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Marco Paolini: rimaniamo "Sani!" in questo mondo malato

C'è il “ciao” che deriva dall'antico veneziano “schiavo”, c'è il “mandi” friulano e c'è il veneto “Sani” che in questi due anni di pandemia mondiale ha assunto tutt'altro significato. Il “Stay safe”, quel “restiamo sani”, parafrasando il “restiamo umani”, annesso all'“Andrà tutto bene”, ci è rimasto sottopelle, sotto traccia, come una minaccia, come una promessa non avverata, come una bugia, come una fake news alla quale tutti avevamo voluto fortemente credere. “Sani” è il nuovo spettacolo di Marco Paolini, tra teatro e canzone accompagnato dalla chitarra sempre ruvida, schietta e vera di Lorenzo Monguzzi. Sani perché in questi ventiquattro mesi non abbiamo parlato, letto, sentito, ascoltato altro se non che riguardasse la salute, soprattutto degli altri, ritenuti possibili contagianti e untori. L'altro come possibile fonte e portatore di morte. E allora, proprio in questi momenti ci vogliono le riflessioni (non le risposte) dei poeti, degli artisti per fotografare dove siamo, dove stiamo andando, la strada che abbiamo intrapreso.6319908_2026_img_6726.jpg

Ed è attraverso questo viaggio, come sempre personale e intimo ma che si apre ad abbracciare tutte le nostre vite, che Paolini crea dei nodi, dei blocchi da scucire, delle date simboliche che hanno rappresentato dei dossi, degli ostacoli, numeri cifrati che delineano un tempo, un momento, dopo il quale, necessariamente, si è diversi, cambiati, cresciuti. E non sono date che stanno sui libri di Storia, sono numeri piccoli, date passate sotto silenzio, irrilevanti per la maggior parte di noi, attimi. Alla maniera di Paolini, con la sua cantilena veneta che avvicina e culla, coccola e smozzica le finali dolcemente, con quel suo fare brutale e diretto senza addolcire la pillola, sembra che continui il percorso dialettico aperto con “Miserabili. Io e Margareth Thatcher” dove entravano in scena i macrosistemi politici ed economici e collidevano con le conseguenze nelle nostre misere esistenze. Sembra di stare ad ascoltare una grande lezione di microeconomia, un racconto per capire, toccare con mano le derive di numeri freddi, di spostamenti di capitali, delle fluttuazioni della Borsa, di alleanze o conflitti.

Ecco 115212661-2629d57f-e3b2-49d9-9033-4e566b6cd7b3.jpgil potere del teatro: rendere limpida la strada, non indicare quale è quella giusta ma aprire le possibilità per una lettura più franca, spazzando sovrastrutture e ideologie strumentalizzanti. Anche se la scenografia sembra un chiaro omaggio all'ultima tournée di concerti di Fabrizio De Andrè, con le impalcature realizzate con grandi carte, Monguzzi alla chitarra intonerà, grattugiandoli, Endrigo o Gaber ma mai il cantautore genovese. La lotta non è tra il Bene e il Male ma tra il Benessere e le possibilità per raggiungerlo, tra il Benessere e il Lavoro duro e sudato, tra il Benessere e la voglia di arrivarci senza per questo passare sopra i cadaveri o lucrare indiscriminatamente senza vergogna. Nel nostro mondo sembra sia complicato toccare il denaro senza sporcarsi le mani, anzi è giustificato e accettato ormai ed è considerato stupido o “sfigato” chi non ne approfitta anche in malafede.

Paolini ci apre sempre gli spazi sconfinati della memoria, piccoli momenti o aneddoti che finirebbero nel dimenticatoio ma che, in bocca sua, assumono un corollario di esperienze nelle quali, in maniera differente certo, ritrovarsi, immedesimarsi. E' la gioia della parola che ci scorre addosso e dentro, ci penetra, come un coltello, come un proiettile, ma senza farci male. Non ci fa sanguinare, a tratti però lacrimare. Ci racconta di che cosa significavano a casa sua le banane e ci spiega l'equilibrio fragilissimo sulla Terra tra Peso della Vita e Peso artificiale ridimensionando l'Uomo e la sua alterigia di controllare il Mondo pur essendo una parte infinitesimale del tutto, minima scheggia del Creato. Paolini è un intellettuale e un avventore da bar, uno col quale parlare di rugby con un bianchetto o disquisire di letteratura con quella semplicità che non significa bieca semplificazione e dicotomie, con quel piglio bonario di campagna che ti fa vedere i problemi e considerare i temi da un altro punto di vista, più terreno, materico (non materiale né venale), più vicino ai veri valori che ci muovono, sangue, pelle, sorriso, sofferenza, abbracci, mani, occhi.download.jpg

Ci racconta paolini.jpgdi un cinema andato a fuoco negli anni '80 a Torino al quale seguì la chiusura di spazi teatrali e cinematografici per mettere a norma i locali, oppure quando ingaggiarono il Vate Carmelo Bene (narrazione questa spassosa e divertente, ironica e amara) per una serata a Treviso che avrebbe dovuto risollevare le sorti, e i conti in rosso, della sua compagnia e che invece li affossò nei debiti. O ancora i finti missili che gli Stati Uniti fecero credere ai russi di aver lanciato dal Montana o il proprio resoconto del terremoto nel Friuli e infine il suo rapporto di odio e poi amore con la Sagrada Familia di Barcellona. Paolini è toccante, avvincente, coinvolgente, appassionato, è soprattutto un toccasana in questi tempi di bianco o nero, di ragione e verità. Ascoltarlo è la miglior medicina per rimanere “Sani!”. Oggi più che mai, come diceva Bergonzoni, “avremmo bisogno di rifarci il senno”. Ma è molto più semplice rifarci solo il seno.

Tommaso Chimenti 16/03/2022

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