Sanremo è Sanremo. Sarà Sanremo. Sanremo sarà sempre Sanremo. Lo è stato anche la sera della vigilia di Santa Lucia, che Rai Uno ha riempito prima con una buona mezz’ora dedicata al nuovo disco di Mina e Adriano Celentano – il che fa aumentare i dubbi sulla produzione, peraltro già accompagnata da critiche non benevole – e poi con tre orette secche di un programma a metà tra una conferenza stampa e un reality, tra una carrellata e un talent.
Padrone di casa indiscutibile e indiscusso Carlo Conti, presentatore e direttore artistico del festival per il terzo anno di fila. Davanti a una platea di giornalisti accreditatissimi e a una giuria di esperti, il conduttore toscano ha presentato alla nazione i 22 big in gara dal 7 all'11 febbraio – 2 in più dell’anno scorso – e i 12 concorrenti che si sono giocati in diretta l’approdo alla finale della sezione Nuove Proposte.
Partiamo proprio dai giovani. Su tutti, le speranze più fervide sono riposte in Marianne Mirage con “Le canzoni fanno male” – scritta da Francesco Bianconi – e Maldestro con “Canzone per Federica”. Assieme a loro, altri 4 i nomi scelti dai giurati Andrea Delogu, Massimo Ranieri – protagonista anche di un’ospitata, il che porta quasi a sospettare che fosse lì solo per quell’altro motivo – Anna Foglietta – sì, Anna Foglietta – Amadeus e Fabio Canino: Tommaso Pini - teatrante un po' nevrotico un po' smart che "chatta quel tanto che basta" - con “Cose che danno ansia”, Lele con “Oramai”, Francesco Guasti - hipsterone dei più classici - con “Universo”, e Leonardo Lamacchia, che per cantare la sua "Ciò che resta" ha ben pensato di andare sul palco più leggero, senza calzini. A loro si aggiungono due artisti selezionati da Area Sanremo: Valeria Farinacci con “Insieme” e Federico Braschi con “Nel mare ci sono i coccodrilli”.
In una serata che millanta “voci dal vivo” ma che sembra in fortissimo odore di playback – vedi il cantante dei La Rua che batte il tamburo fuori tempo, vedi i jazzisti che accompagnano Ranieri quasi in versione soundcheck – Conti dà in pasto alla stampa i big, dividendoli in 4 bocconi belli pieni. Un gruppo eterogeneo, che annovera vecchie glorie, rapper, quote talent e qualche recidivo.
AL BANO, Di rose e di spine. Nel 2015 l’ospitata-medley con Romina Power, quest’anno torna in gara per la quindicesima volta: evergreen.
PAOLA TURCI, Fatti bella per te. Quando ha partecipato tra le nuove proposte, a fine anni Ottanta, ha sempre vinto qualcosa. Riponiamo in lei la speranza di ascoltare un po’ di sana canzone d’autore (al femminile) sul palco dell’Ariston.
SAMUEL, Vedrai. Ha da poco lanciato la propria carriera solista e tenta la strada già battuta con i Subsonica. È l’unico nome che può proporre soluzioni alternative e – speriamo – coinvolgenti rispetto agli altri generi in gara.
ELODIE, Tutta colpa mia. Quota talent n.1. Dato che un EP ormai non si nega a nessuno, lei l’ha pubblicato non da molto e chi scrive lo sa soltanto perché si è imbattuto in tal disco in un negozio romano mentre cercava altro. Per chi non sapesse di chi si sta parlando, è la seconda classificata ad Amici 15, e ha i capelli rosa.
ALESSIO BERNABEI, Nel mezzo di un applauso. L’ex Dear Jack ci riprova senza se e senza ma. E dopo “Noi siamo infinito”, memorabile ritornello della scorsa edizione da urlare con l'accento sulla 'o', presenta un titolo lievemente stridente, quasi cacofonico.
FIORELLA MANNOIA, Che sia benedetta. Da buona “Combattente” e pasionaria, la Mannoia torna in gara dopo trent’anni con un brano scritto da Amara. Nel 1987 e nel 1988 aveva vinto il Premio della Critica, ma probabilmente quest’anno punta al bersaglio grosso per spingere il suo ultimo disco.
NESLI E ALICE PABA, Do retta a te. Quota talent n.2. Non ci sono solo Amici e X-Factor, c’è anche The Voice. L’ex rapper ormai poeta punk torna dopo 2 anni in versione duetto, e la curiosità non è così trascinante.
GIUSY FERRERI, Fatalmente male. Fa talmente male, scherza Conti nel presentare il brano. E per poco non scappa una risata a qualcuno. Torna al Festival dopo aver ingombrato l’etere con il suo tormentone-tamarro “Roma-Bangkok”.
MICHELE BRAVI, Il diario degli errori. Ha vinto la settima edizione di X Factor. Collaborazione con Zampaglione, breve carriera da youtuber e l’ultimo disco in inglese. Quota talent n. 3.
GIGI D’ALESSIO, La prima stella. Mancava da un po’ (5 anni), ma non è che si sentisse poi così tanto la sua mancanza.
FABRIZIO MORO, Portami via. Pare sia nel novero dei grandi autori, infatti ha preso la cattedra come prof. ad Amici. Insomma un altro Prof. a Sanremo dopo Vecchioni.
RAIGE E GIULIA LUZI, Togliamoci la voglia. Un rapper e una doppiatrice di film Disney con un pezzo scritto da Zibba: promettente.
RON, L’ottava meraviglia. Grande artista, sarà interessante ascoltarlo.
MARCO MASINI, Spostato di un secondo. Da L’uomo volante a Che giorno è, baluardo difensivo dei pezzi buoni. Il brano che presenta quest’anno è scritto da Zibba, il che aumenta la curiosità.
ERMAL META, Vietato morire. Profilo più interessante, assieme a Chiara Dello Iacovo, dei giovani 2016. Ha già scritto tanto per altri grandi, ora forse tocca a lui a diventarlo.
FRANCESCO GABBANI, Occidentalis Karma. Antipatico come pochi vincitori, protagonista anno scorso del qui pro quo con Miele e poi trionfatore con l’invincibile “Amen”. Il disco non è stato – e non è andato – un gran che, e il titolo farebbe già gridare alla presunzione più assoluta, ma è ancora presto per spalancare la bocca.
MICHELE ZARRILLO, Mani nelle mani. Dodici volte al Festival, solo 3 meno di Carrisi. È in effetti una quota da pagare per permettere agli over 50-60 di rimanere concentrati mentre si barcamenano a comprendere nomi mai uditi.
LUDOVICA COMELLO, Il cielo non mi basta. Discorso opposto rispetto a Zarrillo. Da Violetta all’Ariston il passo è breve, o quasi. Nel mezzo ci sono due album da solista, ma l’impressione è che sia lì per strizzare l’occhio alle generazioni under 18.
SERGIO SYLVESTRE, Con te. Ha vinto l’edizione 2016 di Amici e il suo brano è scritto da Giorgia. Quota talent n. 4.
CHIARA GALIAZZO, Nessun posto è casa mia. Chissà se l’aura di Mauro Pagani riuscirà a farla avanzare dal quel 5 striminzito che si porta appresso quando sale sul palco dell’Ariston.
CLEMENTINO, Ragazzi fuori. Pare sia il miglior freestyler d’Italia. L’anno scorso, pare, fece una bella figura. Chissà se le apparenze ingannano.
BIANCA ATZEI, Ora esisti solo tu. Rientra evidentemente nella categoria “recidivi”.
Tre considerazioni a margine della serata di ieri, che ha visto i giornalisti tirar fuori idee un po’ confusionarie e forse bizzarre. 1) La scarsa presenza di band e di membri dell’indie, che siccome oggi sta diventando sempre più popolare – quindi non sarebbe più indie, a rigor di logica – dovrebbe trovare un posto tra i big. Provate a immaginare Vasco Brondi a Sanremo. O Calcutta, o Brunori, o Motta, o i The Zen Circus, o chi volete voi. Non è un immaginario sostenibile, non è un pubblico a cui si possono – e si vogliono – rivolgere. Episodio felice? Gli Afterhours nel 2009 (Premio della Critica con "Il paese è reale"). In ultimo ci hanno provato i Marlene Kuntz nel 2012: eliminati alla seconda serata nell’indifferenza più totale. 2) L’utilizzo dei social come metodo di voto, ovvero come trovare una maniera di livellare verso il basso, se possibile, la qualità di chi avanza in gara e, semmai, di chi vince. Ecco, probabilmente per questo basta il televoto. 3) L’approccio più laico da garantire ai talent: un conto è l’approccio laico, un conto è l’approccio laido, che fa del talent – errando visibilmente – l’unica fucina di musica in Italia. Non è così, e non è il numero di presenze a Sanremo a garantire la qualità dei programmi e di chi li gestisce. Quello succede ai lidi della riviera romagnola.
Daniele Sidonio 13/12/2016