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“La Signora dello Zoo di Varsavia”: recensione del film di Niki Caro

Ispirato al romanzo “Gli ebrei dello zoo di Varsavia” di Diane Ackerman e alla storia vera di Antonina Żabińska, “La signora dello zoo di Varsavia” (nelle sale italiane dal 16 novembre) si concentra sulle atrocità compiute dai nazisti e sul coraggio della protagonista e della sua famiglia di ribellarsi, mettendo in pericolo la loro stessa vita.
L’idillica sequenza iniziale ci introduce nello zoo dei coniugi Żabiński, un luogo di pace in cui Antonina (Jessica Chastain) si muove con eleganza e delicatezza, instaurando un rapporto comunicativo con tutti gli animali presenti. Una sorta di giardino dell’Eden che viene raso al suolo dai bombardamenti tedeschi durante l’invasione della Polonia del 1939. Alla quiete introduttiva si contrappone dunque la morte che non risparmia nessuno, nemmeno le bestie indifese che vengono sacrificate in nome degli ordini di Hitler. Le perdite di Antonina (condivise con il marito Jan e suo figlio) la portano a stringere un patto con il nemico: l’esperto zoologico devoto al Terzo Reich, Lutz Heck (Daniel Brühl), le consiglia infatti di donargli le specie più ‘preziose’ per proteggerle dallo sterminio ingiustificato e lei accetta.lasignora02 Successivamente, venuti a conoscenza del trattamento riservato agli Ebrei, i coniugi adoperano le gabbie ormai spoglie per allevare maiali e sfruttano la scusa del procacciare cibo per i suini per introdursi nel ghetto di Varsavia e salvare quante più vite possibili. L’abitazione Żabiński e lo zoo in disuso diventano quindi luoghi di rifugio per le vittime della follia nazista. Poetico il momento in cui una bambina, profanata dal crimine più aberrante, dà voce a un canto rituale ebraico e tra i commensali si realizza quella connessione empatica che trascende ogni differenza di razza o religione.
La regista Niki Caro, pur non omettendo scene piuttosto brutali, racconta la storia da un punto di vista femminile e si concentra sulla determinazione della protagonista e sulla sua attitudine amorevole. Un plauso al cast ed in particolar modo a Jessica Chastain, che si conferma un’interprete notevole. Peccato che la sceneggiatura, in alcuni punti, rischi la superficialità; sarebbe stato interessante, infatti, trattare più a fondo il rapporto di attrazione e potere che si instaura tra Heck e Antonina.
Un film che, pur aderendo alle principali caratteristiche dei numerosi lungometraggi sull’Olocausto ebreo, veicola un messaggio di speranza per la redenzione dell’umanità, che diventa possibile anche nelle situazioni più estreme.

Sara Risini 15/11/17

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