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Pep Bou il profeta della magia delle bolle di sapone

“Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni. Ognuno col proprio talento” (Paulo Coelho).
Basta poco per non far scoppiare le bolle di sapone: la consapevolezza che sia un gioco che può durare all’infinito. Una bolla tira l’altra, lo abbiamo scoperto da bambini con il cilindretto di acqua e sapone e quel cerchietto magico a farle volare via nonostante fossero sempre troppo piccole o troppo poche. Pep Bou ha fatto del proprio talento il sogno di molti, le sue bolle sono, da oltre trent’anni, le lettere di un alfabeto istintivo che non conosce età né differenze culturali o di istruzione. Ci parlano di leggerezza e meraviglia, di un tempo sospeso che non esiste quasi più, di silenzi e lentezza, di sorrisi a bocche spalancate, di occhi che cambiano colore così le entusiasmanti creazioni del "mago" catalano. “La vita è come una bolla di sapone, che soffiamo e manteniamo per quanto è possibile, ma con la ferma certezza che scoppierà” (Arthur Schopenhauer).00pep
Rebufaplanetes” (ancora una volta al Teatro di Rifredi, dove viene sempre accolto da sonori sold out) è uno spettacolo essenziale fatto di mani, fiato – un soffio di fiato – acqua e sapone, capace di spalancare la visione su mondi immaginati solo in tenera età nei quali esistono bolle gigantesche, bolle che cambiano colore, bolle che prendono corpo e peso, lasciandosi accarezzare, e dove, soprattutto, non scompaiono all’improvviso in un fumettistico puf. Pep Bou, elegante e serafico, aiutato dal premuroso e vitale Isaias Antolin, complementare e funzionale, è un alchimista abile e poetico che cerca di tirar fuori da ognuno di noi il senso dello stupore perduto. Insieme, in un crescendo di incanto e di bellezza innocente ed effimera, riescono a dare alla magia una struttura teatrale - le parole cedono il posto al mimo – a tratti circense e illusionistica, da arte di strada, nella quale l’improvvisazione ha un’importanza centrale; l’artista non si limita a creare le bolle, ma dà loro vita: mai uguali l’una all’altra, sono le vere protagoniste della scena e nella loro diversità e imprevedibilità sta il ritmo della performance.
Se tu chiudi gli occhi e mi baci / tu non ci crederai / ma vedo le mille bolle blu / e vanno leggere / vanno si rincorrono, salgono / scendono per il ciel. / Blu le mille bolle blu / Blu le vedo intorno a me / blu le mille bolle blu / che volano e volano e volano” (Mina). Bou compie un volo delicato, durante il quale il gioco (sono tanti i momenti di tenera clownerie) lascia spazio a frammenti e immagini interiori che suscitano l’attenzione soprattutto degli spettatori più grandi: le bolle di sapone ci ricordano momenti di sensualità e di intima complicità, la sguaiatezza di alcuni divertimenti adolescenziali in cui serviva solo un po’ di schiuma per scivolare via. Ed è proprio con la schiuma (non ci sembra un caso) che inizia il nostro sogno, come fosse una nuvola di un fumetto, un cuscino sul quale riposare e che rapidamente ricorda la neve (soprattutto quella “inventata” dai bambini nelle vasche da bagno) ma anche il mare e il suo continuo divenire (lo stesso che ha generato la dea Venere).
Le bolle: non c’è cosa più leggera che susciti tanta profondità.

“Vorrei dedicare una mattina di questa mia vecchiezza a sperimentare i giochi che non giocai da ragazzo: far volare un aquilone, soffiare bolle di sapone da una finestra” (Gesualdo Bufalino).

Giulia Focardi 07/01/2016

Foto: Maria Grazia Lenzini

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