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“La voglia matta di vivere” e i 100 anni di Tognazzi

La voglia matta di vivere - scritto e diretto da Ricky Tognazzi - è un omaggio a uno dei più importanti attori del Novecento: 150 film in cinquant’anni di carriera, con brillanti interventi nel varietà televisivo e nella grande drammaturgia teatrale. Gli elementi che maggiormente traspaiono dal documentario sono l’umanità e l’amicizia, valori che hanno sempre accompagnato Ugo Tognazzi per tutta la sua vita. Indispensabili sono i contributi dei figli Thomas, Ricky, Gianmarco e Maria Sole, avuti da tre donne diverse, ma uniti come in una grande famiglia. Tante le testimonianze e le dichiarazioni che hanno aiutato ad accrescere l’interesse per questo racconto: Alessandro Haber, Marco Risi, Enrico Vanzina, Giovanna Ralli, Arturo Brachetti, per citarne alcuni. 

«Ugo è stato nella mia vita la persona che l’ha cambiata nel modo più radicale perché mi ha insegnato quello che è diventato il mio approccio non al cinema ma al confrontarmi con gli altri», dichiara Pupi Avati, regista, nel ‘75 pressoché sconosciuto, de La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone, film che vede la fortuita partecipazione di Tognazzi, chiamato in causa per uno scambio di copioni. Tra le tanti attrici bellissime e bravissime con le quali ha lavorato ci sono Monica Vitti, Jane Fonda, Mariangela Melato, Claudia Cardinale, Laura Morante, Ornella Muti. Quest’ultima, giovanissima e peraltro in cinta all’epoca di Romanzo popolare, nel ’74, ha detto: «io mi sentivo sotto l’ala di Ugo, si accorgeva se ero seduta in un angolo ed ero triste; mi sentiva, subito mi veniva in aiuto».

Tognazzi è stato uno dei pochi attori ad aver accettato ruoli complicati, estremi, anticonformisti, come nel caso de Il vizietto, trilogia fortunatissima nella quale lui e Michel Serrault interpretano due omosessuali, o come nei film La donna scimmia e La grande abbuffata, entrambi diretti da Marco Ferreri, suo grande amico, con il quale però interruppe i rapporti a seguito di un fraintendimento per il film Ciao maschio. Pluripremiato, tra Nastri d’argento e David di Donatello, Tognazzi vinse anche la Palma d’oro a Cannes, nel 1981, con il film di Bernardo Bertolucci La tragedia di un uomo ridicolo. In tanti anni ha lavorato con i più grandi registi italiani: Pier Paolo Pasolini, Elio Petri, Luigi Zampa, Mario Monicelli, Luigi Magni, Alberto Lattuada, Lina Wertmuller, Ettore Scola. Con quest’ultimo realizzò, oltre a Il commissario Pepe, anche La terrazza, con un cast eccezionale; racconta Claudio Bonivento, all’epoca non ancora produttore: «Mi trovai in mezzo al cinema. L’unico che mi rivolse la parola fu Ugo».

In questo viaggio appassionante si incontrano anche figure non appartenenti al mondo de La Settima Arte, come la governante Carmen Quattrociocchi o Benito Morelli, ristoratore con il quale Tognazzi brevettò la spigola ai funghi. Infatti, una delle sue più grandi passioni era la cucina. Amava cimentarsi ai fornelli, sperimentando, consultando la sua ricca biblioteca culinaria. Iconica è la scena con Gassman ne I nuovi mostri. Il risvolto “tragi-comico” di questa passione era, ad esempio, la famosa “cena dei dodici apostoli”: il venerdì sera invitava amici e colleghi ai quali sottoponeva, organizzando votazioni e dibattiti critici, le sue creazioni. I racconti di Monicelli e di Villaggio sono esilaranti. «Ogni tanto si inginocchiava davanti al frigorifero e diceva: questa è la cappella di famiglia», ricorda Simona Izzo.

Tognazzi era un provocatore; si pensi che nel 1979, nel pieno degli anni di piombo, la rivista satirica “Il Male” pubblicò alcune false prime pagine di quotidiani nazionali con Tognazzi fotografato e ammanettato dai Carabinieri, con la complicità di Raimondo Vianello, attore con il quale condivise gli esordi in televisione confezionando sketch esilaranti. “È il capo delle br” (Paese Sera), “Tognazzi è il cervello br” (Il Giorno), “Clamoroso arresto di Ugo Tognazzi (La Stampa), questi alcuni dei titoli. Molti ci crederono. Uno dei finti agenti - l’inventore della beffa - era Sandro Parenzo, editore, produttore e sceneggiatore.

Un altro elemento messo in rilievo in La voglia matta di vivere che abbraccia la figura di uno dei grandi mattatori della commedia all’italiana è la convivialità, che si consumava nei rapporti umani, durante i pasti, sul set, e che lo ha reso tra gli attori più amati dal pubblico, anche oltralpe, come in Francia, Paese che lo ospitò più volte in importanti teatri. Esempi di grande brio erano gli eventi organizzati a villaggio Tognazzi, a Torvaianica, luogo di esilaranti partite a tennis, corse e pedalate, cene, pranzi, bagni al mare, dove - come ricorda Michele Placido - c’erano tutti: da Gillo Pontecorvo a Nicola Pietrangeli.

Dino Risi ha detto di Tognazzi: «Attore non attore, innamorato delle donne, della vita, della buona tavola. Fece un passo difficile, dal comico al drammatico. Molti ci provano, pochi ci riescono. A lui riuscì».

Francesco Saverio Mongelli, 25/03/22

Qui un approfondimento su Ugo Tognazzi