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È andato in scena, al teatro storico Tordinona, dal 5 all’8 giugno il suggestivo spettacolo scritto e diretto da Viviana Di Bert: "Le onde di Ellida". La regista romana già nota per la performance tratta da “Sogno di una mezza estate”, realizzato alla Pelanda di Roma, “Andando verso Frida”, “Zero o dall'ultima estate di Hiroshima” e “Fuoco su tre sorelle” si cimenta con questo spettacolo sperimentale. “Le onde di Ellida” nasce dallo scontro marino tra Ibsen e Omero; l'acqua, e in particolare le onde, sono la chiave metaforica dell'intera narrazione. Quello messo in scena è un gioco di richiami e ritorni letterari, una contaminazione di arti e di generi che con fare ondivago occupa un palcoscenico inquietante, illuminato da una nera luce onirica. 

Un senso irrazionale guida le danze dei nove attori facendo affiorare colte citazioni e rimandi da “L'Urlo” di Munch, al “Bacio” di Climt, a “La donna del mare” di Ibsen, all' “Odissea” omerica. L'unico filo narrativo percorribile dallo spettatore è quello del sogno. Un'immanente dinamica onirica che lega il flusso dei dialoghi a un happening paradossale, come quando un apparente spettatore seduto in sala si alza in piedi e sale a recitare sul palco. Le circonvoluzioni metafisiche del racconto sono tutte imperniante attorno alla figura di Ellida/Penelope (Valeria De Matteis). Vi è una materializzazione di paure recondite, una fenomenologia del percorso irrazionale di una mente instabile.

le onde di ellida

Le quattro sirene/arpie (Giulia Masotti, Giovanna Ria, Sonja Cappello, Fiammetta Michetti, Giulia Masotti) relegate nella parte più profonda della scena riemergono preponderati sul resto in maniera ciclica; una cantilena angosciosa fatta di moniti e avvisaglie si fonde con le melodie avanguardiste björkiane. La musica ha un ruolo importante nell'incipit e nell'epilogo del dramma: le note della “Lacrimosa” dalla Messa di Requiem di Mozart sono scelte quasi a commento dei versi finali ripetuti dai personaggi principali come una litania: “la vita e la morte sono un susseguirsi di onde”, parole estranee sia al testo omerico sia all'opera di Ibsen e attinte dal pensiero shintoista. È come un “dare vita alla morte”, secondo le parole stesse della regista.

Lo spettacolo di Viviana di Bert pone un'attenzione particolare sull'Artista (Adriano Greco) che con le sue barchette di carta – un simbolo in scala ridotta dell'universo marino – è la voce narrante, è colui che con il suo racconto fa sbocciare nuovamente la speranza in Ellida. La donna, sposata con il medico W (Stefano Villani), è in verità ancora innamorata di un uomo che aveva conosciuto tempo prima, un uomo che veniva dal mare e che del mare è figlio: lo Straniero (Giafrancesco Fidone). Cominciano a crollare le incertezze, le Sirene in un coro lugubre e crudele tentano Ellida che subisce il richiamo dello Straniero e del suo inconscio. Non solo: le Sirene – assenti nel dramma di Ibsen – sono custodi della tradizione letteraria: quella omerica. Per questo le loro voci maliose e 'ondivaghe' torturano Ulisse (Marco Della Porta) che è il doppio dello Straniero.
L'epilogo della vicenda è un'eco sospesa. La conclusione metafisica del viaggio all'interno della mente di Penelope/Ellida è la sublimazione di tutte le atmosfere evocate. Il filo rosso che lega l'intera ricerca di senso si perde in un gomitolo irrazionale. L'unica risposta possibile al chiaroscuro dell'esistenza è la convivenza con la sofferenza sostenibile soltanto attraverso l'incontro con l'altro, con lo Straniero del mare o con l'Ulisse redivivo.

 

Matteo Petri
Enrico Lecca  09/06/2018

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