Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 691

Torna al Teatro Bellini di Napoli la rilettura di Tito Andronico e Giulio Cesare di Shakespeare operata da Michele Santeramo con regia di Gabriele Russo, nel primo caso, e da Fabrizio Sinisi con regia di Andrea De Rosa nel secondo. Due tragedie, o meglio un tentativo di tragedia e un’opera compiuta del Bardo, riportate in scena con l’intento di dimostrare la sua genialità e attualità quando si parla di potere, anche a distanza di cinque secoli. Il Tito Andronico è il primo tentativo di tragedia di Shakespeare, di gran lunga superato dalle opere successive. Il forte influsso senecano che caratterizza l’opera fa sì che l’orrore sovrasti irrimediabilmente il terrore in una catena di delitti raccapriccianti ed eccessivi, vera e propria rappresentazione splatter ante litteram, particolarmente apprezzata dagli spettatori del tempo. Non basta l’assassinio da parte di Tito del figlio minore della regina dei Goti Tamora: la donna, infatti, attua la sua vendetta tramite i suoi due figli, che uccidono il primogenito del generale e abusano di sua figlia Lavinia, lasciandola morente senza lingua e con le mani amputate. Con quegli stessi moncherini sanguinanti, poi, Lavinia traccerà nella sabbia i nomi dei suoi aggressori, che saranno a loro volta uccisi. Una catena di delitti infernale, che la riscrittura di Santeramo non manca di sottolineare con una certa ironia. La brama di potere, simboleggiata da una corona sospesa al centro del palco, è il motore trainante dell’opera, che si sofferma piuttosto sulle conseguenza del suo raggiungimento spesso brutale. Tito Giulio Cesare 1


Ed è proprio questo il tema di fondo che unisce la prima riscrittura shakespeariana a quella di Sinisi e De Rosa: il raggiungimento del potere, tema di fondo di tutte le histories del Bardo, è eviscerato attraverso le riflessioni di Bruto, Cassio e Casca, tre cospiratori dell’assassinio di Cesare. Il corpo del tiranno è posto al centro del palcoscenico, in attesa di essere sepolto da Antonio, che intanto si domanda cosa possa venire dopo Cesare. L’impianto scenico, ideato da Francesco Esposito, accomuna le due rappresentazioni con piccole modifiche. Le prime file della platea del Teatro Bellini risultano smantellate per far spazio ad un lungo palcoscenico che sembra voler inglobare il pubblico secondo quell’idea partecipativa del teatro elisabettiano, in cui gli spettatori più ricchi potevano occupare persino il palcoscenico. Un sistema di botole consente agli attori di sfruttare lo spazio sottostante il palco, mentre le quinte risultano quasi inutilizzate nel Tito Andronico, i cui attori occupano i lati dello spazio scenico in una sorta di coro che assiste e commenta ciò che vede. Assai discutibile appare invece la soluzione di Sinisi e De Rosa di mettere in musica la battaglia di Filippi nel finale del Giulio Cesare, una guerra che si immagina combattuta a colpi di bombe e gas letali per i nemici. Tito Giulio Cesare 2


Tito/Giulio Cesare nasce nell’ambito del progetto “Glob(e)al Shakespeare” presentato al Teatro Bellini nel giugno 2017 durante la decima edizione del Napoli Teatro Festival. In scena nel primo atto Roberto Caccioppoli, Antimo Casertano, Fabrizio Ferracane, Martina Galletta; nel secondo, invece, Nicola Ciaffoni, Daniele Russo, Rosario Tedesco, Isacco Venturini.

Pasquale Pota 26/03/2019

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM