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Zombitudine al Teatro Elfo Puccini: un claustrofobico e martellante dialogo a due in chiave grottesca che affronta il tema della morte

Graffiante, claustrofobico, martellante, questi gli aggettivi di “Zombitudine” un dialogo a due, di e con Elvira Frosini e Daniele Timpano. Frosini – Timpano sono due rifugiati che si ritrovano in un teatro insieme al pubblico. Sembrano in attesa di qualcosa o qualcuno che forse li salverà o li annienterà. Stremati dall’attesa, i due personaggi tentano un dialogo con il pubblico, che non può far altro che ascoltare il loro sfogo, la loro ansia palese in un’attesa che li divora, nell’incertezza di quello che sarà di loro. Il tema dell’attesa, qui come Beckett docet con “Waiting for Godot”, induce i protagonisti ad esternare dubbi, incertezze, paure, in discorsi frenetici, al limite con il grottesco.
Ma attenzione, non si tratta di un testo lasciato all’esternazione casuale di battute che possono sembrare fuori contesto. La loro paura per qualcosa che non conoscono, ma sono consapevoli arriverà, li rende nevrotici, inducendoli a riflettere sulla quotidianità delle cose e del loro status. In questo spazio d'illusoria salvezza e resistenza attendono l’arrivo forse degli zombi. Qui scatta l’interrogativo più forte: non siamo forse zombi noi tutti? E la zombitudine non è forse la nostra condizione quotidiana? Sempre a metà tra la frenesia degli eventi che si susseguono vorticosi e la quotidianità claustrofobica e grigia, non distinguiamo più il pericolo dalla via di scampo e la vita da isolati non diviene forse consuetudine?
Dunque gli zombi sembrano voler rappresentare la proiezione della nostra fine, ma forse anche uno spiraglio di speranza, l’unico mezzo per la rinascita, l’unico canale alternativo al dominio dell’immensa filiale del Monte dei Paschi e delle grandi multinazionali. Ci si mette troppo a morire, anche se la vita come direbbe Frank Capra, è una cosa meravigliosa. Morire, come l’eternità, dura per sempre. Morire è faticoso, è già un lavoro, un colpo di fortuna. Stiamo scomodi perché non siamo ancora morti o forse siamo morti tra i morti? La triste verità è che siamo tutti morti in bare preventive, la speranza però sembra voler essere che l’unica rinascita fattibile per noi e la nostra società è una rinascita da zombi. Dunque l’inno dei due protagonisti è quello di unire gli zombi di tutto il mondo. Uno spettacolo divertente ma intriso di mille interrogativi dai quali altrettante sarebbero le riflessioni da fare. Il testo che sembra un’improvvisazione continua, è invece abbastanza strutturato e lo si nota dai riferimenti e dalle metafore che lo compongono. Esilaranti le mimiche facciali di Frosini e Timpano. Lo spettacolo di questi due irriverenti ma simpatici ed acuti attori, rimarrà al Teatro Elfo Puccini fino all’8 novembre.

ZOMBITUDINE
testo, regia, interpretazione Elvira Frosini e Daniele Timpano
scene e costumi Alessandra Muschella
ideazione e realizzazione luci Marco Fumarola e Daniele Passeri
luci Omar Scala, Matteo Selis
produzione Frosini/Timpano - amnesiA vivacE, Kataklisma
coproduzione Teatro della Tosse, Fuori Luogo, Teatro dell'Orologio / Progetto Goldstein, Accademia degli Artefatti
col sostegno del Teatro di Roma nell'ambito del progetto "Perdutamente"

Adele Labbate 08/11/2015