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Cosa c’è più classico di una commedia di Plauto? Probabilmente è questo il quesito alla base de “Il soldato spaccone”, adattamento di e con Vincenzo Zingaro del “Miles Gloriosus” di Plauto, pieta miliare della commedia latina e non solo, in scena dal 20 aprile al 6 maggio al Teatro Arcobaleno di Roma. 

Con questo spettacolo, presentato al pubblico per la prima volta nel 1997 e rappresentato lo scorso anno come evento conclusivo per i festeggiamenti del 25° anniversario della sua nascita, la Compagnia Castalia mette in scena la classicità della commedia a 360 gradi. Non solo Plauto, padre della commedia, ma la sua opera più famosa e longeva rappresentata da un gruppo di teatranti della commedia dell’arte – che, da un lato, fece dei grandi autori comici classici il proprio cavallo di battaglia e, dall’altro, gettò le basi per la commedia moderna dal teatro, al cinema, fino alla televisione. E non occorre andare tanto lontano nel tempo per averne degli esempi, in fondo anche i tanto biasimati Cinepanettoni provengono – alla lontana – dalla stessa famiglia. Classicità latina e Commedia dell’Arte - già legate di per sé da un fille rouge che giunge fino ai giorni nostri – sono qui abilmente impastate da un gioco di metateatro, tecnica amata già da Plauto e Goldoni e consacrata a “classico” da Pirandello. soldato spaccone1

Insomma, gli ingredienti per rendere un classico ancora più classico, per dilettare gli amanti della commedia tradizionale, ci sono tutti, e amalgamati abilmente. Non sarà un caso infatti se lo spettacolo dal 1997 è stato accolto da oltre 40.000 spettatori con le sue circa 200 repliche. Anche osservando il pubblico in sala al Teatro Arcobaleno di Roma, dove lo spettacolo è in scena dal 20 aprile al 6 maggio, si può notare come la ricetta della Compagnia Castalia sia adatta a un pubblico variegato, dagli adulti ai bambini. L’intreccio di base è quello Plautiano: il soldato spaccone Pirgopolinice, che pur vantandosi a sproposito delle innumerevoli e millantate imprese si lascia raggirare dal piano architettato dal suo scaltro servo Palestrione – un Arlecchino ante litteram – per riportare tra le braccia dell’amato la bella Filocomasio, cortigiana finita tra le grinfie del Miles come bottino di guerra. Lui, lei e l’altro diremmo oggi. Ma non solo: ricchi e poveri, servo e padrone, giochi di inganni e incomprensioni. Tutti temi a cui siamo non solo abituati, ma anche affezionati, dai classici ai moderni, da Plauto a De Filippo, fino ad Aldo Giovanni e Giacomo. Il rischio di proporre qualcosa di trito e ritrito – anche se amato - c’era, ma è stato dribblato egregiamente non solo grazie alla brillante performance di tutti gli attori sul palco, ma anche grazie alle azzeccatissime scelte di regia, dall’uso dei dialetti, all’inserimento in sottofondo di incalzanti musiche partenopee, fino al finale a sorpresa. Unica pecca forse la durata: quasi due ore di spettacolo interrotte da una ormai inusuale pausa primo tempo che rischiano talvolta di distogliere l’attenzione del pubblico da una trama, seppur comica, ben articolata.

Virginia Zettin 29/04/2018

 

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