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Lunedì, 08 Maggio 2017 06:34

"Per un pelo" non mi hanno arrestato

VALENCIA - Dal parrucchiere, tra le chiacchiere inutili e frivole, i giornaletti scandalistici e gossippari, sotto il caldo del casco per la permanente, nascono le confessioni, anche quelle più imbarazzanti, più nascoste, più segrete. Amori, tradimenti e, perché no, delitti. Tra una limatura di unghie e i capelli cotonati, tra uno shampoo schiumoso e un balsamo morbidissimo, tra una piega e un taglio, tra forbici, pettini e phon può scapparci il morto, può capitare un omicidio.
È quello che succede nel colorato “Pels Pels” (a firma del drammaturgo tedesco Paul Portner; visto al Teatro Talia di Valencia) dove in un negozio di parrucchiere si ritrovano lo stereotipo del pels1proprietario omosessuale (fa un po’ “Vizietto”), l’aiutante shampista (somiglia a Amy Winehouse), un antiquario e una ricca signora anziana. A completare il quadro due poliziotti, commissario e ispettore, ovviamente come nei gialli che si rispettino, a indagare, scavare a fondo, fare domande, cercare di trovare il colpevole. Ma qui siamo di fronte ad un noir interattivo dove nella prima parte si mettono sul piatto i caratteri dei personaggi e le domande pungenti degli uomini in divisa, mentre nella seconda trance è proprio il pubblico, la platea stessa che si trasforma in un detective con la possibilità di fare domande in un vero e proprio interrogatorio senza pause ai diretti interessati sulla scena. Agatha Christie e Simenon, Derrick e Kojak, deduzioni e brividi. Sembra di essere immersi in uno di quei fumetti con le storie a bivio, a scelta multipla, dove si è “padroni” del destino della pièce ed abbiamo il potere di spostare l’ago della bilancia, di far pendere verso l’arresto il personaggio che ci ha convinto meno e quello che non è stato capace di provare, anche con la simpatia l’esuberanza e l’effervescenza, la sua innocenza.
pels3In spagnolo sarebbe “Per los pelos”, per un pelo, dicono le varie figure in scena se sono scampate all’arresto e alla gogna della platea. Si buca la quarta parete ed eccoci anche noi protagonisti, ognuno con la sua perplessità e punto interrogativo da dover essere soddisfatto, ognuno con i propri crucci e passaggi che non ha ben capito nella costruzione degli accadimenti e vuole vederci più chiaro stuzzicando i sei sul palco. E il bello è che l’assassino (visto che esistono più finali pronti all’uso) è scelto democraticamente dal pubblico per alzata di mano. I quattro si mettono in fila come ne “I Soliti Sospetti” e gli pels4spettatori votano chi, secondo loro, possa essere il colpevole e possa aver commesso l’efferata uccisione della nota pianista che abita al piano di sopra. Chi la voleva morta per invidia, chi perché suonava tutto il giorno, chi per la sua invadenza, chi per le sue finanze. Tutti hanno un movente potenziale. Qualcuno potrebbe essere, o essere stato, amante di un altro personaggio in campo, si ipotizzano storie lesbiche e pesa come un macigno la grossa eredità dell’artista.
L’interrogatorio è la parte più divertente; gli attori sul boccascena rispondono piccati e scontrosi alle accuse che gli vengono mosse oppure adulano chi li scagiona, s’infiammano per chi li mette al primo posto sul banco degli imputati e indiziati principali, mandano baci ed esultano se li salvano, offendono e s’arrabbiano, minacciando di scendere tra le file della platea, se lo spettatore li inchioda alle proprie responsabilità. Ne nascono (a seconda delle repliche, se il pubblico è preparato alla “battaglia” dialettica e se è stato attento ai particolari ed ai dettagli disseminati durante il racconto) delle belle lotte con improvvisazioni sul palco, grande verve e freschezza che rende il gioco godibile, veloce, frizzante.
Dopo le votazioni e il conteggio susseguente il personaggio che in quella replica ha ottenuto più alzate di mano fa la sua ultima arringa-confessione e dove spiega il perché la maggioranza, di quella sera, ha avuto ragione. Sei piccoli indiani.

Tommaso Chimenti 08/05/2017

FIRENZE - “Senza piccioli e rispetto sei il nulla mischiato al niente”, Totò Riina.
“Quando c'è un delitto di mafia, la prima corona che arriva è quella del mandante”, Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa
“Gli farò un’offerta che non potrà rifiutare”. (“Il Padrino”)

E' la nostra industria più florida, quella che guadagna e fa guadagnare, che ha più fatturato. Se gli Stati Uniti non sono riusciti ad esportare la democrazia a suon di bombe tra Iraq e Afghanistan, noi siamo stati capaci di esportare la mafia negli Stati Uniti. “La mafia è il miglior esempio di capitalismo che abbiamo”, Marlon Brando.
Pasta, pizza, mandolino. E mafia. Potremmo essere polemici e dire che parlare di Mamma Santissima e lupare qui da noi sarebbe come andare in Spagna e parodiare su quello che è stata l'Eta, le bombe, gli agguati, gli attentati. Non sarebbe bello, non sarebbe giusto. Puoi dire mafia e accennare a “Terapia e pallottole” oppure al “Padrino” o “Donnie Brasco” e spingerti fin verso “Bronx”, “Gli intoccabili” o “Quei bravi ragazzi” dove il crimine si mischia alla leggenda di certe frasi epiche, di certi registi e registri, di certi attori che la sanno lunga, di certi sguardi che forano, che bucano, che trafiggono. “Un bravo ragazzo ha sempre ragione; anche quando ha torto, ha ragione”, Donnie Brasco)
Oppure pensare, peschiamo un po' a caso nella memoria, a Salvo Lima e Peppino Impastato, Carlo Alberto Dalla Chiesa e Don Diana, Don Puglisi e al piccolo Giuseppe Di Matteo disciolto nell'acido, a Falcone e Borsellino, ai Georgofili e ti passa subito la voglia di ridere e pure quella di sorridere. E come gli Yllana (yllana.com), il gruppo spagnolo che torna spesso al Teatro di Rifredi di Firenze (il trio Mordini-Savelli-De Biasi ci porta sempre in un mondo di raffinato teatro internazionale), hanno ironizzato sul mondo del mare, “Splash!”, e sui toreri, “Muu!”, sui Safari, “Zoo”, e pure sugli Spaghetti Western, “Far West”, allora gli passiamo anche questa pantomima che nel mondo ci identifica, ci inquadra nell'equazione italiani uguali mafiosi e dalla quale è difficile staccarsi e sottrarsi. Ridiamo di noi stessi senza dimenticare però la scia di sangue, le ferite ancora non rimarginate, la mafia tumore non debellato. “La mafia uccide, il silenzio pure”, Peppino Impastato.
Più che della mafia (delineata con tratti di demoni o mostri tra Frankenstein e Lerch della Famiglia Addams) dai contorni di chiaroscuri pennellati da Museo delle Cere, maschere deformi, macellai (viene in mente la Cianciulli) storpi e gobbi, sembra che “Baciamo le mani” sia più un confronto tra una squadra di investigatori stupidi, alla “Scuola di Polizia” o la trilogia “Una pallottola spuntata”, con un gruppo di criminali da strapazzo in stile rapinatori di “Mamma ho perso l'aereo” o di rapitori nei “Goonies”. L'atmosfera a tratti si fa splatter e pulp, molto humour nero, portandoci in atmosfere da “Seven” o “Collezionista di ossa”, da serial killer tipo Dexter, Jack lo squartatore o Freddy Kruger.
Le luci sul fondale, rossissimo come in Shining quando avvengono torture (ricordando “Le iene” di Tarantino) o assassinii brutali, o blu nei quadri più leggeri, fanno il loro effetto, così come gli incastri, nel gramelot spagnoleggiante, tra i quattro, eclettici, elettrici, che a turno, a ciclo continuo, sono poliziotti e criminali, in un veloce trasformismo. Ci sono i proiettili e gli spari, le mazze da baseball per le punizioni, le intimidazioni e le esecuzioni, cazzotti, soldi e cocaina. Guns senza roses. Spuntano altre citazioni e rimandi: puoi scovare pezzi di “Kill Bill” o “Full Monty”, “Buried”, il sepolto vivo nella bara, fino a “Rocky” e Jason, il pazzo sanguinario con la maschera da hockey, “Scarface” o “Il Grande Lebowsky”, le ceneri dei caduti. Tra i difensori della legge, emuli dei b movie all'italiana di Lino Banfi o seguaci di Mel Brooks, e i dannati, la morale finale non aiuta certo i primi. E la tarantella italiota conclusiva, al sapore del “That's amore” di Dean Martin, chiaro riferimento nostalgico tricolore, ci riporta alla riflessione iniziale.

Visto al Teatro di Rifredi, Firenze, il 31 dicembre 2015

Tommaso Chimenti 01/01/2016

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