Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 617

Milano: al Piccolo si apre la XV Edizione del Festival Internazionale di Trame D’autore con Cent’anni di architettura cinese di Mathias Woo

Piccolo Teatro Grassi, 11 e 12 settembre, ore 20.30
HONG KONG
ONE HUNDRED YEARS OF CHINESE ARCHITECTURE
(CENT'ANNI DI ARCHITETTURA CINESE)
regia, drammaturgia, scene e soggetto di Mathias Woo
drammaturgia di Jimmy Ngai
consulenza del Prof. Ho Puay Peng
con Kao Jo-shan e Tsuei Tai-hao
produzione ZUNI ICOSAHEDRON
In lingua originale con sovratitoli in italiano

La rassegna di Trame d’autore di quest’anno vuole essere la sintesi delle trasformazioni subite dalla Cina all’indomani della Rivoluzione Culturale iniziata nel 1966, una rivoluzione che ha lasciato molti cadaveri nel settore teatrale. Molti artisti, all’epoca, sia attori, registi che intellettuali, vennero mandati nelle campagne per essere rieducati. Molti dei lavori presenti in questa rassegna sono frutto di quegli anni di “rieducazione”. Tre le città al centro di questo Festival: Pechino, Shanghai, Hong – Kong, dove vive circa il 50% della popolazione cinese a seguito di ciò che può essere definito il più rapido processo di urbanizzazione della storia, che ha modificato le relazioni sociali, il lavoro, i costumi. Ad aprire la rassegna, lo spettacolo forse più rappresentativo di questa Edizione del Festival “Cent’anni di architettura cinese” di Mathias Woo. Woo nasce come architetto e in questo spettacolo raffinato ed elegante, rigorosamente in lingua cinese con sovratitoli in in inglese ed italiano, ripercorre un secolo di Storia non solo dell’architettura ma della Storia cinese in generale per sondare sull’ evoluzione del costume, dove evidenti sono le trasformazioni di costruzione e consumo. Il suo spettacolo vuole essere la proiezione della Cina di adesso, è una re-immaginazione del capitalismo occidentale. L’architettura è un prodotto di grande trasformazione, legato al concetto di consumo, l’equivalente di diverse architetture. In particolare Hong – Kong, si propone come un contesto unico, un punto di osservazione ottimale in quanto guarda alla Cina ma anche all’Occidente, specie da quando questa è ritornata a far parte della Cina nel 1997. Un testo, quello di Woo, se vogliamo educativo e postdrammatico, multimediale, per raccontare un secolo di architettura cinese attraverso le storie di due coppie a quasi un secolo di distanza l'una dall'altra. La prima è quella del passato, di Liang Sicheng, il padre dell'architettura moderna cinese e di sua moglie Lin Huiyin, la prima donna architetto della Cina, che hanno dedicato le loro vite alla conservazione del patrimonio architettonico del Paese. L'altra è quella moderna di Zhang Xin e di suo marito Pan Zhiyi, due industriali dell'edilizia che hanno introdotto una nuova e affaristica concezione dello sviluppo urbanistico del loro paese. Mathias Woo, classe 1968, è co-direttore artistico e direttore esecutivo della Compagnia Zuni Icosahedron che nasce nel 1982, imponendosi come teatro d’avanguardia, un vero è proprio collettivo multidisciplinare, che s’interessa di una varietà di discipline che esulano anche dal teatro stesso. Il Teatro di Zuni rifugge il teatro tradizionale, focalizzandosi sulle forme, il corpo, il movimento. Non si tratta di una produzione popolare, esteticamente parlando, piuttosto un teatro sofisticato che studia molto il mutamento di Hong Kong. Negli anni ’80 e ’90, s’impone sulla scena per il desiderio di ricerca dell’identità e del recupero della memoria. Ma Zuni è una compagnia molto controversa, che ha subito in passato anche la censura, così come si è contraddistinta per la sua innovazione, in quanto è stata la prima ad affrontare temi in Cina come l’omosessualità, influenzando le scene locali non solo nelle forme ma anche nei contenuti. Ha anche lottato per la salvaguardia del repertorio tradizionale cinese, ponendosi come ponte di scambio tra artisti di Taiwan e Singapore. Ha presenziato a Festival internazionali tra Berlino e Venezia. Un curriculum insomma di tutto rispetto. Ed i lavori di Woo esplorano letteratura, storia, architettura, religione, attualità politica. Dall’82 Zuni ha prodotto oltre 200 opere tra spettacoli teatrali, performance multimediali, videoinstallazioni. Zuni è una delle più importanti compagnie di Hong Kong e si è anche affermata come rilevante fenomeno di teatro di ricerca, realizzando tournée in oltre 60 città, tra Europa, Asia e America. Lo spettacolo in scena l’11 ed il 12 settembre al Teatro Grassi di Milano, realizzato e portato in Italia grazie al contributo della Hong Kong Economic and Trade Office, Brussels Eric C. Yim Ronald Lu & Partners, è un’occasione speciale per un’immersione nella realtà e nella Storia di un Paese dalle mille sfaccettature. Lo spettatore si troverà di fronte a due approcci, uno prettamente rinascimentale, dove la seconda coppia in ordine di comparsa, tende ad apprezzare la bellezza del passato per raggiungere l’essenza intellettuale. La seconda coppia, quella moderna, che occupa la scena per la prima parte dello spettacolo rappresenta invece le icone dell’architettura contemporanea, dove la finalità è puramente materialistica, ovvero promuove il proprio business per questioni oggettivamente legate al Dio denaro. Uno spettacolo in generale interessante che apre un Festival ricco di sorprese e spunti su cui meditare. Da vedere per capire la dicotomia tra cultura e identità di due generazioni differenti.

Adele Labbate 14/09/2015

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM