Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 699

ARFestival 2019: continua il viaggio nel mondo del fumetto

Il Mattatoio di Testaccio riapre i cancelli ai fumetti. Dal 24 al 26 maggio torna per la sua quinta edizione l’ARF!, il festival del fumetto romano, contraltare più raccolto e introspettivo all’orgia di colori, folla e incursioni crossmediali del Romics. E si allarga anche lui ma per dare più spazio al fumetto indipendente, che fin dalla prima edizione è stato il Nord della sua bussola: lo spazio della Pelanda si ristruttura per dare più spazio ai talk, conversazioni che vanno a sviscerare l’essenza della vignetta con professionisti del settore, al Job ARF!, la sezione dedicata agli incontri professionali fra editori e aspiranti autori, e soprattutto alla Self ARF!. IMG 20190524 100125

Gli editori sono stati spostati nei due padiglioni, dove sono ospitate anche le mostre di Attilio Micheluzzi (“La nostalgia dei luoghi mai visti”), Giuseppe Palumbo (“Palumb-o-rama”) e Frank Quitely (“All Star Quitely”). I veri protagonisti della fiera sono loro, gli autori indipendenti che si auto-producono e si prendono non più il cortile ma tutto lo spazio all’ombra della Pelanda – una grazia non da poco, mentre il sole ricomincia a picchiare più forte alla fine di un maggio tutt’altro che primaverile. Loro e le tavole di fumettisti magari meno conosciuti al grande pubblico ma con tutte le carte in regola per farsi apprezzare anche dai non addetti ai lavori.

L’ARF! si riconferma un viaggio nello spazio profondo del fumetto, che si tuffa oltre la superficie della pagina bianca e accompagna il visitatore nei segreti che si nascondono fra i confini instabili della vignetta. Non è solo il caso delle Masterclass – le prime tre ore del venerdì mattina se le prenderà Yoshiyasu Tamura, autore di “Fudegami”, per approfondire l’uso delle vignette e dei balloon nel rendere scorrevole il movimento e coinvolgere il lettore nell’azione disegnata. E non c’è solo la possibilità di trovarsi davvero a tu per tu, nella ARFist Alley, con i professionisti del fumetto internazionale, da Giacomo Bevilacqua a Frank Quitely, da Arianna Rea a LRNZ.

Ci sono anche i talk, appunto, come quello dedicato alla sottile linea di confine fra animazione e fumetto. “L’eternità della vignetta o la sequenza animata?” è l’eloquente titolo dell’incontro con tre professionisti che hanno lavorato a cavallo fra i due mondi della sequenza animata e della vignetta immobile: Yoshiko Watanabe (animatrice giapponese che ha lavorato sia agli albori della Mushi Production di Tezuka che negli italianissimi progetti de “La freccia azzurra” e “La gabbianella e il gatto”), Bertrand Gatignol (che si è dedicato al matte paiting per “Reinassance” e ha poi virato verso il fumetto con “Gli Orchi-Dei”) e Davide Toffolo (frontman dei Tre Allegri Ragazzi Morti).

IMG 20190524 104457A moderare l’incontro Giovanni Masi, che sostituisce prontamente Mauro Uzzeo, bloccato da un mal di gola, e si fa forte della sua passata collaborazione da sceneggiatore proprio con Yoshiko Watanabe. L’animatrice e fumettista giapponese è una veterana di lungo corso. Ha lavorato alle animazioni quando Osamu Tezuka in Giappone cominciava appena a inventare le regole di questo nuovo modo di raccontare storie sullo schermo. “Tezuka era un grandissimo artista ma un disastro come amministratore”, ricorda, motivando così anche la sua scelta di lasciare la terra del Sol Levante per l’Italia alla metà degli anni Settanta. È qui che comincia a fare la fumettista, abbandonando anche i ritmi di lavoro proibitivi a cui gli animatori giapponesi sono sempre stati sottoposti. “Diciotto, venti ore al giorno,” esclama, spiegando poi, “non tornavamo nemmeno a casa, dormivamo sotto le scrivanie”.

Bertrand Gatignol viene da un altro mondo e un’altra generazione. Classe 1977, vuole fare animazione ma ci arriva tangenzialmente, dopo aver fatto un corso di grafica che lo ha preparato, invece, al mondo della comunicazione. Si dedica al matte painting, il disegno di fondali per le scene animate, più che all’animazione dei movimenti in sé per sé e approda al fumetto perché gli dà “più libertà”. Ogni sceneggiatura è una sfida a capire come trasformare in immagini le scene più azzardate e immaginifiche ed è quella la spinta di cui ha bisogno, soprattutto contando quanto poco viene pagato per il lavoro di disegnatore.

E poi c’è Davide Toffolo, che si muove addirittura fra tre mondi, quello della musica, quello del fumetto e quello dell’animazione. La sua sfida più grande? Convincere i produttori che coniugare musica e animazione fosse un progetto sensato, ben prima che i Gorillaz mostrassero al resto del mondo che, sì, una band può avere successo anche se i volti dei suoi membri sono quelli dei personaggi di un cartone animato. Arriva in ritardo all’incontro, Toffolo, a casa di un contrattempo ma le sue parole sono in perfetta armonia con quello che i suoi colleghi hanno raccontato poco prima. Immaginare una scena prima come sequenza e poi scomporla mentalmente, fotogramma per fotogramma, prima di estrarne quelli più significativi da comporre in una tavola è un processo creativo che li accomuna. IMG 20190524 124405

Così come li accomuna la percezione che quello del disegnatore sia un lavoro che costa fatica e non sempre dia adeguate soddisfazioni economiche. Eppure, spesso proprio la staticità della vignetta permette di ragionare ancora meglio sul modo di mostrare certe sfumature dell’animo umano, senza l’ausilio dei suoni, della musica, delle voci e del movimento. Ma la pagina bianca li spaventa, più dei limiti in qualche maniera rassicuranti che l’animazione impone? Yoshiko Watanabe è sicura di no, ha sempre avuto un approccio molto spontaneo al modo di riempire la gabbia delle vignette. A spaventare Gatignol, invece, è il pensiero della mole di lavoro che lo attende, ogni volta che una nuova sceneggiatura siede sul suo tavolo e gli impone un grande sforzo di immaginare come sistemare tutte quelle scene.

Davide Toffolo ha paura della pagina bianca, sì, ma il fumetto gli permette di sperimentare al punto da smontare la sequenza lineare degli eventi e giocare a creare storie che si chiudono nei quattro angoli della pagina bianca, che diventa l’unità prima della narrazione. Sta poi al lettore assemblarle anche in un ordine diverso da quello in cui le pagine vengono messe in fila, fruendo della storia in maniera totalmente nuova e personale. Insomma, c’è poco da fare: quella del disegnatore di fumetti è tutt’altro che una vita facile ma le soddisfazioni creative che dona ai suoi autori ripagano almeno in parte l’ingrata fatica.

Di Ilaria Vigorito, 24/05/2019

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM