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Il "Misantropo" di Valter Malosti: la folle ricerca della verità

MILANO - “Io non sono misogino, sono misantropo”.
“Bravo, quando si odia bisogna essere massimamente ambiziosi” (“La Grande Bellezza”, Paolo Sorrentino).

Ad una prima occhiata sembra che, soprattutto nella costruzione scenica e scenografica, il “Misantropo” firmato Valter Malosti (e Fabrizio Sinisi) sia scarno e lineare. Ma nasconde tutta un'anima di stratificazioni, di sottili, eleganti accumuli, testo su testo, segni su drammaturgia a tradirla, esaltarla, trasporla. Ne esce un curioso, e coloratissimo (il cromatismo qui ha una funzione primaria a dare ritmo e scandire scene e sentimenti, stati d'animo cangianti e musicalità profonda che insiste e s'insinua in sottofondo), esperimento che prende spunto principalmente da Moliere, ma che si trincera e si infarcisce di MISANTROPO-CARCANO.jpgalt(r)i riferimenti, primo tra tutti il Don Giovanni, per un'operazione composita dai più gusti, dai più spunti, sfaccettata come un caleidoscopio, abbagliante di riflessi come in un tunnel degli specchi al Luna Park. Già perché siamo di fronte ad un grande gioco, del teatro, e al play della vita con le sue altalene e discese, sconfitte e amarezze, risalite orgogliose e slanci d'impeto.

E' una battaglia di battute sferzanti su quest'arena da corrida (un piccolo palchetto rialzato) dove si scontrano e scornano toreri e femmine calde (pièce etero e macha senza cadere nel machismo), un'aia di sbraitanti starnazzanti personaggi sopra le righe, un'agorà dove mettere in mercanzia se stessi al miglior offerente. Questo quadrato/ring dove cozzano idee e verbosità (molto shakespeariano per impostazione, il primo amore di Malosti) illuminato da tanti neon (otto) quanti sono le figure in scena che a turno entrano in campo, scaldano i motori, mentre le luci ritte e falliche (anche loro) mutano i loro fasci che puntano e schizzano verso l'alto, è il salotto e la società dove questi uomini e donne gettano i loro miserevoli corpi per essere accettati con tutte le strategie e i mezzi, soprattutto illeciti e menzogneri, per primeggiare sugli altri, scartavetrarli (asfaltarli avrebbe detto Renzi), umiliarli se possibile, batterli, schiacciarli nel fango per prendere punti agli occhi degli altri.

607191-thumb-full-720-misantropo_teaser.jpgUna finzione continua che li innerva ossessivamente, li tiene sulla corda e, paradossalmente, li tiene vivi. Malosti/Alceste è punto dalla malattia della ricerca della sincerità e dalla spasmodica voglia di verità, la sua battaglia quotidiana (che lo porta alla rovina e all'insanità mentale costretto e costipato in un mondo lontano dal suo modo di pensare) è contro la forma e le formalità, contro il falso decoro, contro l'ipocrisia e il politicamente corretto, contro l'incompetenza. Potremmo dire che è un grido per abbattere un certo modo di fare politica e affari e di stare in società che, a discapito di tutti i movimenti stellati recenti, non morirà mai, perché insito nella natura umana che è pigra, scroccona, fannullona e vagamente farabutta. Alceste si scaglia, con forza ma anche con una punta di rassegnazione, perché nel suo profondo animo sa che ne uscirà sconfitto e calpestato, contro le prostituzioni intellettuali che tanto odiava Mourinho, che volano alte in ogni settore tra sciacalli, iene, avvoltoi e squali: lo zoo è qui, nelle nostre strade, nei nostri uffici, tra i nostri “amici”, nel mondo virtuale come in quello tangibile. Il suo è un salto costante verso il fallimento, sa che la sua sincerità è inopportuna e che diverrà boomerang.

Raffinate le scelte musicali come d'impatto gli abiti e i costumi (la giacca azzurra di Alceste, il cappotto dorato di Oronte, le giacche spumeggianti e scintillanti dei pretendenti (quasi Proci) Acaste e ClitandroMOLIERE-_-IL-MISANTROPO-Valter-Malosti-Anna-Della-RosaLQ_-ph.-Tommaso-Le-Pera-719x1080.jpg che, insieme al grande fondale frutto di una commistione tra due dipinti (il mash-up pittorico rappresenta otto donne attorno ad un satiro caprone nel bosco), sono tre elementi che si aggiungono al testo, senza appesantirlo, anzi donandogli lucentezza, imprevedibilità, grande charme e vigore. Un lavoro curato reso eterogeneo e di risalto anche dalla qualità attoriale, oltre a Malosti, vero perno, atomo attorno al quale ruotano le figure-elettroni e ronzano gli altri personaggi-api come intorno ad una corolla, l'esplosiva Anna Della Rosa-Celimène che interpreta un ruolo molto simile a quello più famoso che gli era toccato in sorte nel fortunato, e bellissimo, “La Grande Bellezza”, mangiatrice di uomini e di soldi, in total black, da mantide religiosa o tarantola velenosa, alla quale fa da contraltare l'effervescente Sara Bertelà-Arsinoè capace di destreggiarsi tra morale e interesse personale, in un equilibrio scomposto che alla fine viene smascherato, mentre ci ha colpito allo stomaco la voce, e soprattutto l'interpretazione intimista, di una Eliante cantante, Roberta Lanave, lancinante e sgargiante.

MOLIERE-_-IL-MISANTROPO-Valter-MalostiLQ_-ph.-Alessandro-Albert-810x1080.jpgUna commedia tragica che non fa prigionieri e non ha vincitori, ne escono tutti abbattuti, nessuno è totalmente limpido e pulito, nessuno brilla e tutti hanno numerosi scheletri nell'armadio. Un testo politico (il linguaggio è crudo e senza sconti, anche in rima) più che mai proprio oggi che si inneggia a non studiare perché sembra sia inutile per fare successo, che leggere libri sia da élite, della bugia che tutti hanno talento e che abbiano le stesse possibilità. Il misantropo ha ragione ma la sua voce da Cassandra non raccoglie furori e simpatie, il misantropo è un eremita, il misantropo è un utopista che cerca con il suo atteggiamento distante di cambiare il suo intorno ottenendo l'effetto contrario, l'emarginazione, la rabbia, la derisione. Il suo monito è attuale. Da vedere, rivedere, studiare.

Tommaso Chimenti 18/12/2018

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