La storia del re Edoardo II d’Inghilterra, della sua vita, del suo amore contro natura per il giovane Gaveston, del loro triste destino, della loro dolorosa morte: tutto questo, e anche di più, e’ “Vita di Edoardo II d’Inghilterra” di Bertolt Brecht, andato in scena al teatro Vascello di Roma nell’ambito della rassegna” Le vie dei festival”, con la regia e l’adattamento di Andrea Baracco.
Su una scena asettica, essenziale, il regista presenta un sovrano che ha caratterizzato la storia dell’Inghilterra del 1300 e che eppure sembra vicino a noi, un uomo tra gli uomini, con i suoi tormenti, le sue passioni, i suoi ideali. Eccolo in scena sul suo semplice trono, in trepidante attesa del rientro in patria del suo amato protetto Gaveston, circondato da tre personaggi, coperti da ombrelli neri, che rappresentano dei veri e propri ostacoli ed impedimenti, che renderanno il suo amore impossibile: la legittima moglie Isabella, l’arcivescovo di Canterbury e Mortimer, un colto uomo di corte. Sullo sfondo un grande orologio colloca la vicenda in una Londra del 1300, rappresentando il suo più celebre simbolo ( il Big Ben), e segna l’inesorabile scorrere del tempo in cui si consuma quella che è la storia di un regno, di un amore impossibile, semplicemente di un uomo.
La gioia, la passione dei due giovani nel rivedersi e riabbracciarsi e’ sempre ostacolata dal frapporsi tra i due, anche fisicamente, dapprima dall’arcivescovo, simbolo dell’istituzione chiesa, che non può accettare questo amore contro natura, poi dal vecchio e colto Mortimer, emblema della cultura e quindi della morale tradizionale, e infine dalla legittima moglie, donna innamorata che non accetta di vedere che il suo uomo la trascuri per un altro uomo. I due innamorati cercano con tutte le loro forze di difendere il loro amore impossible, sfidando e ribellandosi alle norme imposte dalla religione, dalla società, e cercando di far prevalere l’unica legge giusta, quella del loro sentimento. Così il rifiuto del re al comando del parlamento di mandare in esilio Gaveston, rende inevitabile lo scoppio di una lunga guerra, a causa anche del malcontento e delle sommosse nate tra la popolazione.
Gaveston diventa, come affermato inoltre da Mortimer, la nuova Elena di Troia, colpevole di aver scatenato una lunghissima e cruenta guerra, ma anche di aver dato vita ad un capolavoro come l’Iliade. Lo spettatore si ritrova così intricato in questi tredici anni di guerra, proposti in scena con un ritmo concitato, mai banale, in cui il destino del povero Gaveston e’ purtroppo segnato e in cui gli intrighi di corte e le congiure di Mortimer hanno il sopravvento.
Il povero Edoardo però non si arrende e correndo e trascinando materialmente sul palcosenico il fardello del suo trono, combatte e decide di vendicare il suo amore, uccidendo l’arcivescovo, e quindi i valori religiosi, ma non Mortimer, che in virtù di emblema della cultura deve farsi testimone e tramandare ai posteri quella che sarà la nuova vita del sovrano: una tigre libera a contatto con la natura. Eppure Mortimer non farà nulla di tutto ciò, e anzi utilizzando uno stratagemma frutto del suo vasto sapere, determinerà la morte del re per garantire l’ascesa al trono del figlio. Di forte impatto risulta infatti la scena finale in cui la legittima famiglia reale, riconosciuta come giusta dalla società religiosa, civile e morale, si ritrova per la prima volta in scena, unita, avvolta in strati di cellofan, però il capofamiglia ormai è morto e quindi in un certo senso si celebra la sconfitta dei valori tradizionali.
Il classico elisabettiano di Marlowe, riscritto da Brecht, si mostra un prezioso serbatoio per indagare e parlare del contemporaneo. Il regista riadattando Brecht riesce con grande abilità, bravura e classe a descrivere il “ caos morale” di quei tempi, che sono in realtà molto vicini ai nostri. La storia di Edoardo avvenuta anni ed anni fa potrebbe benissimo avvenire oggi, essere collocata ai nostri giorni, determinando forse lo stesso scandalo. La tragedia del sovrano, non è solo la storia di un amore omosessuale, inconcepibile per quei tempi, ma è anche un’ analisi spietata sugli intrighi e le nefandezze del potere e della politica, dei suoi meccanismi subdoli, mettendo in evidenza le terribili conseguenze e gli orrori di un “governo dei sensi” che prende il sopravvento su quello della ragione.
Andrea Baracco riesce a proporre questa tragedia classica in chiave moderna e a renderla quanto mai attuale, vicina a noi, grazie soprattutto all’abilità e all’immensa bravura dei suoi attori e che vanno ad accentuare lo spessore dei personaggi, mettendone in evidenza la loro psicologia, le loro ragioni, i loro sentimenti, permettendo allo spettatore di essere completamente avvolto nel vortice della vicenda e di comprenderne i meccanismi che vi sono dietro. “Vita di Edoardo II d’Inghilterra” si rivela quindi la storia non di un re, ma di un uomo, o meglio di un’ intera società nel quale potersi ancora oggi rispecchiare e riflettere. Semplicemente una tragedia attuale.
Di Bertolt Brecht
Da Christopher Marlowe
Regia e adattamento: Andrea Baracco
Con: Mauro Conte, Aurora Peres, Gabriele Portoghese, Nicola Russo, Francesco Sferrazza Papa, Marco Vergani
Disegno luci: Javier Delle Monache
Assistente alla regie e costumi: Marta Genovese
Direzione di produzione: Alessia Esposito
Produzione: Teatro Franco Parenti- 369 gradi
Maresa Palmacci 26/09/2015