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M2: un metro quadro per sperimentare il valore comunitario del teatro

Cosa si prova a stare in sette su una superficie di un metro quadro? Cosa succede se questi sette sono sconosciuti tra loro e sono in scena di fronte ad una folta platea? Quali sono le reazioni, le sensazioni, gli stati d’animo, i pensieri che attraversano la loro mente ? Questi sono alcuni degli interrogativi che gli spettatori si pongono durante la visione di M2 spettacolo del gruppo di ricerca Dynamis andato in scena a Roma alle Carrozzerie not.
Un vero e proprio esperimento teatrale e umano che vede al centro il pubblico, chiamato a diventare vero e proprio protagonista, motore e cuore pulsante della performance.
Sette volontari vengono così catapultati sotto i riflettori e invitati a partecipare a quella che appare come una sfida, un gioco collettivo, di squadra, incitati da un simpatico, bizzarro e talvolta severo e autoritario tutor-motivatore che li guida in un vero percorso a tappe, quasi ad ostacoli , mentre una voce fuori campo impartisce comandi e ordini. Dopo il prologo iniziale, in cui vengono chiarite tutte le condizioni, l’avventura entra nel vivo e piano piano , uno alla volta , i partecipanti vanno a occupare un m2 di prato. Sono come animali che migrano per la sopravvivenza, che nella loro unicità si fanno gruppo, si uniscono, si appoggiano l’uno sull’altro per provare a superare le avversità che gli si pongono davanti, e vincere la prova. Diventano una vera e propria comunità, in cui sono spinti ad eleggere anche un leader, sono pronti a prendersi in braccio, sollevarsi, sacrificarsi, pur di eseguire i comandi impartiti e gli esempi del tutor che si aggira intorno a loro talvolta deridendoli, altre volte rimproverandoli. Si trovano ad affrontare rischi, intemperie, tempeste, imprevisti, davanti gli occhi di un pubblico che talvolta esce allo scoperto dal buio della sala che gli conferisce anonimato e protezione, e quella superiorità , quell’autorità che gli permette di giudicare, esaltare o criticare. Eppure, in questo caso, sono tutti chiamati in causa, a interagire con i sette, a guardarli negli occhi, scambiarsi sorrisi e perché no, a volte pure il posto. M2 ph Elisa DIppolito
I Dynamis sovvertono qualsiasi dogma scenico, dando vita ad una performance libera, fluida, innovativa e sperimentale, aperta alle più diverse reazioni, esiti imprevedibili e inaspettati. Una ricerca coraggiosa che è il frutto di un lavoro attento e costante, che dietro il gioco, talora l’ironia e l’improvvisazione, nasconde uno studio particolareggiato sul linguaggio performativo dinamico e sul ruolo, le relazioni e interazioni con il pubblico.
Teatrale è reale si compenetrano vicendevolmente e la scena si trasforma in uno spazio che dipende dall’assetto mentale, in cui poter confrontarsi, scontrarsi, dialogare, indagare, crescere. Il tutto senza tralasciare l’aspetto più umano, intimo e sensibile. Offrono, infatti, profondi spunti di riflessione. Ciò che accade sul palco si fa metafora di tematiche importanti e attuali: quel metro quadro di terra potrebbe rappresentare un’isola in cui trovare speranza, un’oasi di salvezza circondata da un mare profondo e mortale, e quei sette individui ricordano dei profughi che si aggrappano con coraggio per sopravvivere e abitare una nuova terra, condotti da uno scafista spesso violento. Oppure potrebbero essere pinguini via d’estinzione, o semplicemente anime perse alla ricerca di un posto migliore in una dimensione in cui il limite tra umano e disumano si assottiglia sempre più.
M2 non è uno spettacolo, bensì una prova di coraggio per attori e spettatori , una performance che valicando il limite della quarta parete, diverte, coinvolge, stupisce e fa pensare, insegnando il valore di un singolo individuo, ma soprattutto il potere, la forza del gruppo. Solo uniti si può superare la prova e raggiungere la meta.
Il collettivo Dynamis, dunque, si rivela una delle più interessanti realtà teatrali contemporanee, fondando il loro valore e il loro tratto caratteristico nella sperimentazione, nell’indagine dei meccanismi scenici, umani e relazionali , chiamando in causa nuovi linguaggi, utilizzando al massimo gli oggetti, il carattere, l’intuito, la sensibilità e umanità di coloro che si abbandonano e decidono di entrare a far parte di questo unico meccanismo. Un teatro che si fa comunità, scambio reciproco, offrendo arricchimento e crescita personale.

Maresa Palmacci 02-02-2019

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