“Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia”.
(Giovanni Falcone)
Ci sono luoghi che subiscono la condanna di sentir raccontare di sé sempre la medesima storia. È una storia che si incolla alle pareti degli edifici, ai mattoni delle chiese, alle espressioni della gente per strada. È una storia, ancora, che si disperde nell’aria e, nell’inchiostro dei giornali, supera i suoi confini e si trasforma in certezza. Così, tu dici Mafia e tutti ti rispondono Sicilia. Ma ancora c’è chi non si arrende a non raccontarla questa Sicilia, chi cerca ancora un modo per riferire un fenomeno come quello mafioso che ha mascherato un’isola sotto la coltre polverosa dei colpevoli ma che vuole mostrare anche le bianche pareti assolate delle sue città.
Nel 2013, esce nelle sale l’opera prima di Pierfrancesco Diliberto, conosciuto dal pubblico televisivo come Pif. Il film è La mafia uccide solo d’estate e narra l’educazione civile e sentimentale di un bambino di Palermo che, nonostante il bollettino quotidiano di vittime eccellenti, trova il tempo per innamorarsi. E farsi delle domande. A quel film si ispira l’omonima serie televisiva, in sei puntate, che andrà in onda in prima serata su Rai 1 da lunedì 21 novembre.
Coprodotta da Rai Fiction e Wildside, per la regia di Luca Ribuoli, “La mafia uccide solo d’estate” si fregia di un cast d’eccezione: Claudio Gioè, Anna Foglietta, Francesco Scianna, Valentina D’Agostino, Angela Curri e Nino Frassica.
Giovane protagonista della serie è Salvatore, interpretato da Edoardo Buscetta, il più piccolo di una famiglia semplice, i Giammarresi, nella Palermo di fine anni Settanta. Innamorato della sua compagna di classe, Alice (Andrea Castellana), non riesce a conquistarla nonostante i numerosi tentativi e i consigli di un mentore d’eccezione, il capo della squadra mobile di Palermo, Boris Giuliano (Nicola Rignanese) a cui il bambino si rivolgerà anche per sciogliere i suoi dubbi e le sue paure sulla mafia.
La voce narrante è ancora quella di Pif, ora nelle sale con un nuovo film, “In guerra per amore”: il “partigiano”, come si è voluto definire, emozionatissimo, durante la presentazione alla stampa della fiction. “La vedo come una forma di lotta”: fare de “La mafia uccide solo d’estate” una serie televisiva – ha dichiarato – permetterà a questa storia di raggiungere le case di tutti gli italiani e anche quelle dei mafiosi, che non conoscono il senso dell’umorismo. Leggerezza ma anche precisa documentazione, come ha precisato il presidente del Senato Pietro Grasso, anch’egli presente alla proiezione, che aveva già definito il film di Pif “il più bel film sulla mafia che abbia mai visto”. Un’amara ironia che ci ricorda quanto gli “eroi” di questa lotta per la giustizia non debbano mai perdere, nella memoria, il loro essere “persone che ebbero – precisa il presidente – il grande pregio di non arrendersi”.
I toni sono gli stessi del film ma la storia si snoda in modo diverso, grazie al lavoro di sceneggiatura a cura di Stefano Bises, Michele Astori e Michele Pellegrini (sotto la stretta supervisione dello stesso Pif). Ottimo il lavoro di regia di Luca Ribuoli che ha riportato l’inafferrabilità di una città come Palermo che si fatica a raccontare anche se tutti l’hanno già raccontata; una città che, però, non è tessuta di sola mafia: “ma sapevo che la differenza stava lì – dice – nella capacità o no di capire quel mondo”.
“La mafia uccide solo d’estate” (la serie) conserva lo stesso tono giocoso e sentimentale della pellicola da cui è tratto, disegnando con delicato lirismo anche figure grottesche che hanno nomi e cognomi noti: da Vito Ciancimino a Totò Riina. Una lotta tra il bene e il male, ma anche tra il male e il male, tra indifferenti e sospettosi, a scapito di chi, forse, si è ritrovato suo malgrado a fare la cosa giusta.
Federica Nastasia
16/11/2016