Manuale di recitazione, prova attoriale per antonomasia, pièce con cui si sono confrontate molte grandi attrici fra cui Anna Magnani, Ingrid Bergman e Anna Proclemer, “La voce umana” di Jean Cocteau rivive dal l'8 al 10 maggio nella splendida cornice del teatro Sala Uno di Porta San Giovanni. Spettacolo teatrale caratterizzato da una fortissima potenza testuale, viene reinterpretato dalla messa in scena scarna ed essenziale di Viviana di Bert, in cui l’attrice protagonista, Gloria Annovazzi, esalta l’immagine estetica del personaggio e ne fa vibrare le emozioni attraverso i pochi oggetti presenti sulla scena.
Nell’idea di Viviana Di Bert una donna in pelliccia si contorce attorno a un telefono rosso posto sul proscenio, si muove ossessivamente in uno spazio buio e vuoto, nel tentativo di trasformare in immagini idee e passioni cui il testo allude. Il personaggio viene interpretato in chiave contemporanea, conferendogli – come dichiara la stessa attrice – tratti fortemente transessuali, specchio del malessere della società e simbolo di un dolore universale. All’avanzare della telefonata con l’amore della sua vita ormai perduto – non convince il filo del telefono che pende dalla cornetta, separato dall’apparecchio – la donna viene smascherata dalla propria sofferenza: la parrucca nera con cui aveva aperto il monologo scompare insieme alla pelliccia, la camicia da notte cala sui fianchi, per apparire – quasi sul finale - semi-nuda, di spalle, con il braccio destro alzato. La sua ombra è proiettata, grande e nera, sulla parete: il dolore sovrasta la forza del sentimento.
Il fisico e l’età dell’attrice richiamano alla memoria l’interpretazione di Edith Piaf, che nel 1940 fu protagonista della riduzione “Le bel indifferent”, scritta per lei dallo stesso Cocteau. Il riferimento viene ampliato dalla colonna sonora con cui si chiude lo spettacolo, “Les amants d’un jour”, che la cantautrice francese portò al successo nel 1956.
Nonostante la recitazione di Gloria Annovazzi non riesca mai a scostarsi da un tono di voce lamentoso e monocorde, lo spettacolo è l’occasione per riapprezzare il testo di Cocteau, che tra silenzi, grida di dolore e voli pindarici, riesce ancora a catturare lo spettatore, portandolo a riflettere sulla tragica caducità del sentimento.
(Gisella Rotiroti)
La voce umana di Jean Cocteau al Teatro Sala Uno: quando il dolore diventa universale
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