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In arte son Chisciottə: sul palco dell’Argot Studio di Roma il leggendario Cavaliere in una prospettiva di genere

La compagnia aretina “Officine della Cultura”, da sempre distintasi per il carattere multidisciplinare e per l’attenzione agli strumenti multimediali applicati alla produzione teatrale, dà vita a In arte son Chisciottə nel periodo più duro per lo spettacolo dal vivo, quello del lockdown del 2020.
La sfida che il collettivo artistico si è posto è quella di rendere l’unicità dell’evento teatrale attraverso lo streaming, passando per una ricerca che prova ad ovviare a quell’elemento che per sua natura caratterizza la rappresentazione scenica, ovvero la fisicità e la compresenza di pubblico ed attori.
Questa ricerca è oggi approdata nella stagione in corso, offendo finalmente la possibilità di fruire in presenza una drammaturgia che osa non poco, calando con tutte le scarpe un personaggio quasi mitico come il Don Chisciotte di Cervantes nella modernità, con tutte le problematicità e le domande che essa porta con sé.
L’originalità e l’intento contundente sono già nel titolo: cosa c’è di più “problematico” dell’applicare il tanto discusso schwa al nome di un personaggio della letteratura tanto celebre da essere ormai “pacifico”, per quanto studiato ed appassionante?
Il drammaturgo Samuele Boncompagni, per la regia di Luca Roccia, fa infatti vivere al Cavaliere della Mancia l’ulteriore avventura di essere donna, affiancato da un Sancio Panza anch’esso al femminile, portando così sul palco un racconto articolato che mescola l’ironia e l’atmosfera, a metà tra il fantastico e il poema cavalleresco propria del romanzo ad una inedita riflessione sul nostro tempo e sull’identità.
La sperimentazione multidisciplinare della compagnia si esprime nell’impianto mutevole della scenografia, nonché nelle musiche di scena.
A testimoniare, ancora una volta, la ricerca verso un teatro che non resti perentoriamente ancorato al solo palcoscenico.

Arianna Cerone  29/04/2022

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