Fino al 26 aprile al Teatro Franco Parenti di Milano in scena “Finale di partita”; il regista spagnolo Lluis Pasqual ha scelto di raccontare Beckett inserendo i personaggi, che parlano napoletano, in un mondo post-atomico, dove Hamm (Lello Arena) cieco e paralizzato e suo figlio/servo Clov (Stefano Miglio) vivono in una stanza con solo due piccole finestre che si aprono su un mondo che non esiste più. Accanto a loro due bidoni della spazzatura dal quale emergono i due vecchi genitori di Hamm, Nell (Angela Pagano) e Nagg (Gigi De Luca). Uno dei temi centrali è l’incomunicabilità, l’incapacità di ascoltare i desideri dell’altro e continuare a ripetere sempre gli stessi errori; Hamm vessa Cove impartendo ordini su ordini per poi cambiare idea subito dopo, scaricando su di lui quel senso di frustrazione e ineluttabilità che non riesce a gestire. Clov da canto suo vorrebbe ribellarsi alla sua condizione ma non ci riesce; prova a minacciare Hamm con la promessa di un suo abbandono ma torna sempre, inesorabilmente. I due genitori sono lì, presenti eppure assenti, dialogano con Hamm ma senza veramente parlarsi; Nagg a un certo punto dice “nulla è più comico dell’infelicità” e questa frase risuona come un’eco ribalzando tra le parole che continuano a scorrere tra i protagonisti, inesorabilmente coinvolti in una partita dall’esito già evidente ma che continua a essere giocata.
Hamm e Clov si sfidano a colpi di “aspetta” e “ti lascio” ma in realtà sono impantanati in un non luogo, immobili, consapevoli che la loro partita è stata già giocata ma imperterriti continuano a giocare per vedere “la mia fine che muore”.
Il regista Pasqual è riuscito a unire sapientemente il mondo napoletano con i suoi colori, la malinconia mescolata a una dosa di ironia e capacità di sapersi prendere un po’ in giro con il mondo di Beckett, quel senso di immobilità, di incomunicabilità attraverso discorsi paradossali e disperati dove l’infelicità è sempre un’ombra presente.
Qui Lello Arena è un Hamm che riesce ancora a ridere di se stesso nonostante la consapevolezza che nulla potrà essere cambiato; riesce a recuperare il ritmo che le parole di Beckett possiedono per restituirlo allo spettatore attraverso un’interpretazione verace.
Tutto rimarrà così inesorabilmente, nonostante tutto, la fine è nel principio e le parole non cambieranno il finale di una partita già giocata ma serpeggia in questa versione una reazione ironia alle sofferenze inevitabili di una vita che nonostante tutto vale la pena vivere.
(Tamara Malleo)