“L’uomo è ciò che mangia”, scriveva il filosofo Luidwig Feuerbach, e proprio questa massima sembra essere l’accordo dominante della commedia “Note di cucina” di Rodrigo Garcia, in scena al Teatro dell’Orologio di Roma, con la regia di Giuseppe Roselli. Si parla di cibo e di cucina per rivelare le ipocrisie del nostro tempo, della nostra società e farsene beffa.
In scena appare un’unica tavolata composta da quattro singoli tavoli interscambiabili, come i quattro attori in scena: due uomini si contendono due donne sfidandosi a colpi di ricette e provocazioni. Continui botta e risposta, parole che si richiamano e affrontano le problematiche della famiglia, dell’educazione, dell’immergersi nella vita. Ecco che il cibo diventa così metafora di desiderio, mentre i personaggi si cercano, si allontanano, si analizzano, accompagnati dalla musica di un liuto e dalle parole di un narratore, una sorta di cantastorie medievale, che intrattiene con brani da cabaret.
I quattro tagliano zucchine, carote, patate, stendono la pasta per il pane, ma ciò che in realtà sembrano sezionare è proprio la loro vita, andando a scavare nelle piaghe, nei tormenti, nelle fragilità, nei fallimenti, nei rimpianti della loro esistenza. Tra elenchi di ricette e consigli di galateo, si svelano verità intime e si evocano atmosfere poetiche e suggestive, che si alternano alla denuncia consumistica del cibo come proiezione delle gerarchie sociali. Si evince quindi una critica forte al capitalismo e alla società moderna, che culminerà proprio nel sogno finale: una festa di nozze dove ai “neri” viene servito un banchetto luculliano, con bottarga e piatti tipici, mentre al presidente Obama, a sua moglie e agli altri capi di stato solo un panino e una coca-cola.
Roselli dà vita a una regia efficace, infarcendo il testo di Garcia con brillanti intuizioni, dialoghi forti e monologhi introspettivi, creando una piacevole tavola imbandita. “Note di cucina” è una pièce che si sviluppa per opposizioni: da una parte la musica di Bach, dall’altra quella popolare e cantautoriale, da una parte il passato rinascimentale, dall’altra il presente, da una parte la cucina, dall’altra la storia dell’arte. Tutti ingredienti antitetici ma efficaci, che si mescolano per dar vita a una ricetta gustosa, che nutre non solo il corpo, ma anche la nostra anima e la nostra coscienza, rivelandoci, con toni leggeri e musiche divertenti, tutta la falsità e il malessere della nostra società.
(Maresa Palmacci)