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Mito: dal greco “mythos”, ossia “favola, racconto”. Il mito è una storia volta a ordinare, dare un senso alla realtà, rafforzare una morale e fornire a un popolo una causa in cui credere, attraverso le parole e il coinvolgimento emotivo. Cosa succede se il mito viene smontato, svuotato del suo fine originario e infine ricostruito da un punto di vista inusuale? Accade che ci si trova davanti ad un’opera postmodernizzata, la quale tramite un sottile straniamento vuole indurre lo spettatore a riflettere sulla sua stessa condizione di individuo posto in una società.

Ecco, quindi, che un essere mostruoso, simbolo di brutalità e impulsività, metà uomo e metà toro, si rivela più innocente e sensibile degli umani stessi. Mentre quest’ultimi usano la ragione e l’inganno per compiere atti di pura crudeltà. È all'incirca la trama della ballata “Il Minotauro” del drammaturgo e pittore svizzero Friedrich Dürrenmatt, da cui lo scrittore francese René De Ceccatty e il regista Giorgio Ferrara, direttore del Festival di Spoleto dal 2007, hanno tratto il libretto per l’opera lirica omonima ed inedita che ha aperto l’edizione 2018 del Festival dei Due Mondi, andata in scena il 29 giugno e il 01 luglio al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti.553688828062018202624

Teseo non è più l’eroe che vince coraggiosamente sulla feroce bestia, aiutato dall’astuta Arianna, bensì colui che imbroglia e tradisce, con la sua complice, un animale umanoide rinchiuso, per colpe non sue, in un mondo fatto di illusioni ed inganni. Eppure è il Minotauro ad essere temuto e osteggiato dalle vittime ateniesi che gli vengono, a sua insaputa, sacrificate. Lui, che per tutta la sua vita non ha conosciuto altro che il suo riflesso nel labirinto di specchi costruito da Dedalo, scambiando quelle infinite creature per sue identiche compagne, scopre la menzogna che si cela dietro una mano tesa mentre l’altra nascosta stringe un’arma pronta a ferirlo: la consapevolezza di non essere amato perché diverso da quegli altri esseri viventi che lo respingono con odio e paura porta il Minotauro a prendere amaramente atto di essere da solo e intrappolato. La comprensione della sua condizione lo porta a soffrire, rivelandone l’aspetto più umano e vulnerabile. A tal punto da non riconoscere la spietata falsità di Teseo e di Arianna che lo condurrà alla morte.
Da carnefice a martire, il Minotauro diventa il mostro che ognuno ha dentro, quella parte istintuale e passionale con cui l’uomo moderno non ha mai fatto davvero pace, l’unica che potrebbe portarlo a capire davvero la sua essenza e quanto lo circonda.

Un’opera affascinante, resa ancor più coinvolgente dalla precisa ed appassionata messa in musica di Silvia Colasanti, Ufficiale della Repubblica dal 2017 e nome affermato del panorama musicale contemporaneo internazionale, definita da Giorgio Ferrara «il Mozart italiano». La non facile esecuzione della partitura è stata affidata all’Orchestra Giovanile Italiana, guidata dal Maestro Jonathan Webb, mentre tre giovani e valenti cantanti, tecnicamente ineccepibili, hanno interpretato i tre protagonisti: il baritono Gianluca Margheri (Minotauro), il soprano Benedetta Torre (Arianna) e il tenore Matteo Falcier (Teseo).
553688828062018202652Nota di merito per i ragazzi diplomati dell’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico, i quali hanno impersonato le vittime ateniesi, rivelando doti mimiche efficientissime. Non da meno anche i membri dell’International Opera Choir, coro composto da giovani cantanti di tutte le nazioni, fondato nel 2014 da Gea Garatti, Altro Maestro del Coro presso la Fondazione Teatro dell’Opera di Roma, ai quali è affidato il ruolo del Coro degli Uccelli, sorta di modernizzazione del coro greco che sottolinea e commenta le azioni in scena, sistemato con l’Orchestra in buca. La scena sobria, semplice, il cui perimetro è delimitato dagli specchi, forieri di illusioni confezionate dagli uomini, è stata ideata da Ferrara. Vincent Darrè ha firmato, invece, i fantasiosi, surreali costumi.

Chiara Ragosta, 02/07/2017

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