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Milano: Botho Strauss al Teatro Strehler con il colossale “Der Park”, testo dell’assurdo sulla caduta dell’uomo

“Der Park” è una tragicommedia che Boto Strauss scrisse per Peter Stein nel 1983. Venne messa in scena dalla Schaubühne am Lehniner Platz, per la regia dello stesso Stein, nel 1984 con Bruno Ganz e Jutta Lampe. La storia si sviluppa intorno ad Oberon e Titania che, nell’attesa di riportare l'umanità al recupero dell'armonia perduta, fanno visita di notte ad un parco cittadino. Un intreccio di metamorfosi, che coinvolgono più personaggi, si susseguono in un parco, uno spazio mal interpretato dagli dei che credono di essere in uno spazio mitico mentre invece si tratta solo della natura umanizzata. Tre atti lunghi ed intensi. Un incipit con una riflessione sull’arte in un gioco metateatrale.
Lungo il corso del I atto si presentano i vari personaggi: stupratori, punk, una donna chic in bianco, Titania ed Oberon tra i cespugli del parco osservano l’umanità dall’aria cupa, schifata, piena di rabbia. Titania è esterrefatta al punto che rivolgendosi ad Oberon gli pone la domanda: “ma vivono sempre così?” Tra i tanti mali che affliggono l’umanità, il razzismo, qui nei confronti di quelli che in maniera dispregiativa, vengono chiamati “negri”, considerati uomini di seconda classe. L’odio nei confronti dei neri è un qualcosa che si forma nella testa ma anche nel sangue.
Il secondo atto, forse il più bello a nostro avviso, si apre sullo sfondo di un salotto bianco dove protagonista è un triangolo amoroso e lo sfogo di una donna che inveisce contro il marito come in preda al delirio perché desidera accanto a sé un uomo vincente e con i soldi. Così questo sguardo sull’umanità porta Titania ed Oberon ad una riflessione, che è poi quella di tutto il testo di Botho Strauss: gli affari, il denaro, hanno guastato gli istinti dell’uomo ed anche la sua ragione. Titania ed Oberon si sono spogliati del loro potere per osservare l’uomo da vicino, hanno una missione, quella di risvegliare la lascivia dell’uomo. Gli uomini talvolta sposano l’inganno, forse sulla sessualità ogni tanto bisognerebbe chiudere un occhio o forse sarebbe meglio se ogni mattina infilzassimo ogni difetto e lo gettassimo in mare, visto il lerciume che invade la vita dell’uomo. La vita dell’uomo sembra guidata non dall’amore ma da un oscuro ordine. Molti vorrebbero diventare altro da quello che sono e in questo senso lo scultore Cyprian è l’artefice degli incantesimi e delle metamorfosi che coinvolgono anche Titania ed Oberon.
Il III atto si apre come in una sorta di Paradiso dell’Eden. Titania fuma su un prato verde, Cyprian, lo sperimentatore vaga tra i protagonisti. Oberon sembra impazzito, farfuglia strane parole senza senso, l’inno tedesco di sottofondo sembra storpiato, come lo spirito che invade l’umanità. Titania cerca il suo amante. Cyprian muore ed il valore dell’amicizia ne esce falsificato. Nel sottofinale tutti i protagonisti siedono ai tavoli di un night club con il sottofondo di un pianoforte. A fare il suo ingresso da diva, Titania, un’elegantissima Maddalena Crippa in bianco con occhiali rigorosamente neri. Tra i tavoli si scatena l’Inferno, tutti sembrano litigare e si ritirano dalla scena. Oramai solo un Dio può salvare tutti. Alla luce del crepuscolo tutti usciranno nel parco per il riposo ed allora si manifesterà il Paradiso.
Una storia intensa, della durata di 4 ore e 30 minuti, capace di fotografare una società allo sfacelo attraverso un contesto surreale, a tratti senza senso, assurdo, ma intriso di metafore capaci di esprimere la violenza, la ferocia, la sete di potere, l’alienazione dell’uomo. Lo spettacolo rimarrà al Teatro Strehler fino al 6 dicembre.

Adele Labbate 02/12/2015

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