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Come rendere attuale un testo come Romeo e Giulietta, che da centinaia di anni riempie le platee dei teatri di ogni parte del mondo come fosse stato partorito ieri? L’impresa non è semplice, e comporta più rischi che benefici. L’originalità spesso non è un aspetto che contraddistingue il teatro quando si cimenta in mostri sacri come questo, ma ci si può riuscire introducendo elementi che parlano al nostro tempo, e che ogni spettatore in sala può sentire come suoi. Ci prova Selene Gandini, attrice e interprete di Giulietta, che alla sua prima regia sceglie il classico dei classici per dare il suo contributo allo “svecchiamento” di un testo che, per quanto non smetta mai di comunicare, inizia a sentire il peso della sua età.

Lo spettacolo, in scena al Teatro Ghione di Roma dal 12 al 17 marzo, è un coraggioso lavoro di presentazione al pubblico di un prodotto che molti in sala avranno sicuramente visto in più versioni, e quindi doppiamente ammirevole. Il risultato però non è quello che ci si aspetta, e delude progressivamente il pubblico in sala, che viene catapultato dalla regista in una sorta di opera rock, in cui la musica ha il vero e proprio ruolo di colonna sonora permanente, le coreografie e i duelli sono studiate e curate nei minimi dettagli, e i protagonisti portano dall’inizio alla fine una pesante maschera di trucco nero intorno agli occhi, dettaglio che ricorda molto l’estetica del film Il cigno nero di Darren Aronofsky.

La scelta della regista di affidare l’impegnativo ruolo di Giulietta ad Agostina Magnosi, attrice appena quattordicenne, convince a tratti. L’inevitabile acerbità della sua interpretazione, livellata dalla regia su un tono monocorde, estremamente calcato e quasi gridato, in alcuni momenti si rivela però una scelta azzeccata. Il tono fresco, dinamico e giovane (per davvero, non per finta come nelle interpretazioni di alcune Giuliette trentenni) del monologo del balcone, ad esempio, colpisce per la sua genuinità. Non riusciamo a immaginare niente di più vero di una bambina che, su un’altalena, pensa al suo amore appena incontrato, e che dà al testo shakespeariano una vena di autenticità che ben si sposa con l’attualità dei sentimenti adolescenziali.

Federico Occhipinti (Romeo), possiede una vibrante energia interpretativa, dimezzata, come per gli altri attori, dal bavaglio del trucco nero, che non riesce a liberare la potenzialità espressiva degli occhi. Mercuzio (Matteo Fiori) e Benvolio (Francesco Buttironi), espressione commovente dell’amicizia, sono incarnati con “scapestrata” grazia e ironia, ma la loro bravura non riesce a superare l’impianto declamatorio dato dalla regia, che livella e appiattisce le loro differenze. Le interpretazioni degli altri attori, soprattutto degli “adulti” sono, probabilmente per volontà della Gandini, troppo calcate e quasi macchiettistiche: la vena comica della nutrice (una bravissima Caterina Gramaglia) viene esasperata fino allo stremo, esaurendo qualsiasi potenzialità già dopo le prime scene e finendo per guastare il climax di drammaticità delle scene finali.

In generale, nelle interpretazioni degli attori si legge una forte energia, canalizzata però dalla regia nella declamazione che tende spesso al manierismo, appiattendo la sinusoide emozionale del testo shakespeariano e rintronando lo spettatore, che a stento riconosce, in quei versi gridati, le parole del Bardo.

La scenografia, minimale e costituita solo da teli bianchi sollevati a destra e a sinistra del palco, con un muro di corde calate dall’alto sul centro, non viene sfruttata fino in fondo, dando l’impressione che siano lì solo per volontà di non presentare una scena completamente vuota. Il fondale, che imita la volta del cielo con l’ausilio di belle luci, è invece sfruttato in maniera suggestiva.

Romeo e Giulietta, nella versione della Gandini, funziona e regge bene nel primo atto, per poi subire un’ingiustificata accelerazione nel secondo, portando a numerosi tagli del testo (perché tagliare la bellezza delle ultime frasi dei due amanti sui rispettivi corpi esanimi?) e dando la sensazione che la verve creativa, estremamente vivace nella prima parte, si sia spenta. L’ultima scena regala però un colpo di coda emozionale che fa tirare un sospiro di sollievo: entrano in scena i due attori bambini del coro, Elvira Scalzi e Luca Alfonsi, si danno la mano davanti ai due amanti morti, si incamminano verso il fondale che si fa nero come la notte.

Un finale che ricorda Giulietta e Romeo di Roberto Piumini, in cui l’autore fa incontrare i due piccoli innamorati dopo la morte, per farli giocare a rincorrersi per l’eternità intorno alle colonne e agli angoli della città che li ha condannati a morte. L’infanzia salva il mondo, dunque, nello spettacolo di Selene Gandini, oltre a risollevare lo spettacolo stesso: i due piccoli alter ego di Romeo e Giulietta sono la vera, genuina, idea originale che la regista regala a questo testo.

 

Giulia Zennaro, 13/3/2019

E' andato in scena al Teatro Verdi fino al 13 maggio l’acclamato musica “Romeo & Giulietta. Ama e salva il mondo”, prodotto da David e Clemente Zard e diretto da Giuliano Peparini con le sorprendenti coreografie di Veronica Peparini e i vivaci costumi di Frédéric Olivier, vincitori del premio Oscar del Musical nel 2015. Sul palco Giulia Luzi nei panni di Giulietta, Davide Merlini come Romeo, Luca Giacomelli Ferrarini, Riccardo Maccaferri e Gianluca Merolli nei ruoli di Mercuzio, Benvolio e Tebaldo. È il dramma di Shakespeare messo in musica a favore di una fruizione contemporanea che diffonda un classico immortale tra i giovani appassionati delle arti performative, dal teatro alla musica. romeo giulietta3 minAlta qualità nel canto e nella danza resa grazie a un espediente vincente, quello di scegliere talentuosi cantanti/attori e dividerli da quello che è il corpo di ballo. Ognuno porta in scena la propria specialità contribuendo a un risultato finale che lascia senza parole. Oltre alle cristalline e potenti voci dei protagonisti, ma anche dell’intero cast, portatore di una perizia tecnica non scontata, è sorprendente la voce rock di Luca Giacomelli Ferrarini, interprete di un Mercuzio ancor più trasgressivo e affascinante. Una nuova frontiera nel mondo del musical che incrementa il proprio repertorio fatto di titoli come “Tutti insieme appassionatamente”, “La febbre del sabato sera” e “Grease” per aprirsi a produzioni inedite, segno di un genere non esaurito ma in continuo rinnovamento. I versi del noto drammaturgo inglese passano dalla poesia alla musica; il costumista adotta la moda del Cinque-Seicento per trasformarla, plasmarla e avvicinarla al gusto contemporaneo aggiungendo jeans, tulle ed effetti vedo/non vedo che rivelano tatuaggi e fisici statuari. La scenografia è minimal ma animata da proiezioni video: tre pannelli girevoli sullo sfondo, porte laterali su due piani che fungono da quinte e da balcone, una quarta parete come porta che si apre e si chiude mostrando e celando lo spazio scenico. Le coreografie sono l’apoteosi della modern dance con elementi presi dalle danze di strada come la break dance.Romeo giulietta musical1 min

Danzatori e acrobati rappresentano le fazioni rivali dei Montecchi e dei Capuleti, un gruppo soprattutto maschile che mette in danza la lotta, la trasgressione, l’odio e l’amicizia. Il versante femminile è specchio e moltiplicazione della personalità di Giulietta, ora ingenua, ora ribelle e grintosa, ora presunto fantasma. Un’ondata di novità firmata in primis da Veronica Peparini che, come afferma la protagonista Giulia Luzi si è superata in questo rivisitato allestimento del musical. La grinta si veste di colori nuovi soprattutto nella scena della festa che da una parte riprende la vivacità del film di Baz Luhrmann “Romeo + Giulietta”, dall’altra rimanda a un’esuberanza che è propria di “The Rocky Horror Show”. Burattini e automi dominati da chi è al potere, abbigliati in modo stravagante e capaci di un coraggio inedito e che tuttavia non sembra essere farina del loro sacco. La drammaturgia è fedele all’originale shakespeariano ma i costumi e i movimenti, oltre alle canzoni in stile pop che ricordano un po’ la colonna sonora di “Notre Dame de Paris” firmata Riccardo Cocciante, catapultano la storia in un colorato presente e avvicinandola al pubblico contemporaneo. Quest’ultimo rilegge “Romeo e Giulietta” in modo inedito, ritrovando nel plot argomenti che caratterizzano la nostra attualità: l’odio per quello che crediamo sia diverso da noi, il pericolo dell’ira, l’omosessualità, la violenza sulle donne. I tempi sono cambiati ma questi pregiudizi ormai arcaici infestano il nostro quotidiano con irruenza invisibile e ormai immotivata. Per citare Virgilio, l’amore vince su tutto: con spirito didascalico e toni etici, si insegna che l’amore è la chiave di risoluzione; se non riesce a risolvere i conflitti di una generazione di vecchi conservatori, lascia una luce di speranza.

Benedetta Colasanti 14/05/2018

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