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“King Arthur” di Guy Ritchie: il leggendario re Artù non è mai stato così pop

Dal cartoon Disney “La spada nella roccia” alla serie tv “Merlin” al film “King Arthur” (2004) di Antoine Fuqua, la storia di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda è stata letta in modi più o meno originali. Guy Ritchie in “King Arthur - Il potere della spada”, nelle sale cinematografiche dal 10 maggio, reinterpreta la leggenda in chiave insolitamente pop con l’obiettivo (piuttosto dichiarato nel finale) di creare una saga appetibile.

Il regista sceglie di raccontare le vicende dell’eroe da un tempo antecedente a quello consueto. Il mondo è sconvolto da una guerra tra maghi e uomini. Uther Pendragon è il re di Camelot, amato dalla sua gente, padre e marito esemplare, viene tradito proprio dal fratello Vortigern che brama il trono. Prima di morire, Uther riesce a mettere in salvo suo figlio Artù. Egli dunque cresce nella città britannica da garzone, totalmente ignaro delle proprie origini. Nel momento in cui dalle acque emerge la roccia con la spada Excalibur, la sua vita cambia. Sarà lui infatti l’unico a riuscire ad estrarla, il che comporterà l’inevitabile resa dei conti con il passato e il compimento della sua missione come legittimo erede al trono. kingarthur02Charlie Hunnam, complici gli occhi magnetici, il fisico statuario e un carattere forte, tormentato e a tratti arrogante è un convincente Artù, perfettamente in linea con lo stile del lungometraggio. Sorprende l’intensità di Jude Law, che nei panni dell’ostinato villain Vortigern, sembra essere particolarmente a suo agio.

Nel film non mancano immagini-simbolo e citazioni: dalla folla che acclama unanimemente il dittatore Vortigern all’alta torre del potere oscuro, presa in prestito dalla Bibbia. Ritchie inoltre tenta di elaborare una mitologia alternativa, introducendo figure più o meno inedite: dal cavaliere infuocato, agli elefanti giganti, all’inquietante creatura delle acque a tre voci, all’affascinante e giovane maga che fa le veci di Merlino. Riprendendo lo stile di “Sherlock Holmes”, il regista si avvale di una fotografia patinata e di un montaggio serratissimo conditi da musiche accattivanti e da un abbondante uso di effetti speciali. Il tocco eccentrico di Guy Ritchie e le brillanti interpretazioni del cast sono indubbiamente da apprezzare. “King Arthur” però, rischia di allontanarsi troppo dal soggetto tradizionale, focalizzandosi eccessivamente sul piacere visivo-estetico. Probabilmente l’obiettivo ultimo del regista è proprio questo: strizzare l’occhio ai fan dei blockbuster e replicare il successo delle moderne produzioni fantasy.

Sara Risini 15/05/2017

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