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“La Bella Addormentata” risveglia il ricordo di Lindsay Kemp

C’era una volta “La Bella Addormentata”. Una fiaba in tre atti versione teatrodanza: quella della Compagnia del Balletto del Sud, diretta da Fredy Franzutti e andata in scena dal 5 al 7 ottobre al Teatro Olimpico per la stagione della Filarmonica Romana. La musica classica e sognante di Pëtr Il'ič Čajkovskij accompagna ballerini provenienti da ogni parte del mondo e insieme narrano la storia di Aurora, nella trasposizione della favola “Sole, Luna e Talia” del romanziere campano Giambattista Basile.
La scenografia di Francesco Palma, semplice ed efficace, con finestre e cactus come disegnati su una tela da un bambino, rievoca il sud Italia, così come i costumi delle comari, che saltano e volteggiano qua e là sul palcoscenico, vestite di nero e con un fazzoletto in testa. Si è in Campania, in Puglia, in Basilicata, Molise o Sicilia. Che importa? Da subito ci si riconosce e ci si vede rappresentati, in una terra che è quella dei nostri nonni, dei nostri genitori o proprio la nostra e che profuma di casa.
Personaggi mediterranei, quelli di questa favola danzante, senza tempo e così moderni, che sprigionano a ogni movimento vitalità e colori, riscrivendo l’incredibile destino di una Principessa (Nuria Salado Fusté), dalla nascita fino al compimento del suo sedicesimo compleanno. Addormentata nel bosco per un incantesimo dal quale si risveglia grazie a un desto principe antropologo (Tsetso Ivanov).
Il lungo sonno in cui cade la bella Aurora è opera della fata Carabosse (Andrea Sirianni). Lo stesso ruolo fu ideato appositamente per Lindsay Kemp e da lui interpretato nella stagione 2005/2006. “La Bella Addormentata”, infatti, altro non è che un omaggio a questo unico danzatore, mentore di grandi artisti come Kate Bush e David Bowie, scomparso lo scorso 24 agosto. Inevitabile cercare – e impossibile trovare – le somiglianze, le sue espressioni dietro al viso truccato di Carabosse, i suoi gesti, i suoi movimenti sotto le gonne della fata, restando sempre sospesi, in attesa e desiderosi di una sua entrata in scena. Ma anche solo il ricordo della sua inimitabile interpretazione (proiettata su uno schermo, prima ancora dell’apertura del sipario) non fa altro che aggiungere entusiasmo e valore a un’esibizione corale, di giovani attori-danzatori instancabili, che diverte e commuove il pubblico di tutte le età. I personaggi ballano con disinvoltura ed energia, passando da un’epoca all’altra, dagli anni ’50 agli anni ’70, con un semplice schiocco di dita, un cambio d’abito e un passo di danza.
Se è vero che, come insegnava Lindsay Kemp, chi calca il palcoscenico ha la responsabilità di dare gioia a chi guarda, Fredy Franzutti ci è riuscito. Ricordando uno degli artisti più avanguardisti del secolo scorso, con una delle fiabe più classiche di tutti i tempi, il Balletto del Sud ha incantato il pubblico fino alla fine della storia. E, tra una pirouette e un grand jeté, vissero per sempre felici e contenti.

Silvia Lamia 08/10/2018

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