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“Satellite of love”: quando l’amore diventa gioco al massacro

Da venerdì 21 a domenica 23 febbraio 2020 all' "OFF/OFF Theatre" è andato in scena "Satellite of Love – La teca", scritto da Anne-Riitta Ciccone e diretto da Lorenzo d’Amico De Carvalho. La medesima sceneggiatura viene interpretata ogni sera da una coppia differente: due donne, due uomini, un uomo e una donna (Giorgia Spinelli, Maria Vittoria Casarotti Todeschini, Gianvincenzo Pugliese, Gabriele Stella). Satellite of love è una commedia in due atti per tre coppie in cui le dinamiche del rapporto amoroso vengono dissezionate e rimangono le stesse al di là del sesso, del genere e dell’identità di chi le vive.

Se una stanza con un divano può essere la rappresentazione perfetta della confortevole “capanna” in cui un amore viene cullato, repentina e spaventosa può anche essere la sua metamorfosi in “gabbia”. E se il rifugio della relazione viene percepito adesso come una prigione claustrofobica, chi si trova al suo interno cerca di allentare il vincolo in ogni modo, affacciandosi alla finestra o tendendo l’orecchio verso il più impercettibile rumore, per controllare se per caso non abbia suonato alla porta qualcuno che possa aiutare nella difficile impresa dell’evasione.
In quel misterioso spazio “tra” due persone, in quella distanza siderale tra l’orbita di un pianeta e quella del suo satellite, può compiersi il delicatissimo e miracoloso equilibrio dell’amore, ma concreto è anche il rischio che la dinamica di questo “campo di forze”, in cui dipendenza e desiderio risultano essere in reciproca tensione, possa tradursi in una meccanica distruttiva.
Una teca di vetro o di cristallo in cui riporre e proteggere il proprio oggetto d’amore rischia di trasformarsi infatti in uno strumento di massacro: essa si può infatti scheggiare, divenendo tagliente per chi cerca di avvicinarsi, o può col tempo opacizzarsi, eclissando e deformando così l’immagine splendente che racchiude.
Se ogni rapporto risulta inevitabilmente innervato da meccanismi di potere, lo stesso vale per le relazioni sentimentalmente o sessualmente connotate. In microscopici spostamenti di strategia è difficile comprendere i reali rapporti di forza: in una relazione amorosa di co-dipendenza, entrambi i partner non possono infatti esistere senza l’amore, troppo spesso mescolato a sofferenza, dell’altro. La sottile lastra di vetro agisce come gratificante specchio narcisistico per chi vi è rinchiuso, ma anche come prisma che quell’immagine rifrange, restituendo identità e sussistenza anche a chi rimane adorante al di fuori della teca.
E così, tra le parole avvelenate di Salvini che risuonano in televisione, e l’imperversare della psicosi da coronavirus, anche tra le quattro mura di un amore le parole “ti amo” possono tingersi di sfumature coercitive e violente, che incatenano l’altro piuttosto che “lasciarlo essere”.
La sceneggiatura firmata da Ciccone ha certamente il merito di restituire attualità ed ironica leggerezza alla riflessione “classica” sul vincolo d’amore che si tramuta in prigionia, ma risulta essere monotona e stereotipata nel suo sviluppo, e la regia non sembra sfruttare al massimo la brillante intuizione di fare interpretare le medesime parole da coppie differenti e soggettività fluide ed eterogenee. Proprio a partire dalla questione identitaria e dagli accenni al contesto politico odierno, sarebbe stato forse possibile caricare il testo di un’ulteriore valenza resistenziale: l’amore è identico per tutti, ma la sua pratica possiede anche un carattere eversivo che potrebbe creare una faglia nel sistema di odio e diffidenza che ci viene proposto .

La pièce si offre comunque come un pezzo di estrema vivacità, interpretato dagli attori neo-diplomati al Centro Sperimentale di Cinematografia, e ospitato in un prezioso spazio come l’OFF/OFF Theatre, “l’altro teatro” che si colloca all’avanguardia per l’attenzione a tematiche estremamente contemporanee, che ogni volta giungono a calcare le scene con la freschezza di volti giovani e nuovi protagonisti.

Chiara Molinari 24/02/2020