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I “Tradimenti” di Pinter: Sinisi e le sue parole illuminate

TREVI – “Amo il tradimento, ma odio il traditore” (Giulio Cesare).

Ha quarantacinque anni ma non li dimostra il testo autobiografico di Harold Pinter. Sarà perché il tema è antico come la creazione del mondo e soprattutto attuale in ogni epoca che l'Uomo ha calcato. Ma non solo di tradimenti vive l'uomo, per scacciare la noia, la routine, per sentirsi vivo, per fuggire alla monotonia, per credere di avere ancora aperte porte e vie di fuga; “Tradimenti” (prod. Elsinor; visto al Teatro Clitunno di Trevi della nuova direzione composta da Teatro Belli, Teatro di Sacco, Magazzini Artistici e Povero Willy) parla anche di illusioni, di delusioni, di fiducia, 2ab502c53858be546cac9183230d91cd_XL.jpgdella consapevolezza della rottura e dell'andare avanti comunque, per senso di responsabilità, per pigrizia, per consuetudine, per buonsenso, per l'alibi della famiglia, di amore e di amicizia. Qualche anno fa la drammaturgia pinteriana fu messa in scena, in Italia, da Andrea Renzi con Nicoletta Braschi. Strana coincidenza qui in scena, oltre al regista Michele Sinisi (che ci fa entrare nel suo immaginario di parole e musica sempre accattivante e affascinante) e a Stefania Medri, ecco Stefano Braschi, e nessuna parentela con la compagna di Roberto Benigni, ormai costituzionalista. Quello che subito colpisce è il grande monolite (le scene sono sempre del fidato compagno di Sinisi & Co, il curioso e arguto Federico Biancalani), che sembra pesantissimo e di ferro arrugginito (in Sinisi ogni dettaglio che appare superficiale e occasionale trova una sua apertura e illuminazione, niente è casuale, tutto è accurato e studiato e pensato e preciso), con intagliate e intarsiate, come un immenso cruciverbone, le parole che si accenderanno per sottolineare i vari capitoli, scene o quadri, nei quali è suddivisa (nove gli step) la piece. Ed è un cadere all'indietro, una corsa retroattiva dalla fine fino agli albori di questa storia clandestina, durata sette anni, e ripercorsa dal '77 al '69 tra doFoto-locandina-Ph-Luca-Del-Pia-scaled.jpglcezze e acredini, voglie e impotenze.

I mariti sono ottimi amanti, soprattutto quando tradiscono le mogli” (Marilyn Monroe).

Tre i momenti più interessanti di una messinscena comunque sempre foriera di botole segrete, epifanie, passaggi, particolari: la caduta del fondale che, proprio perché sembrava in ferro, genera un leggero sgomento prima del suo schianto, poi risultato innocuo, ma che alza un grande polverone che investe la platea ma che in realtà è talco appositamente sparso sul palcoscenico (la cenere sui rapporti, il pulviscolo depositatosi nel tempo sulle cose e sui rapporti); la grande testa di cervo (che porta il “cornuto”) che, una volta poggiata sul tavolo, come se agonizzante, continua a sbavare moribondo angoscioso sembra ancora ansimante; il finale con la lunga carrellata di canzoni (altra cifra stilistica riconoscibile nelle regie del registateatro.it-tradimenti1-ph-luca-del-pia.jpeg pugliese) con lo stesso Sinisi con le cuffie, estraniato dal mondo, quasi a ripercorrere l'iconica scena del “Tempo delle Mele” ma qui in perfetta solitudine. “Dietro ogni uomo di successo c'è una donna, e dietro di lei sua moglie” (Groucho Marx).

Le parole sembrano materializzarsi indicandoci il tempo dell'azione e lo spazio dove siamo e dove i fatti sono accaduti come in una spy story, come dentro la scena di un delitto, come a rintracciare i particolari, scovare il momento, le crepe nei ricordi, l'inizio della tempesta, l'incipit e il germe della fine. Ogni affresco è un confronto dialettico tra i tre in tutte le possibili dinamiche (cast affiatato, Braschi solido, intenso, brillante e sfaccettato, Sinisi comprensivo, lunare, violento, provocatore e acido, Medri sirena-ago della bilancia), Tradimenti-Ph-Luca-Del-Pia-teatro-fontana-milano.jpguno scontro di posizioni e visioni e prospettive, litigi, collisioni, combattimenti. Perché le fratture insanabili hanno la loro genesi da piccole mosse sul momento ritenute insignificanti e che invece, come goccia cinese, scavano a fondo insistentemente finché, come acqua cheta, fanno cadere i ponti. Due amici intimi e la moglie di uno dei due che è amante dell'altro da diversi anni; ma non basta: il marito tradito ha continuato a vedere e frequentare l'amico anche dopo che la moglie gli ha confessato la lunga relazione. Cadono i castelli di sabbia, si sfilaccia ogni scusa accampata, ogni bugia architettata, ogni escamotage creato ad arte per vedersi di nascosto proprio perché il marito ne era a conoscenza. Con questo svelamento si sfalda proprio il tabù e il senso stesso del nascondimento, della colpa, dell'infingimento, con le carte palesi sul tavolo si sbriciola il furtivo (credutosi anche furbo) e rimane soltanto l'amaro, lo squallido, il fango. Alla fine ne escono tutti perdenti. Il castigo per chi tradisce è essere perdonato.

Tommaso Chimenti 18/02/2023

Foto: Luca Del Pia

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