C'è un treno che oltrepassa tre novelle di Pirandello. E' il treno della vita, da attendere senza speranza a una stazione (L'uomo dal fiore in bocca), dal quale vieni scaraventato via senza troppi complimenti (Una giornata) o il cui fischio riaccende un lume di follia che garantisce di fuggire dalle asperità quotidiane (Il treno ha fischiato).
Quel treno lo ha preso Fabrizio Falco (classe 1988, ma già interprete di Bellochio o a fianco di Servillo), ci è salito sopra nei panni di Pirandello e ci è passato davanti, al Teatro dell'Orologio, con la carica attoriale di un interprete giovane, ma già solidamente formato e convincente. Le musiche del (nascosto per motivi scenici) compositore Vitaliano che duetta con lui ogni sera con partiture diverse e la splendida architettura delle luci di Daniele Ciprì (già suo regista in "E' stato il figlio), fanno il resto. Partitura P non dura che cinquanta minuti, tanto il tempo del "tragitto" a bordo della poetica pirandelliana. Minuti che corrono veloci come i versi recitati talora in penombra, talora bagnati da una luce ambrata di taglio, ma tanto bastano per godere del viaggio. Falco, il passeggero narratore, ci accompagna nell'incanto dell'immaginazione attraverso le tre forme che Pirandello sceglie per raccontarne la potenza: immaginare per godere al massimo delle cose quando quel fiore in bocca ti ricorda di essere vicino alla morte, per modificare la realtà di una vita che scorre breve come una giornata, per sfuggire a una vita soffocante e abietta seguendo il fischio di un treno. Vita, morte e l'inesorabile, oppure l'immaginazione. Si può dire se funzioni più la prima parte della seconda, se la follia del terzo "pentagramma", arrivi più o meno di quanto magistralmente fosse stato interpretato l'esordio del testo. Ma alla fine la "sinfonia" che ne deriva nel complesso fa applaudire il pubblico anche oltre le tre uscite dell'attore.
(Rosamaria Aquino)