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Le regine del futuro: la pianista Chole Mun al suo primo concerto a Roma

Ott 29

La ventunenne sudcoreana Chloe Mun, martedì 25 ottobre 2016, è la regina dell’Aula Magna della Sapienza di Roma, in occasione del concerto pianistico organizzato dall’Istituzione Universitaria dei Concerti.
Una posizione meritata e riconosciuta ufficialmente dalle numerose vittorie in concorsi internazionali, tra i quali in particolare il Concorso Busoni e il Concorso di Ginevra lo scorso anno. Ma forse possiamo considerarla ancora una candidatura alla reggenza, vigorosa ma in via di maturazione: da molti considerata erede della incomparabile Martha Argerich, la giovane Mun ha una talentuosa naturalezza musicale e una grande abilità espressiva con il pianoforte – inconsueta per gli allievi prodigio delle scuole orientali -, ma la strada per l’incoronazione è lunga da percorrere.
La sonata n.13 in si bemolle maggiore K333 di Wolfgang Amadeus Mozart sottolinea in apertura le indiscutibili doti della pianista: pulita, precisa, mai eccessiva, totalmente mozartiana. Una ricerca dell’equilibrio e della chiarezza comunicativa che 2chloein questo spartito va a unirsi a qualche frizzante ventata creativa (come la cadenza quasi concertistica), tentando di compiere una piccola grande rivoluzione nel gusto del sedentario pubblico viennese.
Anche lo spagnolo Isaac Albéniz, membro delle scuole nazionali sorte al tramontare del Romanticismo, viene ben compreso ed espresso dalle dita e dal pensiero della sudcoreana. Tre sono pezzi scelti tratti da Iberia, suite in quattro libri e dedica d’amore alla Spagna: la decisa Rondeña, ispirata alla città di Ronda, la malinconica Alméria e la danzante Triana, quartiere di Siviglia.
Infine, Robert Schumann, con Blumenstück op. 19 e la Fantasia in do maggiore op. 17. Suonare Schumann significa immergersi in un mondo psicologicamente controverso e turbato, attraversato da moti perenni di temi ed emozioni, continuamente in divenire e perennemente sconvolto da nuove turbolenze sentimentali ed esistenziali. E se con il primo brano “Ai fiori” la struttura alterna parti più dolci ad altre maggiormente appassionate in modo razionalmente più assimilabile, con la Fantasia il tormentato compositore tedesco dà sfogo alla sua creatività più totalizzante e senza freni. Non per nulla, musa di riferimento nella stesura è l’adorata moglie Clara, dalla quale in quel momento Schumann è separato. E così il rimpianto, il ricordo e l’ardore si fondono in un’opera esecutivamente e mentalmente complessa, forse rimasta sospesa – comprensibilmente, vista anche la giovane età - nella riproposizione della Mun. Le difficoltà tecniche sono ben superate, ma quelle espressive restano parzialmente irrisolte, non arrivando a cogliere in toto l’essenza del dramma interiore che riempie questo capolavoro, così pieno e pervasivo, così pesante e lieve al tempo stesso.
Un concerto che come una piccola gemma prelude a un auspicato e auspicabile sbocciare, che l’avanzare della primavera e la cura costante saranno in grado di fornire.

Giulia Zanichelli 28/10/2016

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