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“Truculentus”: Vincenzo Zingaro riattualizza la commedia plautina con una messinscena dalle note classicamente moderne

Appena il sipario del Teatro Arcobaleno di Roma si dischiude, un allestimento curato e chiaro nei riferimenti catapulta lo spettatore in uno sconosciuto paesino del sud Italia, presumibilmente in un periodo storico che si aggira intorno agli anni ’30, anni di profondo mutamento socio-culturale, in cui l’Italia si trova ad affrontare il tragico e ancora ignaro passaggio dall’una all’altra Guerra Mondiale.
Nulla, ancora, fa presagire che lo spettacolo che sta per cominciare abbia lontanamente a che vedere con una delle commedie di un autore altrettanto distante dal nostro tempo. E, invece, il “Truculentus” di Vincenzo Zingaro è l’adattamento di una delle opere del commediografo più illustre di sempre, Plauto, nato e vissuto in un’epoca della cui esistenza, oggi, possiamo averne notizia solo tramite i libri di storia. L’omonima commedia plautina, sebbene ritenuta una delle più avvincenti e riuscite del Sarsinate, è stata raramente rappresentata in tempi moderni e questo suffraga maggiormente il lavoro di Zingaro, conferendo al suo adattamento uno straordinario senso di contiguità con l’opera di Plauto.
Il regista trasferisce tutti i caratteri della commedia plautina in una vicenda che, temporalmente parlando, è molto più vicina ai nostri giorni rispetto all’epoca nella quale tale opera fu scritta ma che, dal punto di vista dei temi e degli intrecci in essa contenuti, non si è mai discostata radicalmente da quelle che sono le naturali inclinazioni e disposizioni d’animo dell’uomo di tutti i tempi.
Truculento, nel rifacimento di Zingaro, è il soprannome di un anziano e apparentemente scorbutico locandiere che porta avanti la sua umile attività nella tranquilla quotidianità del paese, con l’unica fuorviante eccezione di un altro tipo di locanda, situata proprio di fronte alla sua, quella della meretrice Anastasia, donna eccentrica e selvaggiamente attratta dall’odore dei picciuli. La vicenda, però, ha come protagonista l’affascinante e irresistibile Frenesia, donna di facili ma allettanti costumi per chi, come il giovane squattrinato Capatosta, è stato irretito dalla sua femminea veemenza. Ma egli non è il solo a procacciarsi l’amore della prostituta, perché a farle la corte si accodano anche Orbo, giovane dagli incontrollabili istinti sessuali e il savio quanto sprovveduto Generale il quale, a scapito degli altri due pretendenti, riesce a strappare la bella Frenesia al loro ostinato corteggiamento. Ben presto, però, si scoprirà che all’irresistibile bellezza di Frenesia, causa delle rogne di tutti e tre i suoi pretendenti, corrisponde un’eguale e diabolica scaltrezza che diverrà, di contro, la causa dei suoi stessi mali.
Tra imprevedibili colpi di scena e divertenti e commoventi dialoghi, scopriamo di non essere poi così lontani da una storia vecchia millenni. Vincenzo Zingaro e la sua eccezionale compagnia di attori riescono a fondere, in una classicità d’altri tempi, caratteri e profili umani tipicamente moderni.
Plauto non è mai stato così vicino a noi.

Chiara Paladini 07/03/2016

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