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Mariangela Superstar: al Teatro Argentina di Roma, anteprima del programma Rai dedicato alla Melato

L’11 gennaio 2013 si spegneva a Roma Mariangela Melato, signora indiscussa del teatro, del cinema e della televisione italiana. L’8 aprile 2018, nel quinto anniversario dalla morte, il Teatro Argentina di Roma per una sera si è trasformato in una grande sala cinematografica per ospitare la proiezione del programma “Mariangela!”. Iniziativa fortemente voluta dalla sorella, Anna Melato, e da Renzo Arbore, fidanzato storico dell’attrice meneghina. Un’iniziativa che ha visto la mobilitazione non solo del Teatro Nazionale di Roma e della Rai, ma di numerosissime personalità del mondo dello spettacolo e del giornalismo, famigliari e amici. Tra il pubblico: Gabriele Lavia, Franca Leosini, la costumista e amica Bruna Parmesan.

A fare gli onori di casa è il direttore del Teatro di Roma, Antonio Calbi, che presenta la Melato accanto a Pina Bausch e Valentina Cortese, trittico di numi tutelari che popola le pareti del suo studio. Mariangela Melato e Renzo Arbore fonte Huffington PostLa definisce una “fabbrica di miele”, giocando sulla combinazione di cognome materno (Fabbrica) e paterno (Hönig, tedesco per “miele”), “un’operaia esigente con se stessa - prosegue - ma capace di dolcezza”. Ricorda, poi, l’omaggio alla Melato presentato nell’installazione site-specific di Mimmo Paladino in occasione dell’Interludio Valle. Il direttore di Rai Storia Giuseppe Giannotti, invece, ricorda che il filmato sarà trasmesso a fine aprile. La sorella, Anna Melato, confessa intenzioni e finalità del progetto: “continuare ad averla in memoria”. Renzo Arbore, il cui legame sentimentale con la Melato non è mai stato un mistero, interrotto a causa della partenza di lei per l’America ma recuperato negli ultimi anni, dichiara di volersi limitare ai ringraziamenti a Mariangela e a chi ha reso possibile il programma. “Sono in un’età in cui i sentimenti vengono fuori in maniera pericolosa”, confessa visibilmente commosso, “non riesco a parlarne ancora”. L’autore del programma, Fabrizio Corallo, non anticipa nulla e si affida ad una canzone di Gigliola Cinquetti per descrivere la coppia Arbore-Melato: “La gente ci segnava con il dito dicendo: Guarda la felicità!”.

Mariangela Melato El nost Milan Strehler locandinaMariangela Melato (Milano, 1941-Roma, 2013). La sua storia d’amore con il teatro nasce da un grande dolore, un eczema superato grazie ad un medico illuminato e ad un modello di scuola alternativo: a dieci anni inizia a costruire la sua personale filosofia esistenziale incentrata sulla credenza che il palcoscenico sia “luogo di guarigione” anche per una ragazza timida con “una voce di raganella in gola”. Debutta al Fossati di Milano, oggi Teatro Studio Melato inglobato al Piccolo. É poco più che ventenne quando lavoro al fianco di Dario Fo in “Settimo non rubare” (1963) e da lui apprende che il teatro è azione, la parola viene dopo. Anni dopo in un’intervista, Mariangela avrebbe confessato di fare teatro “perché mi piace la fisicità degli attori”. Nel 1967 è impegnata con la “Monaca di Monza” di Luchino Visconti; nel 1969 con l’“Orlando furioso” di Luca Ronconi, che furioso non lo sarebbe stato - ricorda Michele Placido, anch’egli nel cast – “se non ci fosse stata la voce di Mariangela Melato”. “A lei si poteva chiedere tutto, e questo ai registi piaceva”, commenta il critico teatrale Masolino d’Amico; Ronconi ad esempio “voleva qualcuno che si buttasse nel fuoco, e lei si buttava”. Con Ronconi tornerà a lavorare più avanti, con “L’affare Makropulos” (1993) e con “Quel che sapeva Maisie” (2002) esemplare l’uno per la sua interpretazione di una donna di 337 anni, l’altro per quello di una bambina tra i 6 e gli 11: ciò che non poteva l’anagrafe, poteva l’abile uso dell’espressività del corpo. Nel 1979 è la volta di Giorgio Strehler, che la dirige al Teatro Lirico in "El nost Milan":
Lo stesso 1969 che l’avrebbe consacrata a teatro, segna il suo debutto cinematografico in “Thomas e gli Indemoniati” di Pupi Avati, il quale ancora ricorda come fu solo merito della sua ostinazione inserirsi nel cast: dal canto suo, cercava un’attrice che si avvicinasse per fisicità e voce all’angelica Grace Kelly! Da quel momento cinema e teatro avrebbero proseguito a braccetto regalando interpretazioni tra le più diverse, grazie alla sua incredibile duttilità fisica e mimetica. Tra i registi con i quali ha lavorato si ricordino: Elio Petri, Lina Wertmüller, Enrico Vanzina, Mario Monicelli, Giancarlo Sepe, Elio de Capitani, Marco Sciaccaluga. Tra i colleghi con i quali ha calcato palcoscenici e set: Nino Manfredi, Gigi Proietti, Giancarlo Giannini, Eros Pagni, Adriano Celentano, Sonia Bergamasco, Isabella Ferrari, Sergio Rubini, Ennio Fantastichini, Alessandro Gassmann, Alessio Boni, Massimo Ranieri, Toni Servillo, Gabriele Lavia.
Ballava qualsiasi cosa, pur non essendo ballerina professionista. Lo aveva dimostrato subito con la partecipazione a “Canzonissima” condotto da Pippo Baudo (1972). Lo avrebbe continuato a dimostrare fino alla fine quando, a 66 anni, si cimenta nel one-woman-show “Sola me ne vo”, diretta da Giampiero Solari e coreografata da Luca Tommassini che ne parla come di un “arcobaleno di tutti gli stili che voleva fare”. E, infine, quel tumore che a 71 anni consuma la ragazza milanese dall’inesauribile ansia di vivere.

“Mariangela!”, condotto da Lella Costa, non è un programma come gli altri, perché Mariangela Melato non era un’attrice come le altre. Non è un semplice docu-film-intervista. É il sommo tributo ad un’artista nella lingua parlata dall’artista stessa, quella della scena e della cinepresa, del corpo e del ballo, del gesto e della voce. È un viaggio nella storia recente e gloriosa dello spettacolo dal secondo dopoguerra a oggi. La vita di Mariangela Melato scorre in 110 minuti di filmati e foto storiche, di interviste a lei e a chi l’ha conosciuta, nella vita o sulla scena. Che poi, a ripensarci, ogni distinzione è vana: per Mariangela il teatro era la vita. E qui rivive, magnetica e magica, leale e generosa, divertente e divertita, euforica ed energica, inarrestabile e vulcanica. Tante le testimonianze raccolte, e un’unica voce all’unisono nel riconoscerle talento e umanità: una macchina teatrale dal cuore grande.

Alessandra Pratesi 10/04/2018