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Milano: al Teatro Carcano Sgarbi legge Caravaggio sulle orme di Pasolini

Cosa spinge a parlare ancora oggi di Caravaggio? Perché il parallelismo tra lui e Pier Paolo Pasolini? Arte, poesia, musica, sono gli elementi da cui parte l’indagine di Vittorio Sgarbi in una interessante e profonda riflessione intorno a Caravaggio ed al suo mondo di immagini.
Caravaggio è contemporaneo perché le sue opere continuano a vivere con noi e perché è un vero cantore per immagini della realtà, ripresa in istantanee. La sua sensibilità nello scorgere i dettagli e le circostanze, nell’attimo stesso in cui si manifestano, fanno di Caravaggio il pittore della contemporaneità.
Milanese di nascita, Caravaggio ebbe fortuna solo quando si trasferì a Roma, dove si espresse in opere folgoranti, celebre “La vocazione di San Matteo” a San Luigi dei Francesi, ed iniziò a dipingere “ragazzi di vita”, quegli stessi “ragazzi di vita” che avevano attirato il poeta, scrittore e regista Pier Pasolini, barbaramente ucciso per mano del giovane sedicenne Pino Pelosi nei pressi dell’Idroscalo di Ostia.
Come Pasolini anche Caravaggio morì in circostanze misteriose a Porto Ercole. Uno dei gialli irrisolti della storia dell’arte. Da questa similitudine tra il pittore ed il poeta inizia il viaggio di Sgarbi attraverso la pittura di Caravaggio con un breve incipit in cui tuonano le parole di Alberto Moravia nel giorno del funerale dell’amico Pasolini. Una commemorazione quella di Moravia che voleva legittimare il poeta e l’omosessuale, non visto come un dannato. Caravaggio come Pasolini vive una doppia vita, quella dell’intelletto e quella degli istinti. Non si può capire Caravaggio senza una vita parallela come quella di Pasolini. Caravaggio viene riscoperto in un’epoca fortemente marcata dai valori della realtà, del popolo, della lotta di classe. A pieno titolo, può essere considerato un figlio del ‘900, non importa che egli abbia vissuto a cavallo tra ‘500 e ‘600, ciò che conta è che si sia sentita l’esigenza di attualizzarlo proprio perché un pittore capace di leggere ed interpretare un’epoca, quella del sottoproletariato urbano, lo stesso di Pasolini. Caravaggio visse appena 40 anni (1571-1610). In realtà non ci ha lasciato tantissime opere ma ciò che abbiamo ereditato è di valore ineguagliabile: la sua grandezza sta nell’aver rubato la realtà e saputo ritrarla come un’istantanea, anche nei particolari più violenti. Nessuno, prima di lui aveva manifestato sulla tela l’oggettività della realtà. Con lui la pittura del cielo, della religiosità accademica svaniscono e lasciano il posto alla terra, all’individuo, persino alla natura morta che con il suo ciclo di vita e caducità, acquista pari dignità dell’uomo, e perciò stesso merita di essere ritratta singolarmente.
Sgarbi ci introduce nella fisicità di Caravaggio con la visione delle immagini del cadavere di Pier Paolo Pasolini, massacrato nella notte tra il primo e il 2 novembre del 1975, a Ostia, su un campetto sterrato dell’Idroscalo. Entrambi hanno vissuto una vita caotica e violenta come la loro stessa morte ne è testimone. Pasolini, era stato allievo di Roberto Longhi all’Università di Bologna. E’ proprio lui che nel 1951 dedica a Caravaggio la prima grande mostra a Palazzo Reale a Milano dopo ben tre secoli di silenzio. Da questa mostra s’innescò il processo di rivalutazione internazionale di Caravaggio.
I ragazzi di strada pasoliniani da Franco Citti, a Pino Pelosi e Ninetto Davoli, altro non sono se non i ragazzi di vita dipinti da Caravaggio. La somiglianza è straordinaria. Basti porre sullo stesso piano “Il ragazzo con la canestra di frutta” e una foto di Ninetto Davoli: entrambi ammiccano, esprimono voluttà in un clima morbosamente omosessuale. Pasolini dunque sceglie inconsciamente un ragazzo caravaggesco, figlio di un Dio minore della realtà suburbana. Anche tra “Il bacco malato” e Franco Citti notiamo una evidente somiglianza o tra “L’amore vincitore” con le sue gambe aperte, palese l’affinità con lo sguardo irriverente di Pino Pelosi. Violento e penoso, “Il seppellimento di Santa Lucia” dove il pittore riesce ad esprimere al massimo la forza del male ineluttabile: il buio, il muro e i due uomini che sovrastano il cadavere della Santa contribuiscono a creare un contesto atroce. In Caravaggio dunque ci sono i soggetti religiosi ma vengono rappresentati a prescindere dalla fede; essi sono simbolo della civiltà cristiana. A testimonianza di ciò anche “La cena in Emmaus”: Caravaggio non dipingerà mai la Resurrezione come i suoi illustri predecessori, perché non ci sono testimoni della Resurrezione del Cristo, allora opta per un altro soggetto, quello di Cristo che appare ai suoi dopo la crocifissione, rappresentando dunque un morto ancora vivo.
A distanza di anni Caravaggio dipingerà un’altra “Cena in Emmaus” ma sarà velata da una tonalità cupa, notturna, capace di esprimere il senso di colpa. Ciò è dovuto al fatto che Caravaggio dipinge il quadro a seguito di un delitto. Questo attesta maggiormente la teoria che Caravaggio vive e dipinge sulla terra, fa entrare nell’arte i truffatori, i malati, i peccatori, se stesso, tutti coloro che non hanno la certezza di un aiuto divino. In “Davide e Golia” riserverà a Golia il suo stesso volto, simbolo del male. Ed in quadri come questo piuttosto che in “Giuditta e Oloferne” ritrae l’attimo decisivo, in cui viene compiuta l’uccisione. In questo senso Caravaggio si fa antesignano della fotografia con le sue intuizioni e in quadri come “La decollazione del Battista” diventa pure antesignano del cinema, rappresentando sulla tela situazioni diverse intorno ad un tema dominante. Riesce a cogliere l’istante in cui un fanciullo viene morso dal ramarro o quello in cui Saulo cade da cavallo. In Caravaggio notiamo dunque come ci sia un di più di una vita: in lui riscontriamo la componente erotica e la rivoluzione nella pittura facendo divenire protagonista tutto ciò che è di dubbia moralità. Sgarbi ci saluta con una riflessione: Caravaggio si è congedato da noi lasciandoci nel dubbio su cosa sia il bene e cosa il male, l’arte però è contemporanea. Ci piace segnalare che ad accompagnare la piacevole chiacchierata di Sgarbi con il pubblico, ci sono gli intermezzi musicali del violinista Valentino Corvino, che affiancano le immagini delle opere più rappresentative del pittore lombardo curate dal visual artist Tommaso Arosio, mentre la regia è di Angelo Generali. Una serata piacevole con un altrettanto piacevole Sgarbi, che in occasioni come queste staremmo ore ad ascoltare, certi che non ci stancherebbe mai, perché mai banale.

Caravaggio
Di e con Vittorio Sgarbi
Musiche composta da Valentino Corvino, violino, elettronica
Immagini elaborate da Tommaso Arosio, scenografia e video
Regia e luci Angelo Generali
Produzione Promo Music – La Versiliana Festival

Adele Labbate 23/11/2015

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