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12° Festa del Cinema di Roma: “Mademoiselle Paradis”, la regista Barbara Albert presenta il film

Un lungometraggio in grado di addentrarsi profondamente nell’intimità della protagonista. “Mademoiselle Paradis” è basato sul romanzo “La musica della notte” di Alissa Walser, che a sua volta si ispira alla storia vera di Maria Theresia ‘Resi’ Paradis, incredibile pianista non vedente che grazie alle misteriose cure del dottor Franz Anton Mesmer, cominciò a guarire dalla cecità, perdendo però progressivamente il suo dono artistico. Nell’ambito della Festa del Cinema di Roma 2017 incontriamo la regista Barbara Albert, che spiega di aver deciso di realizzare il film subito dopo aver letto il libro: “Mi ha colpito soprattutto il modo in cui la scrittrice ha creato il personaggio. Il fatto che lei fosse oppressa, che non si potesse appropriare della sua voce mi ha fatto arrabbiare. In fondo si tratta di una storia di emancipazione femminile.“ Interviene la produttrice Martina Haubrich: “Collaborare con Barbara è stato entusiasmante. Avevamo già avuto modo di lavorare insieme ed è stato naturale voler fare un’ulteriore esperienza con lei e con la nostra squadra creativa.” mademoiselle paradis conferenza stampa press conference 5
A proposito del 'genio' della musicista, la Albert dichiara: “A me non piace questo concetto di ‘genio’, lo trovo molto maschile. Piuttosto la principale domanda che si pone Maria Theresia è: devo rinunciare alla vista per avere la musica? A mio avviso sarebbe giusto che lei riuscisse ad avere entrambe le cose.”
Colpisce in particolare la performance dell’attrice, Maria Dragus, che si è impegnata molto per essere il più fedele possibile al ruolo: “Abbiamo parlato con numerosi medici, Maria ha imparato diversi esercizi facciali, inoltre poco prima dell’inizio delle riprese ha cominciato ad indossare delle lenti bianche, con le quali non riusciva a vedere bene. Era importante sottolineare quel peculiare movimento delle sopracciglia e degli occhi.”
A riguardo dello sforzo produttivo, la Haubrich afferma: “Non volevamo dare l’impressione del film in costume, abbiamo lavorato per creare un giusto mix tra contemporaneo e tradizionale. Indubbiamente realizzare dei lungometraggi d’epoca è costoso, fortunatamente abbiamo potuto contare sui finanziamenti austriaci nell’immediato e dopo un po’ sono arrivati anche quelli tedeschi. Queste tempistiche ci hanno permesso di mettere a punto un eccellente gruppo creativo e tecnico”. La Albert aggiunge: “È stato soddisfacente notare che ogni settore aveva un suo sforzo riflessivo in merito al contenimento dei costi, pur continuando a puntare sulla qualità. C’è stata una grande attenzione ai dettagli per garantire l’esatta percezione di quell’età storica.”
Tornando al personaggio, la sua cecità era patologica oppure frutto della psiche? La regista risponde: “Abbiamo fatto moltissime ricerche e alla fine abbiamo seguito la teoria che la sua cecità fosse psicologica, forse causata da una sindrome dissociativa. Si dice che lei avesse dei segni fisici negli occhi, è possibile che si trattasse di un disturbo dell’anima volto a colpire la parte di lei più fragile. In ogni caso, non ho voluto mostrare nessun presunto trauma familiare, perché credo che sarebbe stato speculativo e fin troppo superficiale. Per quanto riguarda la terapia del dottor Mesmer, probabilmente funzionò perché lui si serviva del contatto fisico e all’epoca era così raro essere toccati da un’altra persona. Proprio quella connessione concreta tra essere umani potrebbe aver sortito un effetto curativo su Maria Theresia.”

Sara Risini 02/11/17

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