“Più di tutti ha superato i confini e come Leonardo ha indagato la realtà, reinventandola”. È uno stralcio della stringata introduzione (in linea col carattere schivo del regista) di ieri sera, fatta dal direttore del Teatro Argentina, Antonio Calbi, durante il quarto dei sei appuntamenti della rassegna “Roma per Ronconi”. E più concisa è stata l’altra curatrice, Roberta Carlotto, amica e collega del regista di Susa, con cui nel 2002 ha fondato il Centro Teatrale Santa Cristina di cui tuttora è presidente: “Non mi voglio dilungare. Siamo qui stasera con la voglia di stare con Luca ancora un po’”. E con Luca ci siamo stati davvero ancora un po’, grazie all’essenziale omaggio costruito con frammenti dei suoi spettacoli, interpretati dai suoi attori. Vale a dire un montaggio cronologico di pezzi teatrali composti a leggio, diviso in due parti, con coordinamento di Daniele Salvo. Un appuntamento che ha stimolato il popolo teatrale della capitale, che ha gremito l’intera struttura di Largo Argentina fino a esaurimento posti.
Ha cominciato Massimo Foschi con “Orlando Furioso” (1969), che consacrò Ronconi in Italia e all’estero. Ha terminato Fausto Cobra con “Lehman Trilogy” (2015), il suo ultimo sontuoso lavoro. Tra questi due poli sono passati molti mostri sacri. Giusto per citarne alcuni, Luciano Virgilio e la moglie Annamaria Guarnieri con “Fedra” (1984) e “Nella gabbia” (1991), l’applauditissima Franca Nuti con “Le tre sorelle” (1989) e “Donna di dolori” (1992), gli istrionici Umberto Orsini e Daniele Salvo, rispettivamente con “Affabulazione” (1993) e “Pilade” (1993), l’acclamatissimo Massimo Popolizio con “Verso Peer Gynt” (1995) e “La vita è sogno” (2000).
Una serata non solo per omaggiare uno degli artisti più originali, visionari e innovativi degli ultimi dieci lustri ma anche per preservare e tramandare il suo prezioso lascito. Un lascito - come ha riportato il messaggio di commiato nel finale proiettato sullo sfondo - di un uomo che “è stato unico nel rivelare la meraviglia dell’ordinario. Fra i pochi a essere riuscito a ricomporre la frattura fra scienza e creatività, indagine e necessità, invenzione e verità. È per questo che oggi Ronconi ci appare come il vero Leonardo della scena italiana e internazionale”.
(Mirko Vitali)