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Festival di Sanremo: serata di duetti (affollati)

ufficio stampa Rai

Nel 2016 gli Ex-Otago, in tempi non sospetti, cantavano “Ci vuole molto coraggio a guardare Sanremo fino alla fine”, ma la quarta serata di Sanremo, quella che ha visto duettare i 24 concorrenti in gara con altri artisti, forse più di tutte, e contro ogni previsione, è andata veloce, con poche gag, un solo monologo (di Claudio Bisio, accompagnato dal giovane rapper Anastasio) e un solo super ospite, Ligabue (che ha duettato con il direttore artistico in “Dio è morto” di Francesco Guccini.) La cifra stilistica di questa serata è stato l’affollamento che ha caratterizzato un buon numero di duetti: dall’ esibizione di Briga e Patti Pravo con Giovanni Caccamo (Un po’ come la vita), passando per i Negrita, Enrico Ruggeri e Roy Paci (ma la tromba di Roy Paci riesce a farsi sentire) in I ragazzi stanno bene, Renga, Bungaro, Eleonora Abbagnato e Friedemann Vogel (Aspetto che torni), fino allo spettacolo, a ritmo di bonghi, di Arisa, i Kataklò e Tony Hadley e quello di Federica Carta, Shade e Cristina D’Avena (Senza farlo apposta). Qualcuno opta invece per una resa più teatrale del pezzo: è il caso di Nek e Neri Marcorè (Mi farò trovare pronto), più simile ad un dialogo che un duetto, e Paola Turci con Giuseppe Fiorello (che un po’ strizza l’occhio alla fiction che andrà in onda su rai1 dal 19 febbraio, “Sulle mie spalle”) con L’ultimo ostacolo. Ex Otago e Jack Savoretti (Solo una canzone) escono dai confini indie, ma il pezzo mantiene la sua identità; centrano il punto anche Zen Circus e Brunori Sas con L’amore è una dittatura; Ghemon, i Calibro 35 e Diodato, eleganti in Rose viola, rivoltano e valorizzano il pezzo. Irama si fa accompagnare da Noemi in una rivisitazione blues de La ragazza col cuore di latta. Famelico l’assolo di violino di Alessandro Quarta, ma i tre ragazzi de Il Volo (Musica che resta) non si lasciano facilmente rubare la scena, in competizione con il loro accompagnatore, lo atterranno a colpi di acuti. Si scatenano in Per un milione Boomdabash e Rocco Hunt (col coro dei Musici Cantori di Milano, serissimi i piccoli in camicia bianca): che piaccia o no, è perfettamente nello stile di entrambi e l’Ariston si fa trascinare senza sforzi. Un po’ sottotono, ma affiatatissime, in Le nostre anime di notte, Anna Tatangelo e Syria, mentre sembra che abbiamo perso un po’ il senso del contesto Enrico Nigiotti, Paolo Jannacci e il disegnatore Massimo Ottoni, peccato. Con Cosa ti aspetti da me, Loredana Bertè si gode la sua seconda standing ovation, cantando insieme a Irene Grandi: le varianti sono poche e nulla è l’armonizzazione tra le due, ma Bertè e Grandi si divertono tantissimo e piacciono. Il trio composto da Daniele Silvestri, Rancore e Manuel Agnelli, con Argento vivo, è stato forse tra i più credibili ed emozionanti della serata: propongono un pezzo organico con un’identità ben sviluppata, un ottimo arrangiamento del piano e il pedale della batteria macina, grazie ad un fortissimo Fabio Rondanini (batterista della Band Propaganda Live, prestato eccezionalmente di venerdì sera alla tv nazionale). Direttamente dalla scuderia di Maria de Filippi Einar, Biondo e Sergio Sylvestre propongono una versione alternativa di Parole nuove, apprezzabile il tentativo, forse non riuscito, di legare l’orchestra alla musica elettronica della trap. Simone Cristicchi ed Ermal Meta con Abbi cura di me emozionanti ed emozionati, rischiano l’anonimia, senza trovare un po’ di spazio per un piano decisamente sacrificato, ma privilegiando un testo che forse basta a se stesso. Nino D’Angelo, Livio Cori e Sottotono (Un’altra luce) scelgono un’elettronica ambient raffinata, perfetta con la voce un po’ stanca di Nino d’Angelo. Chiudono la serata gli eccentrici e instancabili Achille Lauro e Morgan (Rolls Royce), provocano, stonando buona parte del brano, ma proponendo ibridi musicali perfetti, suoni decisi e per nulla confusi: Achille Lauro, vera diva egocentrica, si distende sul piano, ma Morgan non è da meno e segnala a Dio Baglioni e qualche altro. Il duo composto da Motta e Nada (Dov’è l’Italia) regala un’esibizione un po’ incerta, ma raffinata, leggermente folk, calda e convincente al punto di aggiudicarsi il premio per la serata duetti; questa sera scopriremo se il pubblico da casa e la sala stampa confermeranno o no questo risultato: i pronostici sembrano privilegiare qualcun altro, ma non sarebbe la prima volta che durante l’ultima serata venga stravolto tutto.

Laura Caccavale 09/02/2019