale messaggio pensa possa trasmettere oggi la tragedia di Ecuba?

Isabella Giannone

“Questa Ecuba ed il nostro spettacolo sono un invito a una riflessione profonda sul senso e sul valore della vita. Oggi dobbiamo lottare contro un percorso di assuefazione che talvolta può rischiare di portare verso l’attenuazione,l’affievolimento dei nostri sentimenti di indignazione e repulsa e rivolta contro tutto ciò che è orrore e ingiustizia; l’uomo deve sempre lottare per ricordare e per non perdere di vista il senso e il significato “dell’essere uomo”; non deve mai “svuotarsi“ della sua umanità; l’uomo non deve diventare mai una belva che “sbrana” i suoi simili, dimentico della bellezza della vita, della bellezza del sentire l’altro e soprattutto della pietà e solidarietà verso gli altri.”

E chi è per lei Ecuba oggi?
“Ecuba è, come dicono Branchetti e Guardigli, una donna che ha vissuto in una dorata normalità gli anni più belli della sua vita e poi ha perso tutto perché la storia decretato così. Chiunque di noi può diventare Ecuba, basta molto poco, in questa società così feroce e competitiva nel modo sbagliato , così perversamente evoluta quanto arretrate sono le paure che tornano pericolosamente ad attanagliare gli animi degli uomini e delle donne di oggi; è come se la precarietà sia diventata una condizione esistenziale e l'altro sia diventato un potenziale avversario di un futura lotta per la sopravvivenza, ci sentiamo vittime del mondo senza pensare che lo creiamo noi ogni giorno;la paura ci rende deboli di giudizio e ci ritroviamo spesso in balia del destino, sentendoci impotenti e fragili e talvolta il pericolo di dimenticare il significato del nostro “essere umani” è dietro l’angolo.”

“Il viaggio di Ecuba “è una vera e propria riflessione sulla vita, su cosa significhi essere umani, sulla perdita della patria e ancor più dei figli. Quale di questi aspetti ha cercato di mettere in evidenza?
“Ho cercato di mettere in evidenza, in accordo con la regia, quanto possiamo avere in comune con quello che ci appare erroneamente come “l’altro da noi”.

È un' Ecuba che viaggia tra il filo spinato tra i binari di un’Europa in cui si ergono muri, un classico che mai come adesso si rivela fortemente attuale. Credi che sia necessario rifarsi a Euripide e quindi ai classici per affrontare a teatro i grandi problemi e temi del presente?
“Credo la nostra riflessione sul presente sia troppo spesso condizionata dall’ aver assorbito fino in fondo ed elaborato profondamente il concetto di relatività, il mito e il teatro classico ci fanno tornare ad analizzare e a riflettere sui sentimenti e sui rapporti umani in una piattaforma che fa dell’assoluto il suo asse portante.”

Come si è trovata a maneggiare una lingua mista che alterna toni quotidiani con impennate poetiche?
“Abbiamo provato molto con il regista Branchetti che ha saputo aiutarmi nel difficile compito di raccontare nel piccolo dettaglio una anima lacerata,straziata e disperata attraverso una cifra stilistica e interpretativa improntata alla naturalezza e ad una mimesi fisica e vocale e mi aiutato molto nel costruire le grandi sfuriate quasi “epiche” di Ecuba, sicuramente attraverso gli strumenti della recitazione cosiddetta classica,alternarle è stato il risultato di un lavoro molto attento e meticoloso.”

Lei oltre ad essere attrice è anche regista e insegnante di recitazione. Quale è l’insegnamento più importante che cerca di trasmettere ai suoi allievi? Quale è il suo rapporto con i classici?
“L’insegnamento che io cerco di trasmettere ai miei allievi o attori un pochino più giovani è che non si può “barare” in questa professione e alla fine uno raggiunge, a mio avviso, né più ne meno di quello che si merita, ne sono profondamente convinta.”

Cosa del suo personaggio spera possa arrivare al pubblico?
“Il suo strazio e la sua umanità cosi profondamente lacerata e il suo scagliarsi contro ogni forma di prepotenza e di prevaricazione e di violenza.”

Non è la prima volta che collabora con Francesco Branchetti. Come è stato essere diretta da lui in questo spettacolo? Come ha impostato il testo dal punto di vista registico?
“Francesco è una “persona“straordinaria, oltre che un bravissimo regista ed è anche un clamoroso conoscitore dell’animo umano,per cui il lavoro parte sempre da una dettagliatissima ricostruzione psicologica del personaggio che si va a disegnare, prima di passare alle letture a tavolino nelle quali attraverso le battute Francesco inizia a dare una forma alla sua visione del personaggio che il testo o l’attore gli hanno suscitato,intonazioni e movimenti sono sempre molto chiari per lui sin da prima dell’inizio delle prove e sempre tesi a ricostruire, una visione,un “sogno”che ha sempre ben chiaro quando decide di fare uno spettacolo.”

Quali sono i suoi progetti futuri?
“Portare in tournée il prossimo autunno questo spettacolo e poi occuparmi dell’organizzazione della ripresa invernale de “IL BACIO” di GerThijs con Barbara De Rossi.”

Maresa Palmacci 18/05/2017

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