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“Nel Nome del Popolo Italiano” – Da settembre su Rai1 quattro appuntamenti tra passato e presente

Negli ultimi anni sempre più format televisivi e seriali hanno posto il mondo della criminalità organizzata al centro della propria narrazione, garantendosi così il successo presso un pubblico più o meno giovane. E se tutti, proprio grazie a prodotti di largo consumo come “Gomorra” o “Romanzo Criminale”, adesso sappiamo a memoria i nomi dei membri della banda della Magliana, pochi, soprattutto tra le giovani generazioni, possono dire di conoscere la vita o l’operato di figure come il giudice Vittorio Occorsio, ucciso per mano di Ordine Nuovo nel 1976; il presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, ammazzato dalla mafia nel 1980 (fratello del capo dello stato Sergio); l’economista Marco Biagi freddato dalle Nuove Brigate Rosse nel 2002; o ancora il capitano di fregata Natale De Grazia, avvelenato nel 1995. Questi gli “illustri sconosciuti” protagonisti di “Nel nome del Popolo Italiano”, un ciclo di 4 docu-film, presentato a Roma lo scorso 13 luglio, che andrà in onda su Rai1 in seconda serata dal 4 al 7 settembre 2017. Nel nome del popolo italiano
Dopo la programmazione dedicata al venticinquennale delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, la Rai, come sottolineato dal direttore di Rai1 Andrea Fabiano e dalla produttrice del progetto Gloria Giorgianni, continua quindi il suo percorso civile di recupero e conservazione della memoria nazionale, con uno sguardo decisamente rivolto alle giovani generazioni e scegliendo non a caso personaggi particolarmente emblematici di certi temi quanto mai attuali, se non addirittura di questi giorni, come la salvaguardia dell’ambiente nel caso di Natale De Grazia, la giustizia istituzionale nel caso di Vittorio Occorsio, la lotta alle mafie, il lavoro. Il risultato è un format narrativo che recupera il passato, senza perdere di vista il presente e nel far questo lascia da parte lo strumento tradizionale della fiction, forse fin troppo abusato sulle reti nazionali, a favore di quello più innovativo, specie se si guarda alla programmazione Rai, del documentario, impiegato in una particolare forma ibrida e crossmediale, che rimescola le carte del genere, coniugando giornalismo e drammaturgia. A questo particolare aspetto sembra rimandare infatti l’alternanza tra i materiali d’archivio, come ci aspetteremmo in un prodotto di questo tipo, e la presenza, all’interno di ciascun documentario, di altrettanti attori-narratori (Gian Marco Tognazzi, Dario Aita, Massimo Poggio e Lorenzo Richelmy), che accompagnano lo spettatore in questo percorso di Nel nome del popolo italiano Lorenzo Richelmy 1riscoperta di una parte fondamentale della storia nazionale. Ecco allora che il documentario così concepito assume i contorni di un genere nuovo, uno «spazio aperto» come lo definisce Wilma Labate, regista del docu-film dedicato a Natale De Grazia, «uno strumento del tutto sperimentale, rispetto al recinto ristretto della fiction».
Il prodotto finale, seppure si presenta all’insegna della pluralità dei punti di vista, privilegia sempre e comunque quello delle nuove generazioni. Da qui ad esempio la scelta di non intervistare l’attuale Presidente della Repubblica in merito all’omicidio di Piersanti Mattarella, andando piuttosto alla ricerca dei nipoti dei protagonisti di cui si racconta la storia. Il perché di questa scelta è riassunto bene da Gianfranco Pannone, regista del documentario dedicato a Vittorio Occorsio. «Credo anche che la storia italiana sia estremamente contraddittoria», dichiara, «e se non si permette ai giovani di capirla, questo Paese non potrà crescere come vorrebbe». Una frase che riassume la volontà, alla base di un’operazione di questo tipo, di spiegare alle nuove generazioni, senza pedanteria, senza scadere in un tipo di racconto che lo stesso Pannone definisce “in discesa”, di facile santificazione dell’uomo al centro della storia.
Ed è proprio allo scopo di permettere il dialogo con i giovani spettatori di oggi che si rende necessaria una figura come quella dell’attore-narratore. «Penso che il tipo di indagine che portiamo avanti qui sia un’indagine dell’anima», spiega a questo proposito Dario Aita, a proposito del suo coinvolgimento nel documentario dedicato a Piersanti Mattarella, «un’indagine incentrata cioè sulle ripercussioni di eventi del genere sui suoi parenti più stretti. E chi meglio di un attore è adatto ad un’operazione di questo tipo? Si è trattato di ascoltare, di diventare testimoni della storia e medium in carne e ossa, ponte tra la storia stessa e il pubblico, che vi accede quindi attraverso gli occhi dell’attore».
Resta da vedere se una produzione sicuramente interessante e dalla forte impronta sperimentale come questa avrà, in seconda serata, tutta l’attenzione che meriterebbe, soprattutto da parte di quel pubblico giovane che di questa operazione sembra essere il principale destinatario.

Desirée Corradetti
17/07/2017