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Mettere in scena la fede senza fare prediche, all'interno del panorama seriale televisivo italiano, sembra che sia il grande risultato de Il Miracolo.

Sono andate in scena il 29 ggio 2018 le ultime due puntate della serie evento firmata Sky che porta la mano di Niccolò Ammaniti, a livello di regia, soggetto e sceneggiatura e il risultato complessivo risulta ampiamente soddisfacente da quasi ogni punto di vista. Almeno per una serie che sembra quasi essere passata in sordina, senza grandi scossoni di audience e senza grandi paroloni di contorno.ilmiracolo2

Sul piano attoriale si recuperano certamente alcuni volti noti di 1992, recenti successi del network, come Guido Caprino e Tommaso Ragno, interpreti perfettamente funzionanti all'interno di una narrazione corale che non insiste sulle eccessive teatralità di performance, ma si imposta in una rappresentazione tutta essenzialmente umana. Una rappresentazione che fa proprio della mancanza di eccessive caricature e di standardizzazioni il suo punto forte. La figura del prete, del premier, della first-lady, del generale, della biologa, di Nicolino e di suo padre non sono affatto vittima di quella silizzazione -molto spesso pressapochista- di cui è vittima molto del panorama televisivo -e cinematografico- italiano.

I contributi etici e riflessivi sono parte integrante della narrazione di Ammaniti (aiutato da Manieri, Marciano e Bises) e lasciano aperti molti spiragli di approfondimento, di domande, di dubbi su quanto e su come effettivamente si possa far fronte ad un miracolo, all'interno di un ambiente, una Roma senza contorni definiti, che si muove in un'era di telefonia, telecamere omnipresenti e pronostici di rating. Forse una abile mossa per tenere aperte le strade della prosecuzione della storia, forse perché di certezze questa storia non ne vuole mettere in gioco poi molte.

Come dunque gestire una Vergine Maria di terracotta che piange litri e litri di sangue al giorno? Dal punto di vista del racconto la formula corale risulta vincente, affiancando storie apparentemente distanti ma convergenti in un piano -filmico e forse 'divino'- che li rende affreschi della stessa cattedrale. Un piacevole connubio di innesti e riflessi -soprattutto nel montaggio delle due puntate- che rendono vivace il procedere della vicenda e si avvicinano ad un disvelamento del sacro solo nelle decisioni dei suoi personaggi. il miracolo

Le tonalità di regia -qui, oltre allo scrittore romano troviamo Munzi e Pellegrini- si presentano tendenzialmente efficaci, soprattutto all'interno di un personaggio, come Ammaniti, che si trova perfettamente a suo agio con una narrazione per scene da girare e non da immaginare, come se fosse un suo Come Dio Comanda pensato per lo schermo e per le puntate. Le scene oniriche (quasi indimenticabile la Madonna Bellucci in fondo al mare), le connessioni dinamiche e narrative sono tipiche della messa in scena seriale (soprattutto oltreoceano) e sono unite ad una scelta musicale che sagacemente mischia -come buona parte dell'influenza di 1992 ha disegnato- Jimmy Fontana (in più salse) con Nils Frahm, i Godspeed You!Black Emperor, gli Swans, unendo tradizione italiana e nicchie di musicisti di culto, proprio come la tendenza generale del discorso magno vuole comunicare.

Un'operazione di qualità, o comunque sicuramente orientata a questo proposito, più che sul raggiungimento di una qualunque vastità di pubblico. Un ricerca e una narrazione che fa bene mettere sull'on-demand e guardarsi con calma, senza aspettative enormi e lontani dalle considerazioni in merito alla "solita serie italiana" di fuorilegge, sessualità e generazioni allo sbando.

Davide Romagnoli 30/05/2018

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