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Fidatevi: i Ministri tornano in gioco all'Atlantico di Roma

Apr 16

Sembra difficile, a quindici anni di carriera, parlare dei Ministri come una band poco credibile. La band di Dragogna, reduce dallo scarso "Cultura Generale" del 2015, album piuttosto scialbo di idee ed eccessivamente ammorbidito a livello sonoro (con quei tentativi mal riusciti di riferirsi ad un pubblico diverso da quello che già si ha), riesce, con l'ultimo "Fidatevi", a sfornare invece un lavoro abbastanza convincente per riportarsi ad un livello di nuovo degno del loro passato e di nuovo in grado di entusiasmare i vecchi fan.
Nello spettacolo all'Atlantico di Roma, territorio che Dragogna e soci hanno sempre calcato con dignità e passione, fin da quando (come viene detto on stage) c'erano solo un 'manipolo di manigoldi' a sentire il loro primo concerto capitolino, viene quasi dimenticato del tutto il passo falso in questione -ad eccezione della riuscitissima "Idioti"- e prediletto naturalmente il nuovo "Fidatevi".

ministri fidateviDal vivo i nuovi pezzi convincono quasi nella loro totalità, riuscendo ad essere efficaci e godibili senza essere eccessivamente scontati. L'iniziale "Spettri", insieme con "Crateri", presenta uno dei lati simbolo dei milanesi: testi legati specificatamente ai tardo-ventenni, pattern ritmici serrati, break intensi, offrendo una prova di Divi sempre all'altezza della situazione. È forse proprio Autelitano a sembrare ancora una volta il vero motore intrigante della band, potente e mai eccessivamente banale nel rapporto col pubblico, prendendosi sul serio quanto basta (anche senza sembrare "matusa", come tiene a sottolineare quando viene celebrato il passato della band), anche con delle scarpe rosse che seguono una (terribile) moda del tempo, probabilmente anacronistica per gli over-25. Soprattutto se i riferimenti citati dalla musica sono quelli dei Beastie Boys, come "Fight For Your Right" durante la tirata "Diritto al tetto" e poco prima di "Abituarsi alla fine".
Tra i pezzi migliori della serata non si può certo dimenticare l'evergreen della band, "Comunque", simbolo di una generazione di precari, universitari e disoccupati, così come "Il bel canto", sicuramente meno rabbiosa dell'orginale in studio, fatta per essere più cantata dal pubblico, intento a sorreggere lo stage diving del frontman. Buona prova anche per il nuovo singolo "Le vite degli altri", ben oliato nella setlist e capace di raffigurare i nuovi tempi che corrono per la band milanese, fortunatamente non così bui come ci si ricordava.

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Dragogna e soci sfoderano movenze da Motley Crue, ma tutto sommato l'efficace intensità della band porta ad uno scuotimento generale sotto palco che è già di per sé sintomo del bisogno che in questo paese ci sia bisogno di gain alzati, feedback e corde vocali ancora tirate. Se non altro per uscire da quell'oblio semi-cantautorale fatto di un'intimità standard e rivolto a generazioni create a tavolino.
Sembra quindi opportuno ritrovare fiducia in una delle band che può ben definirsi significative nel rock -ancora vero- dello Stivale.

Davide Romagnoli, 15/04/18

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