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“Paolo Borsellino – Adesso tocca a me”, su Rai1 il docufilm sulla strage di via d’Amelio narrata dall’unico sopravvissuto

«La gente di Christianssand mi chiama eroina. Ma un’eroina è una ragazza che vede il pericolo e ne ha paura, ma lo sfida. Io, invece, non lo vedevo, e non capivo che v’era pericolo». Parla così la protagonista del racconto di Karen Blixen “Tempeste”, quando viene acclamata salvatrice a seguito di un’impresa che l’ha messa in pericolo di vita.
Di fronte all’abuso del termine “eroe”, queste parole ci portano a riflettere su chi, oggi, meriterebbe tale definizione, su chi, nella consapevolezza di andare incontro a morte certa, continua a difendere i propri ideali, portando avanti la propria battaglia.
Il 19 luglio 2017 ricorrerà il venticinquesimo anniversario di quella che è tristemente nota come la “strage di via d’Amelio”, dove persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i suoi uomini della scorta, Caudio Traina, Agostino Catalano, Walter Cosina, Emanuela Loi e Vincenzo Li Muli, persone che hanno dimostrato di possedere tutte le caratteristiche che fanno di loro dei veri e propri eroi.
Per commemorare tale ricorrenza, Rai1 trasmetterà, mercoledì 19 luglio alle ore 21.30, il docufilmPaolo Borsellino – Adesso tocca a me”, diretto Paoloborsellino02da Francesco Miccichè e interpretato da Cesare Bocci, che vestirà i panni del giudice siciliano. L’opera, una coproduzione Rai Fiction e Aurora Tv, è prodotta da Giannandrea Pecorelli e scritta dallo stesso Miccichè insieme con Sandrone Dazieri e Giovanni Filippetto. Tra gli interpreti Giulio Corso, Ninni Bruschetta e Anna Ammirati.
Una scelta interessante, quella di mescolare realtà e finzione in un prodotto televisivo ancora poco utilizzato sulla rete ammiraglia, ma in via di sviluppo, come annunciato dal Direttore di Rai Fiction Eleonora Andreatta, durante la conferenza stampa avvenuta presso la sede di viale Mazzini: «La docufiction ha la capacità di lavorare sul passato parlando al nostro presente. I due linguaggi, quelli della fiction e del documentario, permettono di raccontare la verità umana dei protagonisti della nostra storia e vederne gli aspetti privati». Materiale di repertorio con interviste audio e video, testimonianze dirette di chi non solo ha vissuto quella triste parentesi della storia d’Italia, ma ne è stato protagonista. Si alternano così i ricordi di amici, colleghi, giornalisti, avvocati, magistrati e parenti, come Rita e Salvatore Borsellino, fratelli del giudice, che raccontano lati dell’uomo che pochi conoscono: «Paolo aveva una fede profondissima. – dice il fratello - Viveva in qualche maniera nell’imitazione di Cristo. Per realizzare quello che era il suo sogno doveva morire, sapeva di dover morire e quindi è morto sacrificando la sua vita per quello in cui credeva».
«Sul lavoro non si fermava mai, superava difficoltà e delusioni. – ricorda il Presidente del Senato Pietro Grasso, giunto presso la sede Rai per portare il suo personale ricordo di Borsellino - Dopo la morte di Falcone si dava da fare in modo frenetico. Cercava la verità. Ammonì i magistrati più giovani dicendo: “Chi vuole andare vada, ma chi resta sappia che questo è il nostro destino”, indicando le bare dei suoi amici e colleghi. La consapevolezza di quell’“adesso tocca a me” l’ha comunicata anche agli amici. Questo senso del dovere spinto al sacrificio è l’eredità che ci ha Pietrograsso01lasciato. Questa eredità serve al nostro Paese. Sarebbe orgoglioso di quello che è stato fatto in questi 25 anni. Oggi ci sono cittadini che rompono il silenzio omertoso, che denunciano, che protestano e che si indignano. Questi sono anni di ricordi, di emozioni, di bilanci, ma anche di programmi per il futuro. Si può costruire una rivolta morale, etica, perché questi uomini ti spingono a lasciare da parte l’indifferenza».
Presenti alla conferenza anche Monica Maggioni, Presidente Rai, e Mario Orfeo, Direttore Generale Rai, che si sono soffermati su come il servizio pubblico abbia il dovere di riproporre pezzi di storia del nostro Paese che hanno lasciato un segno indelebile.  
Per l’occasione la rete offrirà una ricca programmazione, con film e documentari distribuiti sui vari canali, come annuncia il Direttore di Rai Uno Andrea Fabiano, orgoglioso dell’impegno che l’azienda ha messo nel lavorare su «prodotti così nobili che riescono sempre a intercettare lo stato d’animo del Paese».
L’originalità dell’opera sta nel fatto di essere narrata dal punto di vista dell’agente Antonino Vullo, unico sopravvissuto alla strage, che, visibilmente emozionato, ringrazia tutti gli autori e i produttori per questo progetto. Il suo ricordo di Borsellino è particolarmente sentito e ha ancora la voce rotta dall’emozione quando si ritrova a raccontare l’episodio che l’ha coinvolto in prima persona: «Ci vado spesso in via D’Amelio. Preferisco andarci quando non c’è nessuno. Mi sento molto più libero quando sono da solo con loro. E ho quel senso proprio di liberazione, di stare assieme a degli amici, perché la mia vita un po’ l’ho persa in via D’Amelio ed è rimasta là assieme a loro. Se l’appoggio dello Stato fosse stato più forte – prosegue Vullo - forse sarebbe andata diversamente. Borsellino ha continuato a lavorare, con dedizione e moralità, ha cercato di renderci liberi da questo male che ci attanaglia da anni. Era l’uomo giusto per cambiare la Sicilia eAntoniovullo01 forse tutta la nazione. Quello che il giudice ci ha lasciato tocca tutti noi».
Un uomo, Vullo, sempre rimasto ai margini della vicenda, come afferma il regista Francesco Miccichè, che l’ha voluto al suo fianco per esporre quella verità da tutti sempre ricercata. Sugli attori Miccichè ha espresso parole di elogio, rivolgendosi a un «gruppo di giovani che all’epoca dei fatti non era ancora nato e non ha vissuto in prima persona, ma ha portato un’emozione enorme perché è stata sentita come una missione».
Infine il protagonista, Cesare Bocci: «La potenza di mescolare la realtà con la finzione dà sensazioni e sentimenti molto forti. Ho basato il mio lavoro sui tanti filmati che c’erano, volevo conoscere chi era lui prima della perdita del suo amico Falcone. Borsellino era un uomo allegro, positivo, che amava fare gli scherzi, e questo è confermato dalle tante immagini della vita privata, come quella di lui in bicicletta che ride e alza le dita in segno di vittoria. Il discorso di San Domenico in presenza degli scout è visto come il suo testamento di morte. Io dico che è stato predittivo della vittoria ai danni della mafia, è stato un risveglio delle coscienze dei tanti giovani che hanno dato vita alle associazioni che combattono la mafia».
Sulla vicenda di Borsellino, di Falcone e di tutti coloro che hanno portato avanti con coraggio e dedizione la propria battaglia è stato detto tanto, ma mai troppo. I pentiti di mafia nel corso degli anni hanno contribuito a portare alla luce alcuni punti oscuri della vicenda, ma, come ha sostenuto il giornalista Attilio Bolzoni, quello che servirebbe è un “pentito di Stato”, «per far affiorare una verità più completa su quello che è successo in Italia 25 anni fa».
Anche se le immagini della strage sono impresse nella mente di chiunque, durante la proiezione del film, nel rivedere la devastazione fisica e umana di quegli anni, la tensione era palpabile e la sala talmente silenziosa da far venire i brividi. E non per il freddo.

Fiorenza Petrocchi 18/07/2017