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La serie teatrale "Radio International" contro i poteri forti e le fake news

TORINO – La formula della serialità a teatro non è cosa nuova ma rinverdisce il format dello sceneggiato in bianco e nero prima che fosse sorpassato dalle soap opera, poi dalle fiction e, in tempi recenti, dalla serie tv. Proprio per il suo incedere progressivo, con ogni spettacolo a sé stante e indipendente ma anche globale se visto nell'ottica più ampia delle puntate precedenti e di quelle successive, una serie teatrale incuriosisce da una parte, soprattutto i giovani così tanto abituati a Netflix e Sky e Amazon Prime, e dall'altra fidelizza il pubblico attorno ad una storia, ad un cast, ad un progetto. L'ultima volta che avevamo assistito ad un'operazione simile, riguardo alla serialità, era stato sempre a Torino con “I tre moschettieri” al Teatro Astra, grande produzione del Tpe dell'allora direttore Beppe Navello con ogni piece affidata ad un regista differente. Poche stagioni prima c'era stato a Roma anche l'esperimento “Bizzarra” di Manuela Cherubini da Spregelburd e, ancora Torino protagonista, con “6Bianca” per la regia di Serena Sinigaglia a cura della Scuola Holden. Una serie a teatro affascina, attira, crea una comunità di spettatori attorno ad un'idea, attorno ad un'attesa.104A5359 copia.jpg

Ultima in ordine di tempo, ma siamo sicuri che la tendenza riprenderà con forza, è questo “Radio International” che ha inaugurato, per tutto il mese di ottobre, tre repliche a puntata, la stagione “Re-play” di Fertili Terreni Teatro, nel magico spazio di San Pietro in Vincoli, gestita da ACTI Teatri Indipendenti, CUBO Teatro, Tedacà e Il Mulino di Amleto. Cinque le puntate (ma aspettiamo tutti gli episodi in un'unica giornata) che hanno immerso il pubblico nel mondo della radio, del giornalismo d'inchiesta, nell'informazione senza padroni né padrini, nelle fake news che sempre più popolano i nostri schermi, in un futuro distopico dove la democrazia è messa in forte discussione e dove le poche fonti di notizie indipendenti dai poteri forti rischiano di essere silenziate, svendute, azzittite, comprate. On Air: sei in onda.

Il progetto di Beppe Rosso (sua anche la regia) e Hamid Ziarati ci conduce tra microfoni e ovatta rossa alle pareti per attutire e attenuare voci e musica, cabine di registrazione in plexiglas e mixer, fonici e una redazione battagliera che vuole contrastare i mali del mondo contemporaneo come veri Robin Hood, che si spende in prima persona, sempre dalla parte degli ultimi. Recentemente la radio è tornata ad essere un elemento che ha fatto da sfondo ad alcune delle serie tv più seguite: parliamo dell'argentina “Felice o quasi” su Netflix e l'italiana “Passeggeri notturni” su Raiplay. Ci sono venuti in mente anche gli intramontabili “Good morning, Vietnam” o “I Guerrieri della Notte” con la bocca rossa che sembra mangiarsi il microfono nel raccontare le imprese notturne dei nostri Warriors. Per non parlare di “Radio Freccia” di Ligabue o di Radio Aut di Peppino Impastato. Sarà che in tempi di lockdown c'è stata una riscoperta della radio intesa come quella ritualità Radio International_ph E. Basile_104A5347.jpgdi voce lontana e soffice che sembra parlarci all'orecchio, soffusa e vicina, amica da confessione, a toccarci intimamente pensieri e incubi, sogni e speranze: la radio lascia spazio all'immaginazione molto più di tv e cinema.

In questa redazione radiofonica dove si fa controinformazione nelle puntate precedenti è successo di tutto: hanno seguito il caso di una bambina siriana che voleva passare la frontiera tra Italia e Francia, un ragazzo mediorientale ha impugnato una pistola minacciandoli, adesso il futuro è incerto per tutti, nubi nere all'orizzonte, scenari pessimistici. La leggerezza, affidata principalmente al personaggio di Luca - Francesco Gargiulo, smemorato e svampito che deve assumere medicine altrimenti ha enormi vuoti mnemonici (quasi come Dory di “Nemo”), si mischia al dramma nel cercare fonti attendibili sul campo e informatori che possano dare ragguagli sulle condizioni della bambina che porta con sé documenti segreti. Sono tutti molto pasionari: Lorenzo Bartoli è Roberto un po' il Jack Folla di turno che inneggia e colpisce, che accusa e sottolinea, cerca mobilitazioni e protesta contro il Governo, mentre Grazia – Barbara Mazzi è guerrigliera e arcigna, sempre pronta alla pugna e alla lotta contro le ingiustizie. L'Italia ha chiuso le frontiere in entrata e in uscita e indirà un referendum popolare per chiedere ai propri cittadini se restare o uscire dall'Unione Europea, in una mossa simil Brexit. Dalla regia si susseguono “Because the night” di Patti Smith come i Police o gli Spandau Ballet, mix che dà energia e scalda, fomenta e spinge.Radio International_ph E.Basile_104A5345.jpg

La drammaturgia semplifica e comprime, nell'impasto e nell'andamento tra il serio e il faceto, concetti pesanti triturando complottismi vari e la deriva dei social network in una sorta di riassunto compattato e facile, così come il ruolo dell'Europa che “deve fermare le guerre” per poi, dall'altro lato, essere sgridata, ancora una volta di colonialismo, e tacciata di voler esportare la democrazia. Come nel paragonare gli italiani che andavano a lavorare in Francia o negli Stati Uniti a chi prende una barca, pagando uno scafista illegalmente, viene soccorso da ONG straniereRadio International_ph. E.Basile_104A5349.jpg battenti bandiere di chissà dove e scaricati sulle coste italiane ai quali dobbiamo dare prima assistenza, poi casa, istruzione, sanità, un lavoro e pagare cooperative che se ne curino: le due situazioni non sono neanche minimamente paragonabili. L'Italia poi paragonata all'Ungheria sembra il peggior incubo noir, adesso che poi non c'è più il cattivo per eccellenza Salvini ma i buoni per antonomasia del Pd. Speriamo che i tristi presagi politici messi al centro del dibattito e nell'agorà del discorso teatrale si rivelino infondati. Comunque la soluzione proposta è soltanto una: l'Europa deve sentirsi in colpa su tutti i fronti e deve soltanto accogliere silente chiunque arrivi, con qualunque mezzo e senza i documenti in regola. Tesi esposte ed elargite leggermente naif. “Radio International” resta un altro modo di vedere e godere il teatro. Attendiamo la maratona delle cinque parti: ormai vogliamo vedere come va a finire.

Tommaso Chimenti 23/10/2020

Ph: Emanuele Basile