Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 660

L’autrice e regista Biancanives Togliani racconta il suo “Goghgauguin” in scena al Teatro Lo Spazio

Biancanives Togliani è una giovane e già molto affermata autrice e regista teatrale, vincitrice nel 2015 del Premio Fersen alla drammaturgia per lo spettacolo “Goghgauguin”, che sarà in scena al Teatro Lo Spazio dal 31 gennaio al 4 febbraio. Un lavoro che “mette in scena con ottimo ritmo teatrale il complesso sentimento di profonda amicizia che lega Vincent Van Gogh e Paul Gauguin, inficiato tuttavia dall’insopprimibile gelosia di Paul verso Vincent, che egli è costretto a riconoscere superiore a lui. In un dialogo immaginario a posteriori, i due raccontano e confrontano il ricordo di quel burrascoso periodo di vita in comune a cui dà il suo contributo, da saggia moderatrice, anche Sien, la prostituta amante e modella di Van Gogh”.
Il dramma di Biancanives Togliani racconta di quando i destini di Vincent Van Gogh, Paul Gauguin e Sien Hoornik (la prostituta amante di Van Gogh) si incrociarono nel periodo della Casa Gialla ad Arles dando vita ad un ménage à trois. A dare corpo e anima ai personaggi Adelmo Togliani, Guido Targetti e Adele Tirante, i quali si muovono in ambientazioni che appaiono come la materializzazione dei bozzetti disegnati di getto da un pittore, mantenendo la scarsità di informazioni di uno schizzo a matita.
Uno spettacolo originale, completo, totalizzante, per raccontare la vita, la grandezza e il genio di un artista unico nel suo genere, che in questa intervista sulle pagine di Recensito, l’autrice e regista approfondisce, svelandone dettagli interessanti e dimostrando la sua passione e profonda conoscenza dell’arte.

Come è nato GOGHGAUGUIN ?
È frutto di una sua passione per l'arte e questi due artisti, Vincent Van Gogh e Paul Gauguin?
“Esatto! Sono una giovane regista e studio la storia dell’arte da sempre. Questo è il mio primo testo come autrice e direi che ho unito qui con amore le mie fonti ispiratrici! L’idea di Goghgauguin è nata quando studiavo regia in accademia a Londra qualche anno fa, avevo portato come esercizio di drammaturgia quello che poi sarebbe diventato questo testo. Mi ronzava in testa già da un po’ la storia di loro due nello studio del sud, l’ho sempre trovato commovente quel loro rapporto, in quel periodo delle loro vite, ma soprattutto mi accese una lettura universitaria: Il potere dell’arte di Simon Schama, nella fattispecie il capitolo su Van Gogh. Mi commosse profondamente la descrizione di quell’uomo tanto burbero quanto dolcissimo e incapace di fare del male a una mosca. Mi sono innamorata di Van Gogh uomo, quanto non l’ho mai considerato tra i miei pittori preferiti, in questo senso il mio gusto va decisamente di più su Gauguin.
Ho sempre trovato estremamente intrigante leggere della vita degli artisti, dalle storie del Vasari alle biografie di quelli più contemporanei. Il teatro che parla di pittura; non è male quando le arti parlano delle altre arti, no? Sono andata a immaginarmi i loro discorsi sull’arte senza voler essere didascalica, ma cercando di filtrare le loro parole da persone vive, vere. Mi son chiesta, su cosa litigavano, sul tipo di pennellata, su cosa si confrontavano? Sul soggetto da scegliere? Sul modo e le tempistiche di come produrre un quadro, perche fare arte e per chi? Ecco a tutte queste domande Paul e Vincent avevano opinioni molto diverse!”DSC 7043

Una storia d'arte e soprattutto di amicizia. Come ha cercato di far emergere questo particolare legame tra i due artisti in scena?
“Prima di tutto costruendo una drammaturgia che vedesse i due personaggi sperimentare qualsiasi situazione, vorremmo consolare Vincent, ci stupisce l’inaspettata dolcezza di Paul (che fu un vero stronzo!) li vediamo cucinare, dipingere, infuriarsi su minuzie artistiche, rubarsi la donna, abbracciarsi, minacciarsi. Tutto! Li vediamo in tutto. L’amicizia, quella che dura una vita, o solo 3 mesi, ma quella che ci segna, è quella dove si è vissuto tutto. Chissà cos’è successo in quei pochi mesi ad Arles? Ecco io metto in scena quello che mi sono immaginata avesse potuto succedere, e il risultato è una storia di amicizia, e non di un amicizia qualunque.”

Per quanto riguarda la costruzione dei personaggi, quanto si è attenuta a fatti storici e realmente accaduti e quanto è invece frutto di fantasia? Le vicende raccontate sono fedeli alla realtà?
“No, mai attaccarsi alla realtà storica! Non verrete a teatro a vedere la storia, quella non mi interessa. Ho preso la struttura storica, il dove, il periodo, qualche cenno di contorno ed elemento di realtà, poi sono entrata nello studio e li ho guardati da vicino. È andato nello stesso modo il processo creativo. Ho studiato, letto, immagazzinato informazioni, date, immagini, parole dette. Poi ho chiuso tutto e ho scritto senza più andare a riguardare se coincideva. Poi non l’ho fatto nemmeno dopo, nel momento della regia.”

Il personaggio di Sien Hoornik è l'unica donna che si intromette nelle vite dei due. Quale è la sua funziona livello drammaturgico?
“È sia uno dei tre personaggi, sia la storyteller. È la donna che li osserva, che è stata amante di entrambi che li ha vissuti come amici e amanti. Chi meglio di lei può raccontarci come sono andate le cose? Lo fa anche cantando e suonando l’arpa. Ma è anche un tramite artistico, infatti lei sa i segreti della loro arte come nessun’altro…”

In un tempo sospeso, scandito più che altro dai vari temi, l'ambientazione appare come un quadro in scena. Come ha costruito tutto ciò?
“Si, lo studio che appare e scompare. Ci è rimasto solo il suo dipinto ma, quanto ci vien voglia di entrarci dentro? Dopo che l’ho scritto ho cominciato a notare come tutti l’abbiano usato quello studio del sud. Realtà aumentata che ci fa entrare dentro con gli occhiali 3d, chi l’ha ricostruito identico e ci vive, … non siamo sazi di quello studio, di sapere di più di quel periodo…
Nello spettacolo ci saranno tantissimi cambi di ambientazione ma lo studio del sud rimane la base scenografica, solo gli elementi che lo compongono si spostano continuamente da scena a scena.
Poi come rendere visivamente lo studio del sud? Una bella sfida per non essere didascalici, vedrete come l’ho risolto! Una cosa posso dire però della regia: è uno studio che si riempie di oggetti e che poi viene smantellato a un passo dalla fine, la fine del sogno artistico di Vincent, l’ “atelier del sud” di cui lui parlò spesso, che lui avrebbe voluto pieno di artisti.”

Quali sono le tematiche trattate e cosa spera colpisca il pubblico?
“Le tematiche: amicizia, sesso, amore, ricerca creativa, sfida artistica…
Spero colpisca per la sua modernità. Per i dialoghi poco “teatrali”, cinematografici. Per l’estremo iperrealismo.”

Quale è stato il suo lavoro dal punto di vista registico e sugli attori?
“Ho prima di tutto scelto 3 attori che nella mia testa assomigliavano a loro. Il casting è stato fondamentale. Poi tirare fuori dagli attori tutte le sfumature del carattere, non c’è il Vincent buono e il Paul cattivo e approfittatore, c’è anche Vincent l’adolescenziale e pesante e il Paul generoso. Non si sa per chi tifare alla fine. Vorrei che il pubblico non spesse da che parte stare, vorrei che chi vede questo spettacolo pensasse: “beh forse poteva essere andata cosi davvero, non lo sapremo mai cosa è successo in quella casa, ma mi piace pensare che sia andata proprio così.”

Prossimi progetti?
“Berniniborromini”, chissà poi un giorno sarà una trilogia sull’arte, spero, altri due personaggi intrigantissimi, poi ci spostiamo sul solido: la materia, la scultura, il marmo. Dal giallo al bianco!

Maresa Palmacci 24-01-2018

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM