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Liliana Cavani con “Il piacere dell’onestà” al Teatro della Pergola di Firenze

Tommaso La Pera

Da Eduardo De Filippo a Luigi Pirandello. Dopo l’inganno di “Filumena Marturano”, messa recentemente in scena, Liliana Cavani si occupa ironicamente degli onesti. “Il piacere dell’onestà” è una commedia scritta intorno al 1917. A partire dal 14 marzo 2018 va in scena al Teatro della Pergola di Firenze con Geppy Gleijeses e Vanessa Gravina nei ruoli protagonisti.

Ilpiaceredellonesta11«Ecco, veda signor marchese: inevitabilmente, noi ci costruiamo. […] Ma, in fondo, dentro queste costruzioni […] restano poi ben nascosti i pensieri nostri più segreti, i nostri più intimi sentimenti, tutto ciò che siamo per noi stessi, fuori delle relazioni che vogliamo stabilire». È con questa premessa che si presenta il signor Angelo Baldovino (Gleijeses). Non c’è commedia più tragica di quella di Pirandello; l’opera è interpretabile su più livelli: uno superficiale, piatto, statico; uno profondo, intimo e ricco di tremende verità. Tra apparire e essere c’è il dramma di non appartenere a nessuna categoria sociale se non a quella degli emarginati. Pirandello non parla di maschere ma del disagio di vivere in un corpo che non ci piace, che ci sembra estraneo e che silenziosamente obbedisce a convenzioni da cui vorremmo fuggire. Per chi non conosce la trama, la sensazione è quella di assistere a un complicato e non svelabile intreccio. Angelo Baldovino e Fabio Colli fanno un patto: il primo sposerà l’amante incinta del secondo; ma le bugie hanno le gambe corte e sono vulnerabili. Nel gioco fra reale onestà e onestà di facciata, i personaggi sono infelicemente in lotta con sé stessi e con il mondo. Torna in scena l’espediente del matrimonio, centrale nella “Filumena Marturano” e usato da Pirandello anche in “Pensaci, Giacomino!” e “Ma non è una cosa seria”. L’amore è l’ultimo dei problemi: a vincere è la falsità di un’unione che ha il solo scopo di conseguire interessi primari come quello di non infangare il proprio buon nome e di non contrastare con la morale condivisa. Ma anche i personaggi più ipocritamente onesti sono destinati a crollare; diventano irosi, si sfogano, piangono, e lo fanno nel privato delle mura domestiche. Con l’ausilio della scenografa Leila Nerli Taviani, la Cavani costruisce un’elegantissima scenografia in stile anni ’20: un arredamento pulito e ricercato per una perfetta dimora borghese. D’altra parte risponde a un gusto contemporaneo per l’arredo che richiama il vintage ma non rinuncia alla praticità del moderno. Così, oltre a trasferire la vicenda nei nostri giorni, la scenografia scandisce il tempo della commedia: i tre cambi di scena corrispondono ai tre atti. Il secondo richiama più degli altri l’attualità, presentando quello che potrebbe essere un ricco ufficio degli anni Duemila.

Ilpiaceredellonesta3Geppy Gleijeses, alla sua quarta interpretazione pirandelliana e dopo aver lavorato con Liliana Cavani nella precedente messinscena teatrale, si cimenta in una nuova avventura: «Baldovino è un personaggio strano perché è come se fosse avvolto nel mistero» afferma. Nel monologo su citato l’uomo rimane timidamente fermo davanti alla porta, come se dovesse costruire il proprio personaggio prima di entrare effettivamente in scena. La regista rende toccante questo momento attraverso una sonorità grave e a tratti quasi impercettibile; si tratta di un’immedesimazione nell’immedesimazione, complessità sottile che è propria di Pirandello. Secondo Gleijeses è il non detto che rende interessante il suo personaggio: «cerco di non dare al pubblico tutte le risposte», altrimenti «non si appassiona». L’attore protagonista, artista poliedrico, fa tesoro della propria esperienza come capocomico e sale sul palcoscenico del Teatro della Pergola con consapevolezza e ponderazione: ogni movenza e ogni singola emissione vocale è curata nel dettaglio e presuppone un significato profondo, un atteggiamento dell’anima, una chiave di lettura per il non detto. Accanto a lui Vanessa Gravina che entra in scena a piedi nudi, in preda a una crisi isterica femminile e canonica nel teatro e nella letteratura di inizio Novecento; con movimenti controllati e gesti tra il meccanico e il ricercato, conferisce freddezza al personaggio di Agata. Sul palco, inettitudini come quelle di “Una vita” di Svevo, di personaggi che sono umani solo nei loro monologhi. Pirandello sembra voler prescindere dall’inconscio e dall’interiorità propria di autori come Dostoevskij e Joyce, occupandosi di una quotidianità immediata, vissuta passivamente senza prestare ascolto ai sentimenti. Non c’è via d’uscita, non c’è spazio per i sogni. La Cavani rappresenta il testo di Pirandello dando l’impressione di un articolato piano sequenza, complice la sua esperienza come regista cinematografica.

Benedetta Colasanti 15/03/2018

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