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Una casa di bambola: l’eterno gioco dell’uomo e della donna

Un salotto accogliente con pareti rosa, porte bianche e un albero di Natale. Così si presenta al pubblico lo spazio scenico dello spettacolo “Una casa di bambola”, per la regia di Andrée Ruth Shammah, in scena al teatro Argentina di Roma dal 7 al 19 febbraio. La regista, riprendendo il testo di Henrik Ibsen del 1879, presenta al pubblico una profonda indagine sull’eterno confronto tra uomo e donna e, nello specifico, quello tra marito e moglie.
Torvald Helmer (Filippo Timi) è un avvocato dai forti principi morali che vive seguendo un’unica regola: non si fanno debiti e non si chiedono prestiti. Ha sempre lavorato duramente e la sua fatica sarà premiata con la nomina di direttore della banca. In questo modo Helmer potrà assicurare alla propria famiglia una vita agiata e viziare la moglie Nora (Marina Rocco), una donna apparentemente ingenua che si comporta come una bambina. Gli unici obiettivi di Nora sono fare acquisti e mangiare dolci di nascosto perché suo marito non vuole. Ben presto si scoprirà che questa dolce creatura nasconde al suo consorte un segreto che farà barcollare la sua fiducia. La donna, infatti, per salvare la vita del marito si trova costretta a falsificare una firma e a farsi prestare dal procuratore Krogstad (sempre Filippo Timi) del denaro per effettuare un viaggio al sud. Da quel momento Nora cade nella rete del ricatto. Torvald scopre tutto e indignato decide di non voler vedere la moglie e di toglierle i figli, perché questi, da grandi, potrebbero diventare bugiardi come la madre. Si sa che i mostri sono creati da altri mostri. Improvvisamente, quando tutto sembra essere perduto, la signora Linde (Mariella Valentini) amica di Nora convince il procuratore a non ricattare più la famiglia Helmer. Sembra tutto risolto, Torvald può considerarsi salvo e decide di perdonare la moglie.
Qualcosa però è cambiato nella signora Helmer. La fragile donna dà avvio a una profonda riflessione sul suo ruolo di moglie e di madre. Una vita da eterna bambina quella vissuta da Nora, un ruolo che ha sempre interpretato per Filippotimi2divertire prima il padre e poi il marito. La donna per la società deve essere una creatura sensibile in grado di intrattenere l’uomo, ciò diventa un successo se riesce a farlo senza pensare. Una sorta di giocattolo costretta a un’apparente felicità chiusa in una casa di bambola. Nora finalmente realizza di non aver mai capito nulla della sua vita e di non aver mai vissuto veramente. Alla luce di questa sua amara scoperta, decide di abbandonare tutto e tutti per poter imparare a vivere senza finzioni e uscire finalmente da una "realtà apparente" fatta di giochi, canti e momenti di falsa felicità. Bisogna prima saper essere in grado di vivere e di stare bene con se stessi per riuscire a far star bene gli altri. Questo è l’insegnamento che Nora apprende amaramente.
L’affascinante studio senza tempo sul rapporto tra uomo e donna, tra marito e moglie e sul ruolo della donna nella società, viene portato sulla scena con una sorta di crudele semplicità. Si tratta di quella semplicità che si vive quotidianamente tra le mura domestiche di tutte le famiglie del mondo e che nasconde sempre oscuri segreti.
In una casa di bambola, così come nella vita vera, nulla è come sembra. Quello di Nora è un personaggio in continuo divenire. In un primo momento è una giovane donna fragile e ingenua, in grado di trasformarsi in una truffatrice spietata pur di salvare il marito. Un gesto generoso, ma pur sempre illegale. Una donna scaltra che riesce a tenere in mano le redini del gioco, manipolando il marito per soddisfare tutti i suoi capricci ed esercitando il suo fascino sull’amico di famiglia, il dottor Rank (Filippo Timi al cubo). Nora riesce a manipolare anche lo spettatore costringendolo a diventare un suo complice e facendosi promettere (l’attrice si rivolge direttamente alla platea) di testimoniare a suo favore. Torvald è un uomo che non si piega ai compromessi, ma subito dopo diventa un accusatore spietato in grado di condannare la donna che ama per una firma falsa. I personaggi mutano così come mutevole è la natura dell’essere umano. Sul palco questa evoluzione viene perfettamente rappresentata da Filippo Timi che, senza rompere mai il naturale ritmo degli eventi, riesce a vestire i panni di tre personaggi diversi. Gli attori, che non si risparmiano mai per tutta la durata dello spettacolo, attirano l’attenzione del pubblico, grazie a un dialogo fatto di sguardi. In questo modo lo spettatore diventa quasi parte integrante della scena ed è costretto a una profonda riflessione. È un conflitto eterno e senza soluzione quello tra l’universo maschile e quello femminile, due universi incompatibili che continuano disperatamente ad avvicinarsi senza mai toccarsi.

Marilisa Pendino 10/02/2017