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Napoli Teatro Festival: il Sogno di Shakespeare prende vita al Teatro Bellini

«Vi piacerebbe essere svegliati durante un sogno?» chiede la voce che raccomanda di spegnere i cellulari ad inizio spettacolo, ma è quasi un incubo quello in cui si viene precipitati nei primi momenti della rappresentazione: luci bianche e blu piovono sul pubblico mentre tutti i personaggi corrono giù dal palco e una di loro – Ippolita – viene trainata su attraverso una corda. Il forte impatto visivo è completato dalle poche note da nenia che si trasformano in musica rock. È bene dirlo subito: le interpretazioni troppo ardite dell’opera di Shakespeare quasi mai risultano convincenti, e corrono spesso il rischio di perdere di vista il testo già di per sé perfetto. E invece, la rappresentazione pensata da Terza Generazione - Cantiere Teatrale Flegreo per la regia di Michele Schiano di Cola riesce a cogliere il senso dell’opera shakespeariana facendone emergere la sua vera natura: quella di commedia. È proprio il riso, infatti, in Sogno di una notte di mezza estate, a collegare il mondo umano a quello naturale e alle creature fantastiche che popolano la selva, oltre alla metamorfosi asinina subita da Bottom a causa di Puck, antica figura del folklore nordico, qui vero e proprio deus ex machina della storia. compagnia


Shakespeare dà ulteriore energia al versante comico dell’opera attraverso la recita messa su da Bottom e compagni per allietare le nozze di Teseo e Ippolita che fanno da sfondo agli avvenimenti. La messinscena di Cantiere Teatrale Flegreo pone particolare attenzione all’allestimento comico della Lamentevolissima commedia e la crudelissima morte di Piramo e Tisbe, che risulta la parte meglio architettata e riuscita dello spettacolo: perfetti Pako Ioffredo e Luigi Bignone nei panni dei comicissimi Piramo e Tisbe. La commedia, tra le più note di Shakespeare, presenta già nel titolo alcuni dei suoi elementi fondamentali: il sogno, lo stato tra realtà e irrealtà, la notte, ovvero il momento in cui tutto assume forme alterate, e il passaggio alla stagione estiva, accompagnato in numerose civiltà da riti connessi alla fertilità. Il bosco, poi, luogo del dionisiaco e dell’onirico è contrapposto alla corte, ovvero l’apollineo e la razionalità, due piani contrapposti della narrazione; terzo piano è proprio quello del racconto del mondo degli artigiani, dell’arte: l’intento di Shakespeare è quello di rappresentare uno spaccato sociale del tempo, quello dei mestieranti e attori, attraverso la pratica del play within the play cara agli elisabettiani. puck


L’allestimento è calato, secondo le dichiarazione dello stesso regista, in un contemporaneo non naturalistico e si domanda quale possa essere il significato oggi di fate e folletti, del bosco o del conflitto tra apollineo e dionisiaco. La difficoltà del comprendere lo scarto all’interno della rappresentazione diretta da Schiano di Cola sta proprio nella capacità del Bardo di trattare temi e argomenti che riguardano l’uomo elisabettiano quanto quello del XX secolo, tanto che alcune delle istanze poste dai personaggi shakespeariani sono valide ancora oggi. La messinscena del Cantiere Teatrale Flegreo gioca, poi, su alcuni capovolgimenti: il più evidente e riuscito, quello di un Puck in scena con bastone e occhiali da non vedente e privo di quella velocità e prontezza tipici del folletto shakespeariano. Nel finale, forse, la chiave di interpretazione più convincente dell’opera: Botton cerca di spiegare al pubblico il sogno che ha vissuto, il momento della sua trasformazione in asino, e non vi riesce: un sogno che supera ogni capacità per un uomo di poterlo raccontare.

Pasquale Pota 14/06/2018

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