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Una, nessuna, centomila eroine: ecco le “Guerriere” di Giorgia Mazzucato

Angela. Eva. Franca. Tre donne, una sola interprete, la talentuosa e poliedrica Giorgia Mazzucato. Il suo spettacolo "Guerriere", da lei anche scritto e messo in scena al Teatro Argot Studio, racconta la Prima Guerra Mondiale in un modo ancora diverso da come è stata affrontata non solo sul palcoscenico teatrale, ma anche al cinema e in televisione. Ci racconta di una guerra che aveva reso l’Italia un paese di donne, che aveva portato loro i “pantaloni” ma che, ancora, le aveva scaraventate fuori dal focolare e messe tra le linee di produzione in fabbrica, ché “la vita bisogna farla andare avanti perché da sola non si muove”.
Ci colpisce la scrittura di “Guerriere”, la cura con cui le parole non sono scelte mai a caso per restare nello spirito dei tre personaggi e della loro classe sociale e culturale, nel loro punto di vista sempre femminile, ma sempre diverso. Le guerriere01“Guerriere” del titolo, parte del progetto “Dominio Pubblico - La città agli under 25”, si susseguono sul palcoscenico in tre aree distinte, con pochi oggetti di scena a caratterizzarle, e colpisce la sorprendente disinvoltura con cui l'interprete passa da un personaggio all'altro, dal riso al dramma, dalla durezza al sentimento.
Una narrazione dapprima divertente, che prende in giro la vita da caserma dal punto di vista di Angela, la ragazza che si traveste da uomo per andare a combattere in trincea. Un “maschiaccio”, che forse in realtà rimpiange e sente la mancanza degli affetti e della famiglia. “Che cosa racconterai Italia ai tuoi figli?”: un racconto che via via sfocia nell'aspetto più tragico della vicenda, nella drammaticità della guerra e su ciò che toglie, sempre molto più di ciò che fa conquistare. Un punto di vista maggiormente femminile è quello dell'albergatrice benestante Eva, che ha come miti la Regina crocerossina Elena di Savoia e la rivoluzionaria modaiola Coco Chanel: una donna di classe, presto vittima del suo stesso matrimonio con un austro-ungarico. Infine Franca, una socialista del popolo, compagna di partito di Mussolini, dal forte accento veneto: per rivedere sporadicamente il marito al fronte, diviene una portatrice carnica e per mantenere i figli a casa trova un doppio lavoro, uno dei quali come operaia in una fabbrica di armi.
La vita è una cosa grave giacché fa piangere le madri”. Ed ecco che è sempre la morte che riporta la guerra al suo stato naturale, quello della distruzione delle case e degli affetti a favore di affari di potere che miete vittime inconsapevoli. Eroi di vita e di morte, che si immolano per il recupero della normalità, come quelle portatrici carniche incarnate da Franca, pronte a tutto pur di riuscire a strappare un bacio ai propri mariti in trincea.
Una narrazione che, come ci insegnano le grandi produzioni, per raccontare la storia con la S maiuscola utilizza tre storie piccole, quotidiane, di persone comuni, ma che sono la più sincera rappresentazione della realtà. Un lavoro storiografico accurato, dove la storia si cuce e riadatta attraverso la drammaturgia e l’adattamento registico: perché non si può mai mentire al pubblico.
guerriere03La Mazzucato, in collaborazione con lo storico giornalista Aldo Cazzullo, ha lavorato seguendo le tracce delle fonti, dai diari alle lettere al fronte. Ne scaturiscono tre donne che nella realtà non sono esistite veramente ma le cui storie sono reali, di un tempo reale, passato, che si sgrana come un rosario, come “una collana di attimi”. Seguendo una tendenza propria anche della storiografia contemporanea, Giorgia Mazzucato porta in scena la Grande Guerra servendosi dei grandi nomi come il tappeto ritmico di una ballata. E così è per il generale Cadorna, e così è ancora per un giovane socialista dal nome Benito Mussolini: accenni di una quotidianità in cerca di una tregua dai libri di storia.
Ma la storia d’Italia, di quell’Italia giovane che respirava ancora l’aria di dominazione e che combatteva in nome di una patria fatta di “cugini acquisiti”, si faceva attraverso gli occhi dei tanti soldati senza nome al buio delle trincee. E delle donne, quelle che lottavano per mantenere intatti scampoli di famiglie separate dalla ragion di stato e di quelle che, inebriate dalla necessità di appartenenza al tricolore, al fronte si sono spese in prima persona.
“Guerriere”, però, ci racconta anche di quando la Regina Elena di Savoia, moglie di Vittorio Emanuele III, la “regina crocerossina”, trasformò il Quirinale e villa Margherita in ospedali, dei gas letali lanciati in trincea dagli austriaci, dei soldati ammutinati che venivano issati su delle picche ed esposti al fuoco nemico per risparmiare sui proiettili. Ma ancora, dei bordelli da campo in cui le donne avevano anche 150 coiti al giorni, sulle cui porte campeggiava un cartello in cui si invitava ad essere celeri, o di coloro che, come una delle protagoniste, Eva, vennero internate con l’accusa di essere “austriacanti”, solo per aver mantenuto, dopo la separazione dall’ex marito, un cognome che suonava troppo tedesco.
“Guerriere” è una storia di sacrificio, di eroine invece che di eroi di guerra. Una storia già sentita, eppure inedita, soprattutto per le generazioni a venire.

Federica Nastasia, Federico Vascotto 04/06/2016

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