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"Stranger Things 4", un orrorifico viaggio tra l'umanità del sovrannaturale

Non può che essere Stranger Things mania oramai: quello della serie tv più amata degli ultimi tempi, non è infatti che un vero e proprio fans club. Ancora una volta, i fratelli Duffer non hanno disatteso le aspettative. In trepida attesa del finale di stagione - in uscita il prossimo luglio - i primi sette episodi che vedono aprire la serie alla sua quarta stagione, confermano Stranger Things un perfetto prodotto seriale in stile anni ’80; questa volta però con un accento maggiormente orrorifico.

Ci eravamo lasciati con il lieto epilogo della battaglia di Starcourt e per la prima volta i nostri protagonisti si trovano costretti alla separazione: Joyce, Will e Jonathan hanno cambiato vita, trasferendosi in California e portando con sé anche Undici. Sono passati oramai sei mesi da quella drastica separazione, che ha costretto loro a fare i conti con le difficoltà della crescita; della maturità: Mike e Dustin sembrano non voler abbandonare la loro passione per i giochi di ruolo introducendosi così nell’Hellfire Club; Lucas, invece, sembra volersi riscattare dall’infanzia iniziando ad assaporare i primi esiti della popolarità con il suo ingresso nella squadra di basket. Poi ci sono Will, Max, Undici, Nancy, Steve, Robin e Jonathan che d’altro canto si trovano costretti ad affrontare difficoltà più profonde, più intime. La prima puntata mette così in pausa le avventure orrorifiche per far luce sull’evoluzione dei protagonisti: una caratterizzazione, la loro, seppur in alcuni momenti velata, rivelatrice della complessità identitaria di ciascuno.
Stranger Things 4 non fa così che superarsi: degna figlia di tutta una generazione – da Spielberg a King – ci accompagna nel mondo sempre più terrificante del Sottosopra: thriller e fantasy, nelle precedenti stagioni, ora Stranger Things sembra incanalarsi in una cinematografia votata al demoniaco, a presenze paranormali, ad una retorica del satanismo (senza cadere nella blasfemia).

Dopo tre anni era ancora molto profondo l’alone di mistero sul passato di Undici e sui suoi poteri, svaniti nel finale della terza serie a causa del morso inferto alla ragazza dal Mind Flayer: la chiave per riacquistarli si nasconde proprio in quell’oscuro trascorso, tra le asettiche mura del laboratorio segreto dell'Hawkins National Laboratory, da dove Undi era scappata nel pilot della prima stagione.
La quarta stagione, dunque, si presenta come un sinolo delucidativo sulle precedenti storyline rimaste senza risposte; intreccia presente, passato e futuro, diventando un’estensione dell’arco narrativo originario. Tutti gli sviluppi personali e sentimentali tra i personaggi nati nel corso della storia sono sospesi: Nancy e Jonathan, la cui collaborazione ha sempre rappresentato un punto di svolta nella lotta contro il Sottosopra, in questi primi sette episodi, vivono in città diverse, mai si incontrano e mai si parlano, nemmeno a distanza; Dustin e Mike sono divisi, il primo collabora con Lucas, Max, Nancy, Steve e Robin a Hawkins, mentre il secondo è in California con Jonathan e Will, il quale, triste per l’indebolimento della sua amicizia con il protagonista, fa fatica a sentirsi incluso e a cooperare con lui; Joyce vola in Russia per salvare Hopper, una vicenda, la loro, che sembra, per ora, appartenere a una storia antiteticamente parallela rispetto a quella principale. Tra tutti aleggiano segreti e sentimenti inespressi, l’intesa e l’affiatamento, così travolgenti nelle puntate precedenti da essere il collante empatico tra personaggio e spettatore, è ora ridotto ai minimi termini: i produttori Duffer sembrano aver voluto lavorare sull’individualità e l’unicità di ogni figura, in previsione di un ultimo corale incontro nell’ultima puntata.
Nonostante l’allontanamento fisico degli eroi, tutti combattono la stessa creatura: Vecna. Dopo anni di mostri terrificanti, disumani, indistinti e sfigurati, dal Demogorgone, al Mind flayer, ora il nemico ha un volto, è un uomo dal passato travagliato e ammaliante, che nel suo reiterato modus operandi sembra acquisire le sembianze di un serial killer: per la prima volta è presente la tecnica narrativa della rivelazione del male, del colpo di scena. Ma i protagonisti, seppur a loro insaputa, hanno a che fare anche con un mostro ancora più tangibile, tanto reale per loro, quanto per noi: l’esercito russo.
L’originalità di quest’ultima stagione, dunque, non risiede nell’eccentricità della mitologia sovrannaturale o nei misteri della metafisica, ma tra atmosfere sempre più cupe ed un rinnovamento avanguardistico è proprio l’umanità e la concretezza dell’ultraterreno a rendere la serie «stranger»: un ritorno al mondo sensibile, così come reali e corporee erano le vicende che hanno unito i protagonisti all’inizio della loro storia, un viaggio alla scoperta degli antri più oscuri di recondite paure, affinché queste possano essere contrastate e possa esser raggiunta una piena e matura consapevolezza di sé.

Annagrazia Marchionni e Cristina Peretti 09/06/2022