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"The Lighthouse", logorante discesa nell'abisso della mente umana, nel nuovo film di Robert Eggers

Disponibile dal 19 maggio su Chili, Apple Tv e Amazon Prime Video, il nuovo film di Robert Eggers, tanto atteso quanto inafferrabile, non delude le aspettative di chi, dopo aver visto The VVitch, confidava che il regista si confermasse tra le voci più forti ed autorevoli del panorama contemporaneo. Di The Lighthouse sembravano essersi perse le tracce dopo la vittoria del premio FIPRESCI a Cannes 2019, voci di corridoio su una possibile distribuzione si rincorrevano e la conclusione del doppiaggio a gennaio scorso manteneva viva la speranza di un passaggio in sala. Poco tempo dopo arrivò l’annuncio ufficiale che Universal avrebbe provveduto ad un rilascio direct-to-video nella seconda metà dell’anno, ma improvvisamente è apparso sulle principali piattaforme online con la possibilità del noleggio o dell’acquisto.

Liberamente ispirato al racconto “Il faro” di Edgar Allan Poe ed ambientato sul finire del XIX secolo, il film ha per protagonisti due uomini custodi di un faro e dell’isola in cui si trova, luogo tetro e percosso da un vento ostile. Sotto la guida dell’anziano Thomas Wake (Willem Dafoe) il giovane Ephraim Winslow (Robert Pattinson) dovrà imparare il mestiere così da poter essere in grado di svolgerlo in autonomia. Il rapporto tra i due si preannuncia sin da subito burrascoso, Thomas vessa il ragazzo facendogli svolgere i lavori più umili e mostrando un atteggiamento misterioso e protettivo verso di Lei, la lanterna, che gelosamente protegge. Il tempo, il luogo, lo scontro tra due personalità forti e al contempo con un passato torbido e tutt’altro che lodevole porta Ephraim alla paranoia, alla follia più distruttiva consumando ciò che restava del suo equilibrio mentale, disorientandolo su cosa è reale e cosa non lo è. The Lighthouse 2

Girato con pellicola 35 mm e in formato 4:3, The Lighthouse è sicuramente complesso, artificioso, ma raffinato in idee e realizzazione come pochi film ormai. Prosecutore, in un certo qual modo, dello stile di cui era già impregnato The VVitch, conferma quanto si era pensato su Eggers sin dall’inizio. Regista statunitense colto e maniacale, tiene molto al realismo delle storie che racconta e il risultato finale di queste sue ossessioni è straordinario. Per questo suo ultimo film costruisce un vero faro e veri edifici nella Nuova Scozia, in Canada, legge Moby Dick di Melville (il personaggio di Dafoe ha non poche similitudini con il capitano Achab del romanzo) e raccoglie informazioni sulla lingua dell’epoca e su leggende e miti marinareschi. Folklore e tradizioni sono temi cari al regista e il rispetto verso gli stessi è subito evidente dal simbolismo che ad ogni frame è presente, oltre alla cura per i dettagli che ad una prima visione possono sfuggire. A partire dalla rappresentazione del gabbiano come personificazione delle anime dei navigatori morti in mare, allo scrimshaw (piccole sculture incise su osso o avorio create dai balenieri) raffigurante una sirena, la colonna sonora composta da canti che rievocano quelli dei marinai, fino alla decisione di scrivere la sceneggiatura in coppia col fratello Max in un inglese arcaico che rispetti la provenienza dei personaggi, l’una contadina l’altra marinaresca, elementi questi che concorrono a rendere la storia e il film stesso quasi estrapolato da un tempo e un luogo remoto e lontano, ma veritiero e credibile. Il bianco e nero, tra i migliori degli ultimi anni e grazie al quale il direttore della fotografia Janis Blashke è rientrato nella cinquina degli Oscar 2020, è nitido e funzionale, evidente debitore del cinema espressionista europeo e di film come L’Atalante di Jean Vigo.

The Lighthouse è visivamente maestoso, criptico e soggetto a più di un’interpretazione. Non è nella natura di Eggers spiegare a cosa stiamo assistendo, il suo scopo è renderci partecipi e liberi di formare un’opinione del tutto personale dandoci delle linee guida fondamentali. Thomas ed Ephraim sono due personalità apparentemente inconciliabili, chiusi come animali in gabbia in un luogo angusto e oppressi dalla situazione che vivono, circondati dal nulla con l’alcol come unico amico e confidente. Quando un uomo resta solo con sé stesso fa i conti con la propria coscienza che emerge più prepotente che mai e questo accade ad entrambi. Ephraim appare debole, influenzato da ciò che lo circonda e portato alla pazzia da visioni degne dei migliori Lynch e Lovecraft, ma dentro di sé porta una curiosità e una voglia di ribellione verso Thomas che lo associano ad un moderno Prometeo e ne capovolgono il destino, mentre l’anziano custode, continuando sull’interpretazione mitologica del film è Proteo, divinità marina mutaforma. Oltre al faro, sembra custodire qualcos’altro di ignoto che venera ogni notte, ma che a noi rimarrà sconosciuta. A reggere il tutto le impeccabili performance di Dafoe e Pattinson, quest’ultimo in quella che fino ad ora è la sua migliore interpretazione.

E’ chiaro, finita la visione, che il grande schermo avrebbe reso ancora più potente The Lighthouse amplificandone la grandezza visiva e concettuale, ma è da considerarsi un miracolo che a distanza di un anno esatto dal Festival di Cannes sia finalmente fruibile. Per mesi le voci ne decantavano la bellezza, ora possiamo goderne tutti e sperare che presto il talento straordinario di Robert Eggers dia vita ad un’altra sorprendente opera.

 

Tiziana Panettieri  23/05/2020

 

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