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Da Don Chisciotte a Giordano Bruno: tutti i personaggi in cerca di Simone Perinelli

Tanti personaggi in cerca d’autore. E quell’autore è Simone Perinelli. Performer, affabulatore, animale da palcoscenico, un Billy Idol del teatro italiano, un rocker del microfono. Il regista e attore romano, alla guida insieme a Isabella Rotolo della compagnia Leviedelfool (fondata nel 2010), ha fatto della propria drammaturgia uno strumento per indagare le profondità della propria anima, un’anima inquieta, profonda, fatta di tante ombre ma anche di una luce abbagliante, e la nostra esistenza, il nostro tempo e le problematiche che ci portiamo dietro come strascichi, come zavorre.

Nell’analisi del suo percorso, abbiamo scelto di focalizzarci su tre spettacoli, in ordine cronologico: “Luna Park”, “Made in China” e “Heretico”. Tre spettacoli che, a distanza di anni, hanno contribuito a centrare sempre di più la sua indagine attorno all’uomo.perinelli4.jpg

“Luna Park” – Douglas Adams sulla Tangenziale
Nello spazio di una notte Simone Perinelli, regista e unico interprete, fa consumare al suo protagonista le diecimila parole che fanno da impalcatura a “Luna Park”. Una realizzazione Leviedelfool, quasi un monologo a più voci, se si accetta la definizione contraddittoria. La scena, un non-luogo dai connotati ben precisi. Roma, la sua periferia, una tangenziale che è una realtà fisica e uno stato dell’anima, percorsa ogni giorno da un numero incalcolabile di persone che si muovono senza sosta dal punto A al punto B, senza capirne appieno il perché. Perinelli, passo malfermo e voce infantile, gioca con il tempo (presente e futuro), con le lingue (italiano, francese, spagnolo) e le inflessioni dialettali. Tutto questo per cercare di rispondere alle domande fondamentali dell’esistenza, niente di importante.
perinelli1.jpgL’interpreta cerca Dio, ma forse è in pausa pranzo. Al suo posto trova Don Chisciotte, carburante letterario del testo insieme a ispirazioni (e una deliziosa citazione) da “Guida galattica per autostoppisti”, Schettino, un “caro” alieno e Freddie Mercury. La fantasia, nelle mani e negli occhi di Perrinelli, diventa scalpello con cui plasmare, o buttare giù, le mura di una realtà sempre troppo stretta. A ogni vicolo, ogni nuovo buio, questa continua a espandersi o, più semplicemente, a spostarsi altrove. È la sensazione regina del suo teatro, un irrequieto bisogno di andare oltre: oltre questa città, questa nazione, questo mondo e questo universo, per poi farlo senza muoversi che di qualche passo. Lo stesso uso ripetuto degli stacchi, il morbido soffondersi della luce che Simone sia pronto o meno, suggerisce intermittenze dal sapore onirico. Ma non intermittenze della morte, come quelle di Saramago, bensì della vita. La sua ricerca, estesa su più spettacoli, colpisce forte, qui, per l’appassionata traduzione del suo pensiero da filosofico in teatrale. Sul palco, spoglio, assume i confini di discorso talvolta euforico, altrove timido, frammentato come quello di un bambino con la mente più veloce della lingua. Ma, proprio per questo, sempre sincero e, più importante ancora, profondamente catartico.

"Made in China - Postcards from Van Gogh": l'arte tra autenticità e imitazione
Starry night flaming flo'rs that brightly blaze, swirling clouds in violet haze reflect in Vincent's eyes of China blue.” Cantava così il musicista folk Don McLean in Vincent, brano dedicato all’artista olandese.
Sulla figura di Van Gogh si interroga "Made in China - Postcards from Van Gogh", uno spettacolo a due voci, che però non dialogano tra loro, con Claudia Mariscano e Simone Perinelli che ha scritto il testo e ne ha curato la regia. Il celebre pittore olandese è stato l’artista più imitato al mondo a tal punto che la riproduzione delle sue opere è arrivata fino ad un paese lontanissimo: la Cina. perinelli2.jpg
Proprio nel paese orientale si trova una fabbrica nota per produrre copie perfette dei quadri di Van Gogh come ad esempio “Dodici girasoli in un vaso”. La compagnia de Leviedelfool porta in scena i caratteri cromatici e lo stile di Van Gogh. A sottolinearlo i gesti degli attori, laddove un ombrellino cinese, girato in maniera continua, diventa un girasole, e i movimenti assomigliano alle pennellate decise dell’artista fiammingo. Nello spettacolo vengono messi in relazione due mondi distanti, la Cina, in quanto patria della produzione di massa e il genio artistico. La contrapposizione non è soltanto geografica ma è il contrasto tra l’originale e la copia, tra l’unicità e l’imitazione dell’opera d’arte. In Made in China si avvertono gli echi della riflessione sull’arte di Walter Benjamin, il quale sostiene che il valore intrinseco di un’opera d’arte risieda nella sua autenticità. Tutto ciò viene a mancare quando l’opera, riprodotta, perde la sua contestualizzazione e il legame con l’artista, diventando un prodotto di consumo.
Lo spettacolo del regista romano non attraversa solo la storia dei quadri di Van Gogh ma anche quella personale del pittore, alla costante ricerca della perfezione e dal carattere tormentato, accompagnato dalla frustrazione dovuta alla mancanza di successo, arrivata solo post mortem. Made in China riesce a cogliere le molteplici sfumature di un personaggio da cui trarre spunto per interrogarsi sul ruolo dell’artista nel mondo.

“Heretico”: la prova ontologica dell’inesistenza di Dio
perinelli3.jpg“Heretico – Dopo questo apparente nulla” è l’ultimo lavoro di Leviedelfool, pensato, scritto e diretto da Perinelli, che ne è anche attore principale, e presentato lo scorso anno per la prima volta a Fabbrica Europa. Lo spettacolo, prodotto da Orizzonti Festival, mette a segno un duro colpo al cuore della cristianità: è a Roma che Perinelli decide di puntare il dito contro la religione. “Dio creò l’uomo a sua immagine” recita la Genesi. Ma siamo sicuri che non sia stato l’uomo ad aver creato Dio a sua immagine? È questo l’interrogativo che il regista romano si pone, senza avere l’arroganza di offrire al pubblico una risposta ben confezionata.
A differenza dei dogmi religiosi, “Heretico” punta al ragionamento critico, alimento fondamentale dell’intelletto laico. Lo spettacolo di Perinelli è molto più che una semplice provocazione. Con una scrittura apparentemente disorganica, il regista riesce a creare una narrazione a più direzioni che pian piano si intrecciano fino a unirsi alla fine dello spettacolo.
Un racconto articolato in sette capitoli come i sette giorni in cui Dio creò il mondo: 1. Se non lo capisci allora è sacro; 2. La leggerezza nelle gambe; 3. Brucia, pensiero, brucia; 4. Vi do la mia pace; 5. Intanto le nuvole; 6. Le balene e la fine del mondo; 7. Non fare caso all’uomo dietro la tenda. In ognuno di questi, differenti personaggi fanno luce su diversi aspetti della religione con ironia e sarcasmo. Claudia Marsicano (ancora al fianco di Perinelli, sempre incisiva) entra in scena citando la Genesi tra risa malcelate, finché non arriva al suo piedistallo sul quale si irrigidisce nella ieraticità della Madonna. Perinelli urla la sua dialettica decostruzione del sacro ma soprattutto della religione, che ne è il dogma. L’adolescente che non vuole peccare, i Papaboys omofobi, la vittima di pedofilia, lo scontro con i musulmani e infine il Fool. Simone Perinelli sceglie la figura di Giordano Bruno come simbolo del pensatore in perenne ricerca di una risposta, senza la sicurezza di trovarla. Ciò che è importante per il regista romano, infatti, è porre l’accenno sul ragionamento in opposizione alle verità rivelate della religione che inaridiscono l’attitudine al pensiero critico. “Heretico” si rivela uno spettacolo dalla drammaturgia efficace e capace di sviscerare i punti nevralgici di una tematica universale e contemporanea. La Chiesa infatti continua a influenzare le scelte dell’individuo e della comunità in un’epoca in cui lo Stato dovrebbe essere oramai laico.

Francesco Costantini, Andrea Giovalè, Chiara D'Andrea, Giordana Marsilio, Silvia D'Anzelmo, Eugenia Giannone 08/06/2018

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