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Milano: al Piccolo si accendono i riflettori sulla XV Edizione del Festival Internazionale del Teatro d’Autore con La Cina e le sue grandi trasformazioni

Trame D’Autore
XV Festival Internazionale del Teatro D’Autore
Teatro Grassi

Mentre a Venezia si consumano i flash del Cinema, a Milano salpa la nave per l’ormai tradizionale appuntamento con il Festival Trame D’Autore. Dopo Eurasia della scorsa Edizione, quest’anno la seconda parte del programma dl Festival Internazionale del Teatro d’Autore è dedicato alla Cina e alle sue grandi trasformazioni. Durante la conferenza stampa, tenutasi, come da rito, presso il Chiostro del Teatro Grassi di via Rovello a Milano, è stata presentata la rassegna Teatrale Trame d’Autore giunta alla sua XV Edizione. Tema fondamentale di questa Edizione è quello sostanzialmente espresso da Sergio Escobar, Direttore Artistico del Piccolo, ovvero l’ ”Altro” . All’interno della Storia del Teatro, la parola “altro”, afferma Escobar, ha avuto sempre cittadinanza, non tutti però le hanno dato spazio e in questo senso Milano può invece vantare il primato. Un esempio, ricorda, è stato di recente lo spettacolo “Violence” del Teatro Nazionale di Tunisia per la regia di Fadhel Jaibi. Un esempio di come radici diverse danno vita a storie comuni attraverso la scoperta dell’altro.

Oltre a Sergio Escobar, a presenziare l’incontro, Angela Lucrezia Cavicchio e Tatiana Olear per la Direzione Artistica, Filippo Del Corno, Assessore alla Cultura del Comune di Milano. Un dato poco confortante è stato sapere, come è stato ben introdotto dalla Cavicchio e rimarcato da Del Corno, durante l’incontro con la stampa, che Outis ha subito un taglio sui finanziamenti di circa ¾. A questa mancanza di finanziamenti, sottolinea la Cavicchio, sopperisce Escobar con un sostegno concreto ad Outis. La rassegna di Trame d’autore di quest’anno vuole essere la sintesi delle trasformazioni subite dalla Cina all’indomani della Rivoluzione Culturale iniziata nel 1966, una rivoluzione che ha lasciato molti cadaveri nel settore teatrale. Molti artisti, all’epoca, sia attori, registi che intellettuali, vennero mandati nelle campagne per essere rieducati. Molti dei lavori presenti in questa rassegna sono frutto di quegli anni di “rieducazione”.

Tre le città al centro di questo Festival: Pechino, Shanghai, Hong – Kong, dove vive circa il 50% della popolazione cinese a seguito di ciò che può essere definito il più rapido processo di urbanizzazione della storia, che ha modificato le relazioni sociali, il lavoro, i costumi. Ma questa Edizione del Festival, non è stata dura solo per il taglio ai finanziamenti, ma anche, come ha tenuto a precisare Tatina Olear, per il lavoro di screening di più di 70 lavori di autori cinesi che vivono fuori dalla Cina continentale. La Mission di questa Edizione vuole essere l’idea di avvicinarci al Teatro Cinese, inteso come porta attraverso la quale addentrarsi nel Teatro Italiano. Le storie parlano di persone con universi identici ai nostri. Ad aprire la rassegna, lo spettacolo “Cent’anni di architettura cinese” di Mathias Woo, che ha presenziato alla conferenza con i giornalisti. Woo nasce come architetto e in questo spettacolo cavalca 30 anni di evoluzione del costume, dove evidenti sono le trasformazioni di architettura e consumo. Il suo spettacolo vuole essere la proiezione della Cina di adesso, è una re-immaginazione del capitalismo occidentale. L’architettura è un prodotto di grande trasformazione, legato al concetto di consumo, l’equivalente di diverse architetture. Woo nutre grandi aspettative nei confronti di questo Festival, in quanto si propone di offrire diverse prospettive della Cina. In particolare Hong – Kong, si propone come un contesto unico, un punto di osservazione ottimale in quanto guarda alla Cina ma anche all’Occidente. Woo si augura che questa rassegna possa essere l’inizio di una grande e duratura condivisione tra la realtà cinese e l’Italia. Hong- Kong conosce tutto dell’Italia: cineasti, scrittori, stilisti. La speranza è quella che questo Festival generi comprensioni al posto delle incomprensioni, come succede talvolta.

Scegliere la Cina per questa edizione, per Outis significa realizzare un progetto sfumato nel 2006. Quest’anno questa opzione, crea un ponte con Expo dove la Cina sta riscuotendo un grandissimo successo grazie al fatto di rivelarsi una cultura senza pregiudizi, autonoma e fondata sulla libertà di pensiero. Sembra proprio che quello che era considerato il monolite cinese, si stia sciogliendo, creando un meccanismo di entrata ed uscita, di quello che succede in un grande Paese dove lo sviluppo ed il fermento derivano dalle sue tre grandi città simbolo. Dopo l’intervento di Woo, alcuni protagonisti di questo Festival hanno voluto dare un personale e breve contributo al salotto del Chiostro. Livia Ferracchiati, regista di Fake Single, gioca molto sugli equivoci, dialoghi incrociati che portano ad una escalation di situazioni comiche, anche se non mancherà la tragedia. Una coppia vede sgretolarsi la propria relazione per la scalata professionale della moglie. Uno spettacolo denso di riflessioni. Ricordiamo anche il breve intervento dell’Editore di O barra O Edizioni, Maurizio Gatti, che accenna alla proiezione del film “Blind Shaft” di Lin Yang, tratto dal libro “Legno sacro” do Liu Qingbang. La parola poi passa ad Omar Nedjari che sotto la supervisione alla regia di Serena Sinigaglia, ci parla del “Chinglish”, uno spettacolo impostato come una commedia americana sulla difficoltà della comprensione linguistica. Al centro, il problema della comunicazione e comprensione di una lingua completamente estranea agli attori italiani. Un testo divertente con Valentina Cardinali ed Enrico Maggi. Audace spettacolo sulla sperimentazione linguistica, capace di indagare la corruzione imprenditoriale e politica.

Interessante anche l’intervento di Sergio Basso, portavoce di “Contratto matrimoniale”. Basso parla di una Milano come città unica per l’opportunità di dare attenzione all’aspetto culturale. Definisce Milano come una locomotiva. Manuel Renga invece presenta “Carbone attivo”, spettacolo di chiusura del Festival. Si tratta di un dramma molto raffinato ed elegante, che si apre al tema della memoria. Parla di un padre rimasto chiuso a lavorare in miniera durante gli anni della Rivoluzione e che fa misteriosamente ritorno a casa. A chiudere la carrellata di interventi il Dottor Woo, Direttore della Catena Alberghiera IH Hotels che ospita gli artisti della rassegna, proponendosi anche come sponsor della stessa. In generale un calendario di ampio respiro, intervallato anche da incontri con autori e registi. Dall’11 al 20 settembre dunque un programma piuttosto intenso quello che ci propone il Festival Trame d’Autore, un’occasione per scoprire i talenti della cultura cinese e gli autori nostrani cultori e amanti della Cina. Milano ancora una volta dimostra concretamente di sentire la necessità profonda di altre culture.

Adele Labbate 08/09/2015